venerdì 20 novembre 2015

20 novembre - SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! NEWSLETTER N. 234 DEL 19/11/15



NEWSLETTER PER LA TUTELA DELLA SALUTE
E DELLA SICUREZZA DEI LAVORATORI
(a cura di Marco Spezia - sp-mail@libero.it)

INDICE

L’OBBLIGO DI CONSEGNA DEL DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI AL RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA
1
CASSAZIONE: LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO SE LE ASSENZE DEL LAVORATORE SONO DOVUTE A PATOLOGIE PROFESSIONALI
4
MEDICO COMPETENTE: ATTIVITA’ E OBBLIGHI
5
IL D.LGS. 151/2015 E LE MODIFICHE IN MATERIA DI ATTREZZATURE DI LAVORO
7
CAMPI ELETTROMAGNETICI: L’USO SICURO DEGLI APPARECCHI ELETTROMEDICALI
9
DAL 18 NOVEMBRE IN VIGORE LE NUOVE NORME TECNICHE DI PREVENZIONE INCENDI
12

L’OBBLIGO DI CONSEGNA DEL DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI AL RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA
LE CONSULENZE DI SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! – N.69

Come sapete, uno degli obiettivi del progetto SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! è anche quello di fornire consulenze gratuite a tutti coloro che ne fanno richiesta, su tematiche relative a salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Da quando è nato il progetto ho ricevuto decine di richieste e devo dire che per me è stato motivo di orgoglio poter contribuire con le mie risposte a fare chiarezza sui diritti del lavoratori.
Mi sembra doveroso condividere con tutti quelli che hanno la pazienza di leggere le mie newsletters, queste consulenze.
Esse trattano di argomenti vari sulla materia e possono costituire un’utile fonte di informazione per tutti coloro che hanno a che fare con casi simili o analoghi.
Ovviamente per evidenti motivi di riservatezza ometterò il nome delle persone che mi hanno chiesto chiarimenti e delle aziende coinvolte.
Marco Spezia


QUESITO

Buongiorno Marco,
sono RSU e RLS di azienda del settore metalmeccanico e avrei bisogno di un consiglio.
Circa due mesi fa ho presentato al Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione della mia azienda, regolare richiesta di copia del Documento di Valutazione dei Rischi.
Da allora a oggi nessuna risposta ufficiale ma solo rimandi.
La mie domande sono:
Che spazi di manovra ho per poter mettere l'azienda con le spalle al muro se continua a non volermelo consegnare?
Posso obbligare l'azienda a consegnarmi la copia che ho formalmente richiesto?
In che modo?
Attendo fiduciosa e ti ringrazio anticipatamente.


RISPOSTA

Ciao,
relativamente alla consegna del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) al Rappresentante del Lavoratori per la Sicurezza (RLS), il Decreto Legislativo 81 del 2008 (Decreto) è molto chiaro, ponendolo a carico del datore di lavoro o dei dirigenti come obbligo sanzionabile.

Infatti l’articolo 18, comma 1, lettera o) (obblighi sanzionabili a carico del datore di lavoro e dei dirigenti) del Decreto dispone che :
Il datore di lavoro [...], e i dirigenti [...] devono consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a) [documento di valutazione dei rischi], anche su supporto informatico come previsto dall'articolo 53, comma 5,[...]; il documento è consultato esclusivamente in azienda”.
Il mancato adempimento di tale obbligo è sanzionato dall’articolo 55, comma 1, del Decreto con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 750 a 4.000 euro.

Tale obbligo è d’altronde enunciato dal Decreto, anche come diritto (attribuzione) del RLS.
L’articolo 50, comma 1, lettera e) del Decreto (attribuzioni dei RLS) afferma infatti che:
Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti alle sostanze ed ai preparati pericolosi, alle macchine, agli impianti, alla organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli infortuni ed alle malattie professionali”.

Quindi, secondo il Decreto, è evidente che il RLS debba ricevere tutta la documentazione aziendale relativa a salute e sicurezza, tra cui il DVR.
Come già detto la mancata consegna del DVR al RLS è peraltro un reato sanzionabile penalmente.

Il problema si pone sulle modalità di consegna, in quanto il citato articolo 18, comma 1, lettera o), relativamente al DVR, afferma che “il documento è consultato esclusivamente in azienda”.
Cosa significhi nella pratica ciò non è stato ancora specificato, in modo univoco in sede legislativa.
Non è stato quindi ancora specificato se la consegna e la consultazione prevede solo la mera disponibilità del documento in azienda, senza però che esso possa essere fotocopiato o portato fuori della azienda, oppure se sussiste quest’ultima possibilità.

La Commissione interpelli (Interpello in materia di sicurezza n.52 del 19 dicembre 2008) alla specifica domanda riguardante la “possibilità di consegna al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del documento di valutazione dei rischi unicamente su supporto informatico ha dato la seguente risposta:
Non essendo prevista alcuna formalità per la consegna del documento, l’adempimento all’obbligo di legge è comunque garantito mediante consegna dello stesso su supporto informatico, anche se utilizzabile solo su terminale video messo a disposizione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza giacché tale modalità, consentendo la disponibilità del documento in qualsiasi momento ed in qualsiasi area all’interno dei locali aziendali, non pregiudica lo svolgimento effettivo delle funzioni del RLS”.
Che sinceramente non chiarisce molto la questione, anche se afferma la necessità della “disponibilità del documento in qualsiasi momento ed in qualsiasi area all’interno dei locali aziendali”.

