mercoledì 30 luglio 2014

28 luglio: L’ENI, la chimica, la raffinazione, l’estrazione e l’Italia.

Oggi, in occasione dello sciopero nazionale e

della manifestazione a Roma organizzata dai 


sindacati confederali, pubblichiamo questo 


contributo dei lavoratori dello Slai cobas del 


Petrolchimico di Marghera.
Mentre la rivolta è partita a Gela, a Marghera il regime mostra la sua faccia di dissoluzione del patrimonio produttivo nazionale, del resto è un regime impegnato nelle strade e rotonde, grandi opere speculazioni immondizia e ovviamente mazzette.

La parte produttiva del colosso italiano è definita in perdita da parecchio tempo, lo diceva con forza una decina di anni fa il rag. Mincato all’epoca AD di e.n.i. che assestò un bel fendente al Petrolchimico di Porto Marghera, la chiusura del ciclo caprolattame avviando l’effetto domino. Ritornando all’attualità c’è da rimanere allibiti di fronte a dichiarazioni tipo :” e.n.i shock si chiudono due petrolchimici e 4 raffinerie su 5 “ ma dove avete vissuto mentre la raffineria di Livorno scampava al suo destino e poco dopo quella di Venezia veniva chiusa perdendo all’ incirca 1/3 dei posti di lavoro e riconvertita a deposito con produzione di 40-60 T/h di biodiesel da olio di palma attraverso un pericoloso ( economicamente, sia chiaro ) passaggio in due step attualmente fermo allo step 1, la raffineria di Gela veniva fermata, ad Assemini il clima era assai pesante, mentre fuori dal gruppo chiudevano Mantova, Roma, altri siti e tornando a Marghera in via della (ex) chimica le celle a membrana non sono mai arrivate?
Si tratta da parte di e.n.i. della continuazione, di un piano già ben delineato che non ha mai subito battute d’arresto se non per cause esterne dovute al disastro della Deepwater Horizon nell’Aprile 2010.

Cosa c’entra?
Il piano è quello di estrarre in Italia usando il ricatto della dismissione della parte industriale e produttiva del gruppo ormai fuori dal raggio di azione delineato dagli azionisti che vedono come fonte sicura di dividendo l’estrazione e la vendita e non più la lavorazione accusando i paesi emergenti di produrre, dopo che e.n.i. stessa ha venduto loro la tecnologia, a prezzi che rendono il sistema raffinazione e chimico italiano fuori dai giochi.
Ormai il disastro delle coste americane è stato dimenticato e le regole fissate sulle miglia marine di distanza dalla costa sono rientrate a valori pre Deepwather Horion e le concessioni di perlustrazione fioccano su tutto il territorio e le coste nazionali, mentre dove già si estrae la popolazione non se la passa bene, un esempio su tutti e la Val D’Agri in Basilicata.

S.L.A.I. CoBas per il sindacato di classe appoggia tutti quei comitati popolari che si schierano contro le nuove trivellazioni su territorio nazionale, questo non per logica anti industriale ma per la salvaguardia della vita e della salute dei cittadini e dei lavoratori.
Tutto ciò fino a quando non ci saranno regole e controllori che garantiranno l’azione estrattiva nel rispetto della salute della popolazione e della salvaguardia del territorio, non vogliamo diventare il nuovo delta del Niger!
Il nuovo a.d. era capo del settore estrattivo e non è un caso, il più redditizio, appena arrivato ha semplificato la struttura organizzativa: up, mid, down.
Down, di cui fanno parte raffinazione e chimica, è a tutti gli effetti la parte indebitata che manda in rovina il gruppo: come si può ipotizzare il rilancio se si mettono insieme tutte le procacciatrici di disavanzo?
Unica soluzione è la totale dismissione, niente di nuovo solo che questa volta è alla luce del sole, chiara, limpida.
Sfruttare i giacimenti italiani come si sta facendo attualmente, contando su una tassazione tra le più basse a livello mondiale, non è creare un futuro al paese ma affossarlo facendo guadagnare i soliti noti.
Pensare poi al reimpiego dei lavoratori nel settore estrazione ci fa venire alla mente l’ esperienza che stanno “maturando” alcuni colleghi di in comando alla vecchia E&P ora UP che certo non fa dormire a nessuno sonni tranquilli anzi siamo alle soglie dell’incubo più che della prospettiva occupazionale.

