Oggi, in occasione dello sciopero nazionale e
della manifestazione a Roma organizzata dai
sindacati confederali, pubblichiamo questo
contributo dei lavoratori dello Slai cobas del
Petrolchimico di Marghera.
della manifestazione a Roma organizzata dai
sindacati confederali, pubblichiamo questo
contributo dei lavoratori dello Slai cobas del
Petrolchimico di Marghera.
Mentre la rivolta è partita a
Gela, a Marghera il regime mostra la sua faccia di dissoluzione del patrimonio
produttivo nazionale, del resto è un
regime impegnato nelle strade e rotonde, grandi opere speculazioni immondizia e
ovviamente mazzette.
La parte produttiva del
colosso italiano è definita in perdita da parecchio tempo, lo diceva con forza
una decina di anni fa il rag. Mincato all’epoca AD di e.n.i. che assestò un bel
fendente al Petrolchimico di Porto Marghera, la chiusura del ciclo caprolattame
avviando l’effetto domino. Ritornando all’attualità c’è da rimanere allibiti di
fronte a dichiarazioni tipo :” e.n.i shock si chiudono due petrolchimici e 4
raffinerie su 5 “ ma dove avete vissuto mentre la raffineria di Livorno
scampava al suo destino e poco dopo quella di Venezia veniva chiusa perdendo
all’ incirca 1/3 dei posti di lavoro e riconvertita a deposito con produzione
di 40-60 T/h di biodiesel da olio di palma attraverso un pericoloso (
economicamente, sia chiaro ) passaggio in due step attualmente fermo allo step
1, la raffineria di Gela veniva fermata, ad Assemini il clima era assai
pesante, mentre fuori dal gruppo chiudevano Mantova, Roma, altri siti e
tornando a Marghera in via della (ex) chimica le celle a membrana non sono mai
arrivate?
Si tratta da parte di e.n.i.
della continuazione, di un piano già ben delineato che non ha mai subito
battute d’arresto se non per cause esterne dovute al disastro della Deepwater
Horizon nell’Aprile 2010.
Cosa c’entra?
Il piano è quello di estrarre
in Italia usando il ricatto della dismissione della parte industriale e
produttiva del gruppo ormai fuori dal raggio di azione delineato dagli
azionisti che vedono come fonte sicura di dividendo l’estrazione e la vendita e
non più la lavorazione accusando i paesi emergenti di produrre, dopo che e.n.i.
stessa ha venduto loro la tecnologia, a prezzi che rendono il sistema
raffinazione e chimico italiano fuori dai giochi.
Ormai il disastro delle coste
americane è stato dimenticato e le regole fissate sulle miglia marine di
distanza dalla costa sono rientrate a valori pre Deepwather Horion e le
concessioni di perlustrazione fioccano su tutto il territorio e le coste
nazionali, mentre dove già si estrae la popolazione non se la passa bene, un
esempio su tutti e la Val D’Agri in Basilicata.
S.L.A.I. CoBas per il
sindacato di classe appoggia tutti quei comitati popolari che si schierano
contro le nuove trivellazioni su territorio nazionale, questo non per logica
anti industriale ma per la salvaguardia della vita e della salute dei cittadini
e dei lavoratori.
Tutto ciò fino a quando non ci
saranno regole e controllori che garantiranno l’azione estrattiva nel rispetto
della salute della popolazione e della salvaguardia del territorio, non vogliamo
diventare il nuovo delta del Niger!
Il nuovo a.d. era capo del
settore estrattivo e non è un caso, il più redditizio, appena arrivato ha
semplificato la struttura organizzativa: up, mid, down.
Down, di cui fanno parte
raffinazione e chimica, è a tutti gli effetti la parte indebitata che manda in
rovina il gruppo: come si può ipotizzare il rilancio se si mettono insieme
tutte le procacciatrici di disavanzo?
Unica soluzione è la totale
dismissione, niente di nuovo solo che questa volta è alla luce del sole,
chiara, limpida.
Sfruttare i giacimenti
italiani come si sta facendo attualmente, contando su una tassazione tra le più
basse a livello mondiale, non è creare un futuro al paese ma affossarlo facendo
guadagnare i soliti noti.