Più chiarificatrice (e decisamente più orientata a una garanzia reale delle attribuzioni del RLS) è la Sentenza del 29 gennaio 2010 della Sezione Lavoro del Tribunale Ordinario di Milano che a tale proposito ha affermato che:
Ad ogni modo, poiché il ruolo del RLS all'interno dell'azienda è posto a presidio e controllo della salvaguardia di intessi di primaria importanza, quali sono quelli relativi alla salute dei lavoratori ne deriva che il datore di lavoro dovrà consentire al RLS la consultazione del DVR per tutto il tempo che sarà necessario, tenuto conto della eventuale complessità del documento stesso. Non è dunque controvertibile il fatto che il datore di lavoro abbia l'obbligo di consegna del DVR al RLS; ciò che è cambiato è la possibilità alternativa per il RLS di richiedere in quale forma preferisca consultare il documento stesso”.
Al di là dell’affermazione di cui sopra, tale Sentenza ha valore particolarmente significativo poiché conferma il decreto ingiuntivo con cui il RLS aziendale aveva chiesto di poter consultare il DVR al di fuori della azienda e quindi, eventualmente di fotocopiarlo.
Tieni conto che la sentenza di cui sopra non ha ancora valore giurisprudenziale (e quindi di orientamento in futuri atti giudiziari), non essendo ancora passata in giudicato (avvallata cioè dalla Corte di Cassazione)

Inoltre un’altra Sentenza (questa volta del TAR della Sicilia) ha enunciato il diritto di ogni lavoratore, quindi non solo del RLS, di poter ricevere una copia del DVR (Sentenza numero 799/2003 del 13 maggio 2003 del Tribunale Amministrativo per la Sicilia).
Anche in tal caso la sentenza non ha ancora valore giurisprudenziale non essendo ancora avvallata dalla Corte di Cassazione.
In conclusione, io ti consiglieri di inoltrare ancora la richiesta del DVR alla tua azienda, a fronte di quanto sopra riportato.

A seguire riporto la richiesta che dovresti inoltrare alla tua azienda in maniera formale, cioè con Raccomandata con Ricevuta di Ritorno o tramite Posta Elettronica Certificata (sono gli unici due modi per avere la formalizzazione dell’invio della richiesta).
La richiesta va fatta al datore di lavoro o al dirigente delegato in sua vece, poiché sono loro a cui compete l’obbligo di consegna del DVR (ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lettera o) sopra richiamato), mentre il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) non avendo potere decisionale non ha nemmeno obblighi legislativi, come stabilito dal Decreto (a meno che il datore di lavoro non si avvalga della possibilità di svolgere lui stesso il ruolo di RSPP).

Se l’azienda continua a opporsi alla consegna del DVR, inoltra la medesima lettera alla ASL settore Prevenzione salute e sicurezza sul lavoro, competente per territorio e per conoscenza alla Procura della Repubblica competente per territorio, formalizzando così un avviso di reato.
Alla lettera ti consiglio di aggiungere i riferimenti alle due Sentenze di cui sopra.

Ti consiglio di verificare prima, in maniera informale, quale potrà essere la posizione degli ispettori ASL, per evitare di esporti senza un’opportuna tutela nei confronti della tua azienda.
In altre parole, anche se hai ragione, valuta sempre i rapporti di forza tra te (e gli altri lavoratori) e la tua azienda, per evitare di “bruciarti”.

A tua disposizione per ulteriori chiarimenti.
Marco

* * * * *

Al Datore di Lavoro  
oppure
Al Dirigente
dell’azienda Continental (esatta denominazione e indirizzo legale)
Con la presente il sottoscritto Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza richiede formalmente la consegna da parte della azienda del Documento di Valutazione dei Rischi di cui agli articoli 17, comma 1, lettera a), 28 e 29 e di cui ai Titoli successivi al I del Decreto Legislativo n.81 del 9 aprile 2008.
Ricordo che la consegna del Documento di Valutazione dei Rischi al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza è sancita, come obbligo a carico del datore di lavoro o dei dirigenti dall’articolo 18, comma 1, lettera o) del citato Decreto.
Analogamente ricordo che tra le attribuzioni del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza sancite dal citato Decreto vi è quella di ricevere la documentazione aziendale relativa alla tutela della salute e della sicurezza, tra cui il Documento di Valutazione dei Rischi (articolo 50, comma 1, lettera e) del Decreto.
Rimango pertanto in attesa di quanto richiesto con la presente.
Data e firma



CASSAZIONE: LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO SE LE ASSENZE DEL LAVORATORE SONO DOVUTE A PATOLOGIE PROFESSIONALI

Da Studio Cataldi
17 novembre 2015
di Lucia Izzo

Va ricalcolato il periodo di comporto.
Salvo il lavoratore assente a causa di una patologia oculistica che ottiene il risarcimento danni e 15 mensilità.

Illegittimo il licenziamento del lavoratore se le assenze che giustificano il provvedimento disciplinare sono riconducibili a patologie di natura professionale, che non provvedono a integrare il superamento del periodo di comporto di 12 mesi.

