Inalca - Ospedaletto, attaccato violentemente il
picchetto degli operai in sciopero!
I lavoratori iscritti al sindacato SI Cobas ed
impiegati presso cooperative del Consorzio Euro 2000 nello stabilimento Inalca
di Ospedaletto Lodigiano sono tornati a scioperare e a bloccare i cancelli
dell’azienda nella giornata di venerdì 26 giugno, nell’ambito del percorso di
lotta interno all’azienda per evitare un cambio di contratto da “tempo
indeterminato” (con il Consorzio Euro 2000) ad un'assunzione attraverso agenzia
interinale e senza nessuna certezza per il futuro. L’azienda, prima in Italia
nel settore della macellazione, lavorazione ed inscatolamento di carni, coi
suoi quasi 13.000 dipendenti senza contare tutti gli operai delle cooperative
in appalto e somministrazione di manodopera, impedisce l'accesso al S.I. Cobas
negando l'agibilità sindacale a un sindacato ritenuto scomodo in quanto
conflittuale e realmente dalla parte dei lavoratori, che sul territorio
nazionale ha portato diversi duri colpi ai padroni. Ad inizio giugno Inalca, a
livello nazionale, ha dato formale disdetta del contratto di lavoro con
Consorzio Euro 2000 dopo oltre 15 anni di strettissima collaborazione. Ai
sindacati è stato comunicato che, per continuare a lavorare, i dipendenti di
Consorzio Euro 2000 (seicento solo ad Ospedaletto) avrebbero dovuto dare le
dimissioni per giusta causa (il mancato pagamento dello stipendio) e accettare
di essere assunti da una società interinale con contratto a tempo determinato
per tre mesi, il tempo di trovare una soluzione, garantendo anche un acconto di
500 euro sulle mensilità ancora da percepire.
Già dal 3 giugno moltissimi lavoratori hanno firmato il passaggio sotto la nuova agenzia, ma un gruppo di una trentina di lavoratori iscritti al S.I. Cobas non ha voluto conciliare «perché non ci sono garanzie di alcun tipo rispetto all'occupazione futura». In pratica, con questa soluzione, i lavoratori che hanno scelto di firmare il nuovo contratto al termine dei tre mesi non avranno comunque in mano nessun tipo di garanzia per il loro futuro lavorativo. La richiesta dei lavoratori che hanno scelto di non firmare è semplicemente quella che l'azienda mettesse per iscritto l'impegno a mantenere in occupazione tutti i lavoratori. Dopo che l'azienda non ha voluto sottoscrivere nessun accordo come garanzia, e non ha voluto riconoscere il S.I. Cobas come sindacato, i lavoratori hanno mantenuto la loro parola ed hanno iniziato a scioperare, utilizzando anche lo strumento del picchetto con blocco delle merci in entrata ed uscita. I sindacati confederali invece preferiscono un “accordo truffa” per centinaia di dipendenti, accordo supportato anche dal Ministro del Lavoro Poletti in un commento in una TV locale. La strategia dei padroni, come ci si aspettava dopo l'approvazione della legge di stabilità per il 2015 ed i primi decreti attuativi del Jobs Act, è quella di voler effettuare questi cambi di contratto – indeterminato-determinato-indeterminato – applicando il contratto a tutele crescenti, per far risultare statisticamente con il Jobs Act 600 nuove assunzioni grazie al Governo Renzi. Ecco un video trovato in rete di uno dei picchetti dei lavoratori in cui è intervenuta la celere per rimuovere il blocco dei cancelli: Sembra si stia diffondendo questo modus operandi dei padroni, che non è altro che la solita speculazione sulla pelle dei lavoratori: in questo caso la ghiotta torta da spartirsi è composta dall’accesso agli sgravi contributivi (8000 euro a lavoratore per tre anni) previsti dalla finanziaria e l’abolizione della tutela prevista dall'articolo 18. Appare lampante che con questa tecnica, oltre ai guadagni in puri termini economici, diventa possibile scremare a dovere la manodopera, non riassumendo i lavoratori non necessari o particolarmente sindacalizzati. Perfino la CGIL si sta muovendo su questa situazione, e sta preparando un "dossier" per testimoniare l'utilizzo "fraudolento" da parte delle aziende di tali benefici previsti dalle leggi del governo Renzi. Peccato che sia la CGIL che i restanti sindacati confederali si siano già in parecchie occasioni resi complici di tali manovre contro i lavoratori: ne sono testimonianza diversi accordi sottoscritti da questi servi, come il tentativo in prefettura a Bologna per SDA ad esempio. Chi resiste, i lavoratori che non abbassano la testa e non vogliono essere fregati subiscono la puntuale repressione tanto giudiziaria, con denunce e simili, che delle ff.oo. direttamente sul campo. Infatti, durante quasi tutti gli scioperi davanti a quei cancelli, la digos di Lodi ha apertamente manifestato il proprio intento repressivo ed intimidatorio nei confronti dei partecipanti ai picchetti, lavoratori e solidali, con identificazioni e tentativi di provocazione.