Richiamare la “funzione sociale di e.n.i.” in quanto azienda di Stato è mentire sapendo di farlo.
Va precisato che lo Stato è l’azionista di maggioranza e in quanto azionista è interessato esclusivamente al dividendo.
Negli ultimi giorni, infatti, attraverso il presidente del consiglio, accompagnato dall’amministratore delegato di e.n.i., si è garantita la stipula di investimenti miliardari con paesi centroafricani, certo non noti per il loro rigoroso rispetto dei diritti umani.
Lo Stato è al servizio di e.n.i. e non il contrario.

Agli annunci della continuazione della dismissione la reazione dei concertativi è stata quella sì “sorprendente”.
Comunicati duri, un coordinamento di tutti i delegati area e.n.i a Roma e i tre segretari, dopo aver firmato la ricalibrazioni delle percentuali indennità turno senza chiedere nulla ai lavoratori ma concedendo loro un passaggio assembleare dove le r.s.u. dovranno far digerire quanto firmato, sul piede di guerra nei confronti dell’azienda “di stato”.
I risultati sono una giornata di sciopero il 29 Luglio con manifestazione a Roma, il 28 Luglio una manifestazione territoriale a Venezia ed il 24 Luglio mattina a Marghera una assemblea generale per dire ai lavoratori quando e dove devono scioperare.
Ma i lavoratori tutti cosa hanno deciso, in che maniera sono stati coinvolti nella strategia da intraprendere, ci si è confrontati con loro esclusivamente nei “circoli” di appartenenza sindacale, è democratico tutto ciò o siamo alla dittatura delle maggioranze?
Il metodo intrapreso per decidere le tappe della mobilitazione non lo condividiamo, le assemblee generali andavano fatte prima delle decisioni non dopo altrimenti servono a dare ordini e basta.
Noi siamo per far decidere ai lavoratori tutti, dopo un confronto, le strategie di mobilitazione che se calate dall’alto corrono il rischio di generare “buchi partecipativi” che nonostante tutto auspichiamo non avvengano.

Ribadiamo ciò che con forza scrivevamo sui volantini nel periodo assai vicino della crisi della raffineria di Marghera, il problema della dismissione del tessuto industriale di e.n.i. è di tutti i lavoratori dei siti indipendentemente dalla sigla che portino stampata sulla tuta.
La vertenza è trasversale e solo uniti possiamo far valere le nostre ragioni, e.n.i. deve ripensarci in toto non può affossare un paese e non può fare quel che le pare con accordi di investimento che ha firmato e che i lavoratori e il tessuto sociale hanno pagato caro, il dividendo c’è.
Una volta per tutte, e.n.i. non è una azienda in crisi e riteniamo il suo ricorso alla C.I.G. in vari momenti ed anche attualmente un furto alla collettività.
e.n.i. deve inoltre bonificare a sue spese tutti i siti che ha inquinato e consegnarli veramente a nuovi investitori, alle autorità locali l’onere di vigilare ed evitare ogni speculazione.

Dobbiamo prestare molta attenzione alle sirene sindacali e aziendali che ci invitano alla calma sostenendo che il nostro sito non corre alcun rischio.
Dirigenti e sindacati concertativi in maniera ufficiosa dico le stesse cose e il tutto è molto preoccupante.
Chi sa interpretare come vanno le cose siamo noi lavoratori che la fabbrica la viviamo e ne vediamo il destino.
Ci aspettiamo dall’azienda interventi mirati a spaccare il già esile fronte unitario dei lavoratori, o si affrontano tutte le questioni insieme altrimenti avremo perso tutti, il futuro c’è per tutti, se c’è solo per una parte è una sconfitta di tutti.


SLAI Cobas per il Sindacato di Classe
Marghera


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