La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 22823/2015 ha respinto il ricorso proposto da una srl che si era vista condannare cumulativamente al risarcimento danni e al pagamento di 15 mensilità dell’ultima retribuzione in favore del lavoratore illegittimamente licenziato che aveva rinunciato alla reintegra.

Per la ricorrente i giudici di merito sarebbero incorsi in un travisamento dei fatti, sbagliando anche nel cumulare una una doppia sanzione ossia un’indennità risarcitoria ex articolo 18, comma 5 della Legge 300/70 (Statuto dei Lavoratori) nella misura di quindici mensilità, in sostituzione dell’originaria domanda di reintegra nel posto di lavoro, nonché il pagamento di tutte le retribuzioni globali di fatto dovute dalla data del licenziamento a quella del deposito del ricorso d’appello.

Per gli Ermellini, il ricorso è infondato.
La Corte d’Appello ha correttamente accertato il non superamento del periodo di computa attenendosi agli elementi sottoposti alla sua indagine: una consistente parte delle assenze indicate nella lettera di licenziamento, poteva essere ricondotta ad una patologia oculistica di natura professionale confermata in altro giudizio, passato in giudicato; ricalcolando le assenze, non veniva superato il periodo di comporto di 12 mesi necessario per fondare il licenziamento.

Inoltre, nessuna incompatibilità sussiste tra la condanna al pagamento delle 15 mensilità, in sostituzione della reintegra originariamente richiesta dal lavoratore, e quella al risarcimento del danno nella misura della retribuzione globale di fatto dovuta dal licenziamento fino al deposito del ricorso d’appello.
Il fatto che si tratti di due condanne risarcitorie basate su titoli autonomi lo si ricava proprio dalla lettura dei quarto e dei quinto comma dell’articolo 18 della Legge 300/70, per cui “il diritto al risarcimento del danno conseguente al licenziamento dichiarato invalido o inefficace, decorrente dal licenziamento all’effettiva reintegra, è fatto espressamente salvo dal successivo quinto comma che contempla la facoltà per il lavoratore di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto”.

Infondata anche la censura per cui la ricorrente ritiene che il giudice, ai fini della determinazione dei danno, non abbia considerato la fruizione, da parte dei lavoratore, di una rendita erogatagli dall’INAIL: l’erogazione di una tale rendita per inabilità assolve una funzione di natura assistenziale che è diversa da quella ristoratrice perseguita dal risarcimento dei danno previsto dall’articolo 18 della Legge 300/70 in conseguenza dell’accertata illegittimità del licenziamento.

La Sentenza numero 22823/2015 della Corte di Cassazione Sezione lavoro è scaricabile (previa registrazione gratuita) all’indirizzo:


MEDICO COMPETENTE: ATTIVITA’ E OBBLIGHI

Da: PuntoSicuro
12 novembre 2015

Chi può svolgere le funzioni di Medico Competente (MC)? Come deve essere svolta l’attività? Quali sono gli obblighi?

Pubblichiamo un estratto del documento INAIL “INSULA: Indagine nazionale sulla salute e sicurezza sul lavoro. Medici competenti” che affronta lo svolgimento dell’attività di medico competente e gli obblighi.

Le funzioni di MC (i cui titoli e requisiti sono indicati all’articolo 38 del D.Lgs.81/08 e s.m.i.) possono essere svolte dal medico che possiede uno dei seguenti titoli:
-         specializzazione in Medicina del lavoro o in Medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica;
-         docenza in Medicina del lavoro o in Medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in Tossicologia industriale o in Igiene industriale o in Fisiologia e igiene del lavoro o in Clinica del lavoro;
-         autorizzazione di cui all’articolo 55 del D.Lgs.277/91;
-         specializzazione in Igiene e medicina preventiva o in Medicina legale;
-         con esclusivo riferimento al ruolo dei sanitari delle Forze Armate, compresa l’Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza, svolgimento di attività di medico nel settore del lavoro per almeno quattro anni.

I medici in possesso delle specializzazioni in Igiene e medicina preventiva o in Medicina legale, se alla data di entrata in vigore del D.Lgs.81/08 svolgono o dimostrano di avere svolto l’attività di MC per almeno un anno nell’arco dei tre anni precedenti, sono abilitati a svolgere le funzioni di MC; in caso contrario, sono tenuti a frequentare appositi percorsi formativi universitari.
I medici in possesso dei titoli e dei requisiti summenzionati sono iscritti nell’elenco dei MC, istituito presso il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali. Infine, per quanto attiene allo svolgimento delle funzioni di MC, è necessario partecipare al programma Educazione Continua in Medicina (ECM), ai sensi del D.Lgs.229/99; i crediti previsti dal programma triennale ECM dovranno essere conseguiti nella misura non inferiore al 70% del totale nella disciplina “Medicina del lavoro e sicurezza degli ambienti di lavoro”.