Il più recente capitolo di questa vicenda si è svolto venerdì 26 giugno, quando i lavoratori iscritti al S.I. Cobas ed alcuni solidali sono tornati a picchettare il colosso Inalca - Cremonini per chiedere il reintegro dei 18 lavoratori dall'azienda che si sono rifiutati di firmare il passaggio a tempo determinato, dopo anni di lavoro in azienda; il pagamento degli arretrati (4 mesi di stipendi) in quanto i 18 stanno subendo il ricatto del NON pagamento dello stipendio, per indurli a firmare le dimissioni dal Consorzio Euro 2000 ed il nuovo contratto con l'agenzia interinale; e per il riconoscimento del S.I. Cobas. Nei giorni precedenti a questo picchetto alcuni lavoratori dello stabilimento che avevano ceduto al ricatto accettando di firmare, sono stati in seguito lasciati a casa solo per essersi messi in malattia. All’arrivo del primo blindato di celere i lavoratori decidono di sospendere il picchetto per qualche ora e stancare il nemico, e così è stato fatto, riprendendo il picchetto nel pomeriggio. All’interno dell’azienda era presente il figlio di Cremonini accompagnato da un'ingente scorta, ed ha potuto ascoltare direttamente la voce e la rabbia dei lavoratori. Poco dopo circa un centinaio di operai è uscito dall’azienda, capitanati dal direttore dello stabilimento Scovenna, prima per intimidire ed infine attaccare fisicamente i lavoratori ed i solidali che stavano manifestando. Una scena pietosa ed umiliante di sudditanza e poca lungimiranza, se non addirittura aperta malafede nel caso di alcuni (diversi capireparto), sfruttati sul lavoro e sfruttati come bassa manovalanza per combattere le battaglie del padrone. Il picchetto ha comunque tenuto duro e lavoratori e solidali sono rimasti nei pressi dello stabilimento fino alla fine del tafferuglio e dell’intervento della celere, che ha diviso i due schieramenti. Qui il video dell'attacco al picchetto operaio.
Sempre più spesso assistiamo a segnali tanto gravi
quanto diffusi di attacco contro i lavoratori che tentano di opporsi al
crescente sfruttamento, alzando la voce in difesa dei propri diritti: e sempre
più assiduamente i padroni utilizzano tutti i mezzi legali ed illegali che
conoscono e si giovano di un atteggiamento del tutto imparziale delle forze
dell’ordine, della politica, dei sindacati confederali e della stampa, tutti
schierati a loro favore; contro questa situazione è necessario rinsaldare
l'unità della classe lavoratrice connettendo tra loro le lotte sociali
utilizzando lo strumento della solidarietà attiva. Siamo stati con questi
operai a bloccare i cancelli e ci ritorneremo se sarà necessario, in quanto
crediamo che solo la lotta possa realmente modificare lo stato di cose
presenti, che solo la costanza possa sconfiggere i tentativi di intimidazione. Al
picchetto, alla lotta!
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