lunedì 28 aprile 2014

27 aprile: Cambogia, la protesta delle operaie tessili

L'insaziabile sete di estrazione di plusvalore dei capitalisti di tutto il mondo, dagli USA alla Cina, non si ferma, ricorrendo anche alla più brutale violenza assassina, ma non arresta la protesta delle masse operaie che crescono di numero (dallo sciopero dei 100 milioni dell'India alle migliaia e migliaia di operai cinesi in lotta in questi giorni...) ribellandosi contro sfruttamento e oppressione, che per le operaie in lotta come in Cambogia diviene doppia, tripla...
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Cambogia, la protesta delle operaie tessile
Le operaie tessili cambogiane stanno lottando per avere un trattamento migliore. Sono stufe di essere sottopagate e, attraverso i sindacati, chiedono un salario mensile minimo di 160 dollari (115 euro), il doppio di quello attuale.


La protesta scoppiata all'inizio dell'anno a Phnom Penh, però, era stata brutalmente repressa: il bilancio tragico è stato di cinque morti e decine di feriti.
Da allora qualsiasi manifestazione è stata vietata, ma sotto la cenere cova un profondo malcontento. I rappresentanti delle lavoratrici hanno invitato a forme di protesta, astenendosi dall'entrare nelle fabbriche.
Il settore tessile e confezione è cruciale per il paese asiatico, e cresce al ritmo del 7% all'anno. Vi trovano impiego 500 mila persone direttamente, più altri 3 milioni di posti indiretti. Il problema è nato dal fatto che negli ultimi quattro anni la Cina, attirata dal basso costo del lavoro, ha cominciato a spostare fabbriche in Cambogia. In media un'operaia è pagata un quarto che nell'ex Celeste impero. E, a mano a mano che la domanda di prodotti proveniente dall'Europa e dagli Stati Uniti aumentava, la situazione diventava esplosiva.
Il panorama locale è variegato, ma per semplificare si può dividere la produzione in due grandi gruppi: quella alla luce del sole, con attività registrate e centinaia di donne all'opera in immensi capannoni per dieci ore al giorno e sei giorni a settimana, e quella clandestina, che si trova spesso in campagna e sfugge a qualsiasi controllo. A colpire sono soprattutto i luoghi dove sono alloggiate le lavoratrici, nei pressi delle aziende. Per risparmiare, le donne condividono in 10 o 15 piccoli spazi di 10 metri quadrati. Il bagno è costituito da un rubinetto, dal quale esce acqua fredda, e da un secchio.
Per loro un innalzamento dello stipendio sarebbe di vitale importanza, ma gli investitori stranieri vedono questa misura come il fumo negli occhi. L'economista Ou Virak, presidente del Centro per i diritti umani della Cambogia, è realista e spiega che passare a un salario minimo di 160 dollari dall'oggi al domani farebbe scomparire immediatamente il 20% dei posti di lavoro. Molte giovani operaie rischiano di avere come unica alternativa la prostituzione. Meglio, piuttosto, procedere gradualmente: per esempio, 10 dollari in più ogni sei mesi, così da dare ai fornitori il tempo per adattarsi e negoziare con i clienti.

25 aprile 2014

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