Il D.Lgs.81/08 stabilisce che l’attività di MC debba essere svolta attenendosi ai principi della Medicina del lavoro e rispettando il Codice Etico della Commissione Internazionale di Salute Occupazionale (ICOH).
Il MC può svolgere la propria attività come dipendente o collaboratore di una struttura esterna pubblica o privata, convenzionata con il Datore di Lavoro (DL), in qualità di libero professionista oppure come dipendente del DL. A tale riguardo è importante sottolineare che il dipendente di una struttura pubblica, che sia assegnato agli uffici che svolgono attività di vigilanza, non può effettuare, ad alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, l’attività di MC.
Al fine di permettere l’opportuno svolgimento della sua attività professionale, il DL deve garantire al MC le opportune e adeguate condizioni di lavoro rispettandone e garantendone l’autonomia.
Il MC può avvalersi, per accertamenti diagnostici, della collaborazione di medici specialisti scelti in accordo con il DL che ne sopporta gli oneri.
Nei casi di aziende con più unità produttive, nei casi di gruppi d’imprese nonché qualora la valutazione dei rischi ne evidenzi la necessità, il DL può nominare più MC individuando tra essi un Medico Competente Coordinatore (MCC) con funzioni di coordinamento.

La definizione puntuale degli obblighi e dei compiti del MC è contenuta nell’articolo 25 del D.Lgs.81/08.
Secondo quanto stabilito da tale disposto normativo il MC:
-         collabora con il DL e con il Servizio di Prevenzione e Protezione (SPP) alla redazione del Documento di valutazione dei Rischi (DVR), anche ai fini della programmazione, ove necessario, della Sorveglianza Sanitaria (SS), alla predisposizione dell’attuazione delle misure per la tutela della salute e dell’integrità psico-fisica dei lavoratori, all’attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di Primo Soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro
-         collabora inoltre all’attuazione e alla valorizzazione di programmi volontari di promozione della salute, secondo i principi della responsabilità sociale;
-         programma ed effettua la SS attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati;
-         istituisce, aggiorna e custodisce, sotto la propria responsabilità, una cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore sottoposto a SS; tale cartella è conservata con salvaguardia del segreto professionale e, salvo il tempo strettamente necessario per l’esecuzione della SS e la trascrizione dei relativi risultati, presso il luogo di custodia concordato al momento della nomina del MC;
-         consegna al DL, alla cessazione dell’incarico, la documentazione sanitaria in suo possesso, nel rispetto delle disposizioni di cui al D.Lgs.196/03 [codice sulla privacy] e con salvaguardia del segreto professionale;
-         consegna al lavoratore, alla cessazione del rapporto di lavoro, copia della cartella sanitaria e di rischio, e gli fornisce le informazioni necessarie relative alla conservazione della medesima; l’originale della cartella sanitaria e di rischio va conservata, nel rispetto di quanto disposto dal D.Lgs.196/03 da parte del DL, per almeno dieci anni, salvo il diverso termine previsto da altre disposizioni del D.Lgs.81/08;
-         fornisce informazioni ai lavoratori sul significato della SS cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari, anche dopo la cessazione dell’attività che comporta l’esposizione a tali agenti; fornisce altresì, a richiesta, informazioni analoghe ai Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS);
-         informa ogni lavoratore interessato dei risultati della SS e, a richiesta dello stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria;
-         comunica per iscritto, in occasione delle riunioni di cui all’articolo 35 del D.Lgs.81/08, al DL, al Responsabile del SPP e ai RLS, i risultati anonimi collettivi della SS effettuata e fornisce indicazioni sul significato di detti risultati ai fini dell’attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori;
-         visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all’anno o a cadenza diversa che stabilisce in base al DVR; l’indicazione di una periodicità diversa dall’annuale deve essere comunicata al DL ai fini della sua annotazione nel DVR;
-         partecipa alla programmazione del controllo dell’esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini della redazione del DVR e della SS;
-         comunica, mediante autocertificazione, il possesso dei titoli e requisiti di cui all’articolo 38 del D.Lgs.81/08, al Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali.

Il documento INAIL “INSULA: Indagine nazionale sulla salute e sicurezza sul lavoro. Medici competenti” è scaricabile all’indirizzo:



IL D.LGS. 151/2015 E LE MODIFICHE IN MATERIA DI ATTREZZATURE DI LAVORO

Da: PuntoSicuro
12 novembre 2015
        
La modifica alla definizione di “operatore” nell’articolo 69 del Testo Unico in materia di attrezzature di lavoro.
La definizione, la normativa e le conseguenze sull’abilitazione degli operatori richiesta dall’Accordo del 22 febbraio 2012.

Il Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 151 recante “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” ha modificato in più punti il Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs.81/08).
Modifiche di vario genere e entità nate con l’obiettivo, in realtà, non solo di razionalizzare e semplificare gli adempimenti, ma anche di attuare piccole correzioni e di colmare alcune lacune del Testo Unico.

Una delle modifiche, di cui si è invero parlato molto poco, è la variazione di una definizione contenuta nel Titolo III (Uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale), Capo I (Uso delle attrezzature di lavoro) del D.Lgs. 81/2008.
Tuttavia “le parole del legislatore cancellano intere biblioteche” (una frase detta ai nostri microfoni da Paolo Pascucci, professore di Diritto del lavoro nell’Università di Urbino Carlo Bo) e dunque anche una piccola variazione in una definizione può avere grandi conseguenze.

Vediamo innanzitutto quanto indicato dal nuovo D.Lgs.151/15, all’articolo 20, in merito a questa “piccola” variazione:

Articolo 20 Modificazioni al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81
1. Al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:
[...]
l) all’articolo 69, comma 1, lettera e), dopo le parole: “il lavoratore incaricato dell’uso di una attrezzatura di lavoro” sono inserite le seguenti: “o il datore di lavoro che ne fa uso”;
[...]