Pensare poi al reimpiego dei
lavoratori nel settore estrazione ci fa venire alla mente l’ esperienza che
stanno “maturando” alcuni colleghi di in comando alla vecchia E&P ora UP
che certo non fa dormire a nessuno sonni tranquilli anzi siamo alle soglie
dell’incubo più che della prospettiva occupazionale.
Richiamare la “funzione
sociale di e.n.i.” in quanto azienda di Stato è mentire sapendo di farlo.
Va precisato che lo Stato è
l’azionista di maggioranza e in quanto azionista è interessato esclusivamente
al dividendo.
Negli ultimi giorni, infatti,
attraverso il presidente del consiglio, accompagnato dall’amministratore
delegato di e.n.i., si è garantita la stipula di investimenti miliardari con
paesi centroafricani, certo non noti per il loro rigoroso rispetto dei diritti
umani.
Lo Stato è al servizio di
e.n.i. e non il contrario.
Agli annunci della
continuazione della dismissione la reazione dei concertativi è stata quella sì
“sorprendente”.
Comunicati duri, un
coordinamento di tutti i delegati area e.n.i a Roma e i tre segretari, dopo
aver firmato la ricalibrazioni delle percentuali indennità turno senza chiedere
nulla ai lavoratori ma concedendo loro un passaggio assembleare dove le r.s.u.
dovranno far digerire quanto firmato, sul piede di guerra nei confronti dell’azienda
“di stato”.
I risultati sono una giornata
di sciopero il 29 Luglio con manifestazione a Roma, il 28 Luglio una
manifestazione territoriale a Venezia ed il 24 Luglio mattina a Marghera una
assemblea generale per dire ai lavoratori quando e dove devono scioperare.
Ma i lavoratori tutti cosa
hanno deciso, in che maniera sono stati coinvolti nella strategia da
intraprendere, ci si è confrontati con loro esclusivamente nei “circoli” di
appartenenza sindacale, è democratico tutto ciò o siamo alla dittatura delle
maggioranze?
Il metodo intrapreso per
decidere le tappe della mobilitazione non lo condividiamo, le assemblee
generali andavano fatte prima delle decisioni non dopo altrimenti servono a
dare ordini e basta.
Noi siamo per far decidere ai
lavoratori tutti, dopo un confronto, le strategie di mobilitazione che se
calate dall’alto corrono il rischio di generare “buchi partecipativi” che
nonostante tutto auspichiamo non avvengano.
Ribadiamo ciò che con forza
scrivevamo sui volantini nel periodo assai vicino della crisi della raffineria
di Marghera, il problema della dismissione del tessuto industriale di e.n.i. è
di tutti i lavoratori dei siti indipendentemente dalla sigla che portino
stampata sulla tuta.
La vertenza è trasversale e
solo uniti possiamo far valere le nostre ragioni, e.n.i. deve ripensarci in
toto non può affossare un paese e non può fare quel che le pare con accordi di
investimento che ha firmato e che i lavoratori e il tessuto sociale hanno
pagato caro, il dividendo c’è.
Una volta per tutte, e.n.i.
non è una azienda in crisi e riteniamo il suo ricorso alla C.I.G. in vari
momenti ed anche attualmente un furto alla collettività.
e.n.i. deve inoltre bonificare
a sue spese tutti i siti che ha inquinato e consegnarli veramente a nuovi
investitori, alle autorità locali l’onere di vigilare ed evitare ogni
speculazione.
Dobbiamo prestare molta
attenzione alle sirene sindacali e aziendali che ci invitano alla calma
sostenendo che il nostro sito non corre alcun rischio.
Dirigenti e sindacati
concertativi in maniera ufficiosa dico le stesse cose e il tutto è molto
preoccupante.
Chi sa interpretare come vanno
le cose siamo noi lavoratori che la fabbrica la viviamo e ne vediamo il
destino.
Ci aspettiamo dall’azienda
interventi mirati a spaccare il già esile fronte unitario dei lavoratori, o si
affrontano tutte le questioni insieme altrimenti avremo perso tutti, il futuro
c’è per tutti, se c’è solo per una parte è una sconfitta di tutti.
SLAI Cobas per il Sindacato di Classe
Marghera
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