LA LOTTA DI CLASSE NON SI PROCESSA!
Il disegno della procura di Busto Arsizio, delle società committenti e
delle cooperative impiegate presso i magazzini Bennet di Origgio e delle
proprie associazione di categoria, di criminalizzare con false accuse gli
operai e il movimento di sostegno che diede vita per diversi mesi del 2008,
quella che è stata la prima lotta autorganizzata del settore della logistica, è
sostanzialmente fallito. Al pari dell'ulteriore obiettivo di criminalizzare per
spaventare e fermare l’espansione a macchia d’olio delle lotte.
Questo il lascito del Tribunale che ha assolto in primo grado la gran parte
dei compagni e delle compagne coinvolti limitandosi all'assurda condanna per
quattro imputati agganciandola, nella totale assenza di risultanze probatorie
concrete, alla testimonianza interessata e livorosa di un paio di crumiri. Ed è
come se si fosse sgonfiata la bolla repressiva, ma una volta gettata la rete,
qualcuno per forza ci dovesse rimanere dentro.
Il tentativo di reprimere nelle aule della giustizia borghese lo sciopero
dei lavoratori di Origgio e la solidarietà militante praticata da diverse
realtà politiche, non ha quindi trovato il riscontro sperato dalle parti civili
(le stesse ditte committenti e cooperative appaltatrici) che avevano
avanzato richieste per circa 400.000 euro di risarcimento contro gli/le
imputati/e per il blocco definito illegale dell'attività produttiva unitamente
alle richieste del pm complessivamente per qualche anno di reclusione.
Era infatti questo il vero imputato del processo: lo sciopero,
tornato finalmente a essere declinato, grazie al protagonismo diretto e alla
partecipazione attiva dei lavoratori della logistica, quale strumento di
lotta operaia e momento efficace di conflittualità contro gli attuali processi
di accumulazione e circolazione del capitale.
Prassi conflittuali incentrate senza compromessi sui propri immediati
interessi di classe con metodi di lotta radicali che incidono materialmente sul
profitto padronale e, quindi, in netta contrapposizione con la delega in bianco
ai professionisti della concertazione sindacale per contrattare sulla propria
pelle riduzione di diritti e salari.
Una lotta, ricordiamo, risultata alla fine vincente, che ha permesso di
conquistare un deciso miglioramento delle condizioni salariali e normative per
i lavoratori impiegati, che ha incominciato a rompere l'onnipresente condizione
di sfruttamento e schiavitù presente negli appalti della logistica e che ha
posto le basi per la successiva diffusione di un movimento autorganizzato in
pressoché la totalità dei più grossi magazzini del nord e del centro Italia (da Piacenza ad Ancona,
da Torino a Padova, da Brescia a Bologna...). Da allora infatti numerosi sono i
lavoratori dei più diversi siti che assimilano la lezione e la praticano.
Un movimento
che ha saputo col tempo, anche affrontando le inevitabili sconfitte parziali e
i passi falsi (le lotte insegnano anche quanto si perde), superare le
rivendicazioni economiche immediate e ribaltare a proprio favore rapporti di
forza considerati immutabili in un settore strategico da sempre contraddistinto
da ritmi di lavoro insostenibili e assoluta
precarietà dei rapporti di lavoro. Un movimento che ha saputo costruire
anche una serie di scioperi nazionali riusciti e mettere in campo una vera
piattaforma rivendicativa. Insomma, un esempio per tutta la classe che ha fatto
paura alla controparte padronale e ai suoi complici.
E' quindi evidente che questa lotta esemplare non poteva che determinare
anche la reazione di un padronato colpito nei propri interessi materiali e
sollecito nell'incalzare l'azione e la complicità della magistratura per
tentare di annichilire un movimento che è riuscito, di lotta in lotta, a
riaffermare dignità e a vincere la paura attraverso la solidarietà e l'unità di
classe. Reazione che, per quel che riguarda questo singolo processo, è
risultata fallimentare al pari del tentativo di trasformare questa lotta
operaia in un problema di ordine pubblico da giudicare con la lente del diritto
borghese.
Rivendichiamo invece il diritto operaio di scioperare nelle modalità che la
lotta richiede e che l’unica legalità in cui ci riconosciamo è quella della
lotta di classe.
Siamo consci che questo processo potrebbe essere solo il primo di altri
tentativi di fermare per vie giudiziarie il movimento di lotta dei lavoratori
nella logistica, ma siamo altrettanto consapevoli che la maturità e l'unità
raggiunte dallo stesso permetteranno di affrontare e rispedire al mittente
tutti i tentativi che il padronato metterà in campo per fermarlo.
CON I COMPAGNI
“COLPEVOLI” DI LOTTARE
PACE SOCIALE VINCE IL
CAPITALE – LOTTA DI CLASSE VINCONO LE MASSE
I compagni e le compagne del Centro Sociale Vittoria
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