Praticamente viene modificato l’articolo 69 del Testo Unico che riproponiamo nella nuova versione:
Articolo 69 - Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente Titolo si intende per:
a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto, inteso come il complesso di macchine, attrezzature e componenti necessari all’attuazione di un processo produttivo, destinato ad essere usato durante il lavoro;
b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio, l’impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia, il montaggio, lo smontaggio;
c) zona pericolosa: qualsiasi zona all’interno ovvero in prossimità di una attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso;
d) lavoratore esposto: qualsiasi lavoratore che si trovi interamente o in parte in una zona pericolosa;
e) operatore: il lavoratore incaricato dell’uso di una attrezzatura di lavoro o il datore di lavoro che ne fa uso.

Quali i motivi di questa variazione?
Questo quanto contenuto nella relazione illustrativa del D.Lgs.151/15 in merito alla modifica dell’articolo 69: “Ai fini della definizione di ‘operatore’ incaricato dell’uso di una attrezzatura di lavoro si introduce il riferimento al datore di lavoro che ne fa uso. Tale modifica trova fondamento nella necessità di colmare una lacuna legislativa già superata dall’interpretazione comune dello spirito sotteso al Testo Unico continuamente oggetto di richiesta di pareri”.

E questa variazione quali conseguenze può avere?

Ad esempio palesa la necessità di formazione anche dei datori di lavoro, e non solo dei lavoratori, in relazione all’uso di attrezzature soggette a specifica abilitazione, con riferimento a quanto richiesto dall’articolo 73 del Testo Unico e quanto indicato nell’Accordo del 22 febbraio 2012. L’Accordo concerne “l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi e i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell’articolo 73, comma 5, del Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modifiche e integrazioni”.

Se dunque con operatore si intende espressamente anche il datore di lavoro, è chiaro (con le modifiche del D.Lgs.151/15) che al datore di lavoro che utilizzi, ad esempio, un carrello elevatore semovente o una piattaforma di lavoro mobile elevabile, necessiti la “specifica abilitazione”.

Concludiamo la presentazione di questa modifica del D.Lgs.81/08 riportando, a titolo riepilogativo, l’elenco delle attrezzature di lavoro per le quali l’Accordo richiede la “specifica abilitazione degli operatori”:
-         piattaforme di lavoro mobili elevabili (PLE);
-         gru a torre;
-         gru mobile;
-         gru per autocarro;
-         carrelli elevatori semoventi con conducente a bordo (a braccio telescopico, industriali semoventi, sollevatori/elevatori semoventi telescopici rotativi);
-         trattori agricoli o forestali;
-         macchine movimento terra (escavatori idraulici, a fune, pale caricatrici frontali, terne, autoribaltabile a cingoli);
-         pompe per calcestruzzo.

Il Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 151 “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” è scaricabile all’indirizzo:

Il documento “Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano - Accordo del 22 febbraio 2012 concernente l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell’articolo 73, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modifiche e integrazioni” è scaricabile all’indirizzo:



CAMPI ELETTROMAGNETICI: L’USO SICURO DEGLI APPARECCHI ELETTROMEDICALI

Da: PuntoSicuro
13 novembre 2015
        
Un documento si sofferma sulla valutazione e prevenzione dei rischi dell’esposizione a campi elettromagnetici in ambito sanitario. Focus su criticità e misure di tutela di apparati per diatermia, elettrobisturi e stimolatori magnetici transcranici.

Nel settore sanitario è evidente che, a causa dei particolari apparecchi elettromedicali utilizzati, spesso i pericoli di esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici sono più elevati rispetto ad altri ambienti e attività lavorative.
E PuntoSicuro ha presentato, in precedenti articoli, le principali misure di tutela comuni alla maggior parte delle situazioni espositive in ambito sanitario, ad esempio con riferimento ad un’adeguata disposizione delle postazioni nelle aree di lavoro (gli apparati che emettono campi elettromagnetici devono essere installati in aree di lavoro adibite esclusivamente al loro uso) e alla “zonizzazione” (con riferimento, ad esempio, alla procedura per l’individuazione delle aree soggette a livelli di rischio diversi).
Tuttavia al di là di queste misure generali, esistono anche misure specifiche in relazione all’uso degli apparecchi elettromedicali?

Per dare una risposta a questa domanda torniamo a sfogliare un documento riportato nella newsletter di “PAF Portale Agenti Fisici”, un portale realizzato dal Laboratorio Agenti Fisici del Dipartimento di Prevenzione dell’ Azienda Sanitaria USL 7 Siena che riporta diverse banche dati utili per la valutazione dei rischi di vari agenti fisici.

Nel documento “Campi Elettromagnetici in ambito Sanitario: valutazione e prevenzione dei rischi”, a cura della AUSL 7 Siena Laboratorio Sanità Pubblica Agenti Fisici e dell’Istituto di Fisica Applicata di Firenze, sono comunicati i principali risultati delle valutazioni del rischio da esposizione a campi elettromagnetici (CEM) condotte dagli autori presso le strutture sanitarie della Regione Toscana.

Il documento, che si sofferma su vari aspetti del rischio dell’esposizione a CEM, contiene anche una scheda sintetica delle sorgenti, come individuate a seguito di un censimento del parco macchine in uso presso le strutture sanitarie pubbliche del territorio regionale Toscano e con riferimento agli apparecchi elettromedicali che rispondono ai requisiti delle situazioni da approfondire secondo l’impianto della norma CEI EN 50499 “Procedura per la valutazione dell’esposizione dei lavoratori a campi elettromagnetici”.

Ricordando che dalla trattazione sono esclusi, con motivazioni esplicitate nel documento, alcuni apparati (ad esempio sono esclusi gli apparecchi per tomografia a risonanza magnetica nucleare perché soggetti a specifica normativa di sicurezza), ogni scheda contiene una descrizione generica dell’apparato e dei campi generati, le criticità riscontrate durante la procedura di valutazione, i risultati delle valutazioni, le specifiche misure di tutela da adottare e indicazioni sull’acquisto e collaudo di nuovi macchinari.

Ci soffermiamo brevemente oggi su alcuni degli apparecchi elettromedicali trattati.

Riguardo agli apparati per la diatermia (chiamati anche secondo la Classificazione Nazionale dei Dispositivi Medici “apparecchiature per elettroterapia”) si indica che questi apparati possono essere considerati come sorgenti non intenzionali di campo elettrico e magnetico, cioè apparati il cui funzionamento non è intrinsecamente legato all’emissione di campo elettrico e magnetico, che quindi può essere considerata come un effetto indesiderato.
Ricordiamo che la diatermia è una pratica che si basa sull’applicazione al distretto fisico da trattare di una differenza di potenziale, mediante due applicatori (un manipolo e una piastra di ritorno), a frequenze che possono andare da qualche centinaio di kHz a qualche centinaio di MHz.
Rimandando ad una lettura integrale del documento e delle misure indicate per le varie sorgenti, riguardo a questi apparati riprendiamo le criticità frequentemente riscontrate.
In particolare la maggior parte delle criticità attualmente riscontrabili nell’impiego della diatermia a onde medie sono relative ai seguenti aspetti:
-         talvolta gli operatori adottano metodiche di lavoro tali da incrementare l’esposizione personale a campi elettromagnetici, ad esempio mantenendo a contatto con il corpo i cavi di collegamento degli elettrodi o tenendo la piastra a diretto contatto con la mano invece di utilizzare il manipolo porta elettrodo;
-         i manuali di istruzioni degli apparati generalmente non riportano informazioni di sicurezza complete per la prevenzione del rischio da esposizione a campi elettromagnetici;
-         la valutazione per via strumentale dei livelli di campo può essere difficoltosa a causa della scarsità di strumenti di misura adatti, con particolare riferimento alla protezione dagli effetti di stimolazione, ed alla necessità di determinare i valori di picco istantaneo dei campi.

Veniamo invece agli elettrobisturi, un apparecchio elettromedicale che sfrutta una corrente elettrica alternata ad alta frequenza, fatta passare attraverso i tessuti da trattare per ottenere funzionalità di taglio o di coagulazione.

In questo caso non ci soffermiamo sulle criticità, ma passiamo direttamente alle misure di tutela, ricordando che dalle valutazioni effettuate è emerso che gli elettrobisturi di tipo monopolare comportano un’esposizione ai CEM per gli operatori significativamente più elevata di quelli di tipo bipolare.
Dunque per gli operatori che utilizzano gli elettrobisturi monopolari e per tutti coloro che si trovano ad operare in prossimità di tali apparati in condizioni di macchinario acceso devono essere predisposte e attuate le misure di tutela prescritte dalla vigente normativa ed in particolare quelle elencate nel seguito:
-         il macchinario deve essere installato in locale adibito a un suo uso esclusivo;
-         tutti i lavoratori, anche se non direttamente addetti all’impiego degli elettrobisturi, che abbiano necessità di accedere all’area in prossimità dell’apparato ove si riscontra il superamento dei livelli di riferimento per la popolazione dovranno essere sottoposti a una valutazione dell’idoneità di esposizione a campi elettromagnetici da parte del medico competente;
-         al fine di prevenire l’esposizione ai campi elettromagnetici di soggetti con controindicazioni, e in applicazione di quanto prescritto dalla vigente normativa, dovrà essere affissa idonea segnaletica all’ingresso della sala di impiego dell’apparato (nel documento sono riportati i segnali per la delimitazione dell’ambiente ad accesso controllato);
-         per gli operatori che utilizzano elettrobisturi monopolari o che si trovano a operare nelle vicinanze degli stessi dovranno essere messe in atto le misure di tutela specifiche prescritte dalla vigente normativa tra le quali: valutazione di idoneità all’esposizione a campi elettromagnetici da parte del medico competente e controlli sanitari periodici; formazione degli operatori sul rischio da esposizione a campi elettromagnetici e addestramento sulle idonee procedure di lavoro da adottare al fine di ridurre l’esposizione durante l’impiego del macchinario;
-         la presenza di oggetti metallici in zone di campo intenso nei pressi dell’apparato deve essere trattata con cautela, tenendo presenti le eventuali avvertenze riportate nella documentazione e se necessario contattando il costruttore o il distributore;
-         tutti i lavoratori che hanno accesso alla sala di installazione degli apparati dovranno essere formati sugli effetti dell’esposizione e sulle controindicazioni all’esposizione (nel documento è riportato, in una tabella, un elenco dei soggetti con controindicazioni all’esposizione a campi elettromagnetici di intensità superiore ai livelli di riferimento, ad esempio portatori di pace-maker o donne in gravidanza);
-         i soggetti indicati in questa tabella possono accedere alle aree ad accesso limitato solo previa autorizzazione rilasciata dal responsabile dell’apparecchiatura.

Concludiamo questo breve viaggio attraverso le problematiche delle varie apparecchiature elettromedicali, riportando infine le criticità frequentemente riscontrate in relazione agli stimolatori magnetici transcranici (la Stimolazione Magnetica Transcranica TMS, è una metodica che consente di stimolare o inibire la corteccia cerebrale in modo non invasivo).

In questo caso la maggior parte delle criticità riscontrate nell’impiego di tali apparati, come emerse nel corso delle indagini e valutazioni degli autori, sono relative ai seguenti aspetti:
-         i manuali di istruzioni degli apparati generalmente non riportano informazioni di sicurezza adeguate inerenti la prevenzione del rischio da esposizione a CEM per gli operatori e le persone del pubblico che si trovino in prossimità dell’apparato;
-         i locali ove sono installate le apparecchiature non sono solitamente individuati come aree specifiche ad accesso regolamentato, precluse ai soggetti con controindicazioni all’esposizione;
-         talvolta si riscontrano esposizioni a CEM superiori ai livelli di riferimento per la popolazione anche esternamente ai locali ove sono installate le apparecchiature, con conseguenti rischi per eventuali soggetti con controindicazione all’esposizione che si trovino in tali aree;
-         l’eventuale operatore che impugna l’applicatore è molto spesso esposto a livelli di campo superiori ai valori di azione per i lavoratori; questo tuttavia non implica necessariamente un superamento dei valori limite di esposizione;
-         per motivi clinici, l’utilizzo degli appositi supporti, che pure esistono, non sempre è possibile o accettato, specialmente quando l’operatore desidera avere il pieno controllo dell’area stimolata.

Ricordiamo che nel documento sono trattati e analizzati le seguenti apparecchiature:
-         apparati per magnetoterapia;
-         apparati per diatermia;
-         elettrobisturi;
-         defibrillatori;
-         stimolatori magnetici transcranici;
-         spettrometri ad assorbimento atomico con correzione Zeeman.

Il link del Portale Agenti Fisici (PAF) è:

Il documento “Campi Elettromagnetici in ambito Sanitario: valutazione e prevenzione dei rischi”, a cura della AUSL 7 Siena Laboratorio Sanità Pubblica Agenti Fisici e dell’Istituto di Fisica Applicata di Firenze è scaricabile all’indirizzo:



DAL 18 NOVEMBRE IN VIGORE LE NUOVE NORME TECNICHE DI PREVENZIONE INCENDI

Da: PuntoSicuro
16 novembre 2015

Con l’entrata in vigore del Decreto del Ministero dell’Interno del 3 agosto 2015 e dell’allegato contenente le norme tecniche di prevenzione incendi, dal 18 novembre 2015 è vigente il nuovo Codice di Prevenzione Incendi.

“Il presente Decreto entra in vigore il novantesimo giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”, si conclude con queste disposizioni finali il Decreto del Ministero dell’Interno del 3 agosto 2015 recante “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del Decreto Legislativo 8 marzo 2006, n.139”, il Decreto che contiene il cosiddetto nuovo “Codice di Prevenzione Incendi” che PuntoSicuro ha seguito in questi anni, attraverso articoli e interviste, fin dalle sue prime bozze.
E ricordando che il Decreto Ministeriale del 3 agosto 2015 stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 20 agosto, l’entrata in vigore del nuovo Codice è dunque fissata per il prossimo 18 novembre 2015.

Più volte abbiamo ricordato l’importanza di questo Codice per i concetti che ne sono alla base e per l’approccio metodologico che viene sottolineato e potenziato.
Il Codice nasce dalla necessità di semplificare e razionalizzare l’attuale corpo normativo relativo alla prevenzione degli incendi attraverso l’introduzione (si indica nel Decreto) “di un unico testo organico e sistematico di disposizioni di prevenzione incendi applicabili ad attività soggette ai controlli di prevenzione incendi e mediante l’utilizzo di un nuovo approccio metodologico più aderente al progresso tecnologico e agli standard internazionali”.

Ricordiamo brevemente che le norme tecniche (come dichiarato nella presentazione ufficiale di una bozza del Codice nell’aprile del 2014) si basano sui seguenti principi:
-         generalità: le medesime metodologie di progettazione della sicurezza antincendio descritte possono essere applicate a tutte le attività;
-         semplicità: laddove esistano diverse possibilità per raggiungere il medesimo risultato si prediligono soluzioni più semplici, realizzabili, comprensibili, per le quali è più facile operare la revisione;
-         modularità: l’intera materia è strutturata in moduli di agevole accessibilità, che guidano il progettista antincendio alla individuazione di soluzioni progettuali appropriate per la specifica attività;
-         flessibilità: per ogni livello di prestazione di sicurezza antincendio richiesto all’attività sono indicate diverse soluzioni progettuali prescrittive o prestazionali; sono, inoltre, definiti metodi riconosciuti che valorizzano l’ingegneria antincendio, che consentono al progettista antincendio di individuare, autonomamente, specifiche soluzioni progettuali alternative e dimostrarne la validità, nel rispetto degli obiettivi di sicurezza antincendio;
-         standardizzazione e integrazione: il linguaggio in materia di prevenzione incendi è conforme agli standard internazionali e sono unificate le diverse disposizioni previste nei documenti esistenti della prevenzione incendi in ambito nazionale;
-         inclusione: le persone che frequentano le attività sono considerate un fattore sensibile nella progettazione della sicurezza antincendio, in relazione anche alle diverse abilità (ad esempio motorie, sensoriali, cognitive, ecc.), temporanee o permanenti;
-         contenuti basati sull’evidenza: il documento è basato su ricerca, valutazione e uso sistematico dei risultati della ricerca scientifica nazionale ed internazionale nel campo della sicurezza antincendio;
-         aggiornabilità: il documento è redatto in modo da poter essere facilmente aggiornato al continuo avanzamento tecnologico e delle conoscenze.

Tuttavia al di là dell’ impostazione metodologica e dei principi più volte presentati dai media e nei convegni in questi anni, il Codice contiene anche delle novità in materia di norme tecniche?

Abbiamo rivolto questa domanda al dirigente dei Vigili del Fuoco Fabio Dattilo, la cui risposta è stata:
“Sì, ci sono delle novità. Ad esempio è stato introdotto l’indice di rischio che prima non c’era, poi è stato introdotto un rischio relativo alla vulnerabilità delle persone. Non sono molte le novità, ma sono significative. Come ad esempio il calcolo delle vie di esodo, il calcolo degli impianti di ventilazione, il calcolo della compartimentazione e delle distanze di sicurezza. Per il resto il Codice è un aggiornamento rispetto ai migliori standard europei e mondiali di tecnologia e tecnica antincendio. Aggiornamenti che portano il nostro Codice ad essere tra gli strumenti più aggiornati in Europa”.

Nell’allegato del Decreto del 3 agosto 2015, relativo alle “Norme tecniche di prevenzione incendi”, le prime due sezioni (Generalità e Strategia antincendio) introducono le nuove regole generali applicabili per la progettazione antincendio.
Sono le Regole Tecniche Orizzontali (RTO) che riportano i criteri e i metodi che consentono di determinare le misure di sicurezza antincendio per tutte le attività soggette al controllo del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco.
Mentre la terza sezione contiene le contiene le Regole Tecniche Verticali (RTV) di prevenzione incendi, applicabili a specifiche attività o ad ambiti di esse, che saranno implementate nel tempo.

Riportiamo a questo proposito anche la sottolineatura, fatta da Calogero Turturici (Comandante dei Vigili del Fuoco di Asti), sull’importanza delle RTO nel nuovo Codice:
“L’elaborazione delle RTO è uno sforzo importantissimo del Corpo Nazionale per tracciare una strada ai progettisti, ai titolari di aziende e anche ai funzionari delegati alla vigilanza negli ambienti soggetti al controllo di prevenzione incendi su come fare la valutazione dei rischi e su come verificare la valutazione dei rischi, per quanto riguarda i Vigili del Fuoco, in modo da raggiungere nel miglior modo possibile e ottimizzando le risorse gli obiettivi strategici sulla sicurezza antincendio”.

Ricordando di nuovo che il provvedimento, il codice, le nuove regole entrano in vigore il 18 novembre, concludiamo riportando la struttura delle “Norme tecniche di prevenzione incendi”:

Sezione G “Generalità” (contiene i principi fondamentali per la progettazione della sicurezza antincendio, applicabili indistintamente alle diverse attività):
G.1 Termini, definizioni e simboli grafici
G.2 Progettazione per la sicurezza antincendio
G.3 Determinazione dei profili di rischio delle attività

Sezione S “Strategia antincendio” (contiene le misure antincendio di prevenzione, protezione e gestionali applicabili alle diverse attività, per comporre la strategia antincendio al fine di ridurre il rischio di incendio):
S.1 Reazione al fuoco
S.2 Resistenza al fuoco
S.3 Compartimentazione
S.4 Esodo
S.5 Gestione della sicurezza antincendio
S.6 Controllo dell’incendio
S.7 Rivelazione ed allarme
S.8 Controllo di fumi e calore
S.9 Operatività antincendio
S.10 Sicurezza degli impianti tecnologici e di servizio

Sezione V “Regole tecniche verticali” (contiene le regole tecniche di prevenzione incendi, applicabili a specifiche attività o ad ambiti di esse, che saranno implementate nel tempo):
V.1 Aree a rischio specifico
V.2 Aree a rischio per atmosfere esplosive
V.3 Vani degli ascensori

Sezione M “Metodi” (descrizione delle metodologie progettuali):
M.1 Metodologia per l’ingegneria della sicurezza antincendio
M.2 Scenari di incendio per la progettazione prestazionale
M.3 Salvaguardia della vita con la progettazione prestazionale

Il Decreto del Ministero dell’Interno 3 agosto 2015 “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139” è scaricabile all’indirizzo:



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