NEWSLETTER PER LA TUTELA DELLA SALUTE
E DELLA
SICUREZZA DEI LAVORATORI
INDICE
L’OBBLIGO DI CONSEGNA
DEL DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI AL RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI PER
LA SICUREZZA
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1
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CASSAZIONE:
LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO SE LE ASSENZE DEL LAVORATORE SONO DOVUTE A
PATOLOGIE PROFESSIONALI
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4
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MEDICO COMPETENTE: ATTIVITA’ E
OBBLIGHI
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5
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IL D.LGS. 151/2015 E LE MODIFICHE IN MATERIA DI
ATTREZZATURE DI LAVORO
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7
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CAMPI ELETTROMAGNETICI: L’USO
SICURO DEGLI APPARECCHI ELETTROMEDICALI
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9
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DAL 18 NOVEMBRE IN VIGORE LE NUOVE
NORME TECNICHE DI PREVENZIONE INCENDI
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12
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L’OBBLIGO DI
CONSEGNA DEL DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI AL RAPPRESENTANTE DEI
LAVORATORI PER LA SICUREZZA
LE
CONSULENZE DI SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! – N.69
Come
sapete, uno degli obiettivi del progetto SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! è anche
quello di fornire consulenze gratuite a tutti coloro che ne fanno richiesta, su
tematiche relative a salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Da quando è nato il progetto ho ricevuto decine di richieste e devo dire
che per me è stato motivo di orgoglio poter contribuire con le mie risposte a
fare chiarezza sui diritti del lavoratori.
Mi sembra doveroso condividere con tutti quelli che hanno la pazienza di
leggere le mie newsletters, queste consulenze.
Esse trattano di argomenti vari sulla materia e possono costituire
un’utile fonte di informazione per tutti coloro che hanno a che fare con casi
simili o analoghi.
Ovviamente per evidenti motivi di riservatezza ometterò il nome delle
persone che mi hanno chiesto chiarimenti e delle aziende coinvolte.
Marco Spezia
QUESITO
Buongiorno
Marco,
sono RSU e
RLS di azienda del settore metalmeccanico e avrei bisogno di un consiglio.
Circa due
mesi fa ho presentato al Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione
della mia azienda, regolare richiesta di copia del Documento di Valutazione dei
Rischi.
Da allora a
oggi nessuna risposta ufficiale ma solo rimandi.
La mie
domande sono:
Che spazi di
manovra ho per poter mettere l'azienda con le spalle al muro se continua a non
volermelo consegnare?
Posso
obbligare l'azienda a consegnarmi la copia che ho formalmente richiesto?
In che modo?
Attendo
fiduciosa e ti ringrazio anticipatamente.
RISPOSTA
Ciao,
relativamente
alla consegna del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) al Rappresentante del Lavoratori per la Sicurezza (RLS), il Decreto
Legislativo 81 del 2008 (Decreto) è molto chiaro, ponendolo a carico del datore
di lavoro o dei dirigenti come obbligo sanzionabile.
Infatti
l’articolo 18, comma 1, lettera o) (obblighi sanzionabili a carico del datore
di lavoro e dei dirigenti) del Decreto dispone che :
“Il datore di lavoro [...], e i dirigenti [...] devono consegnare tempestivamente al
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su richiesta di questi e per
l'espletamento della sua funzione, copia del documento di cui all'articolo 17,
comma 1, lettera a) [documento di valutazione dei rischi], anche su
supporto informatico come previsto dall'articolo 53, comma 5,[...]; il documento è consultato esclusivamente in azienda”.
Il mancato adempimento di tale obbligo è sanzionato dall’articolo 55,
comma 1, del Decreto con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 750 a 4.000 euro.
Tale obbligo è d’altronde enunciato dal Decreto,
anche come diritto (attribuzione) del RLS.
L’articolo
50, comma 1, lettera e) del Decreto (attribuzioni dei RLS) afferma infatti che:
“Fatto salvo quanto stabilito in sede di
contrattazione collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla valutazione
dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti alle
sostanze ed ai preparati pericolosi, alle macchine, agli impianti, alla
organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli infortuni ed alle malattie
professionali”.
Quindi,
secondo il Decreto, è evidente che il RLS debba ricevere tutta la
documentazione aziendale relativa a salute e sicurezza, tra cui il DVR.
Come
già detto la mancata consegna del DVR al RLS è peraltro un reato sanzionabile
penalmente.
Il
problema si pone sulle modalità di consegna, in quanto il citato articolo 18,
comma 1, lettera o), relativamente al DVR, afferma che “il documento è consultato esclusivamente in azienda”.
Cosa
significhi nella pratica ciò non è stato ancora specificato, in modo univoco in
sede legislativa.
Non è
stato quindi ancora specificato se la consegna e la consultazione prevede solo
la mera disponibilità del documento in azienda, senza però che esso possa
essere fotocopiato o portato fuori della azienda, oppure se sussiste
quest’ultima possibilità.
La Commissione
interpelli (Interpello
in materia di sicurezza n.52 del 19 dicembre 2008) alla specifica domanda
riguardante la “possibilità di consegna al rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza del documento di valutazione dei rischi unicamente su supporto
informatico” ha
dato la seguente risposta:
“Non essendo
prevista alcuna formalità per la consegna del documento, l’adempimento
all’obbligo di legge è comunque garantito mediante consegna dello stesso su
supporto informatico, anche se utilizzabile solo su terminale video messo a disposizione
del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza giacché tale modalità,
consentendo la disponibilità del documento in qualsiasi momento ed in qualsiasi
area all’interno dei locali aziendali, non pregiudica lo svolgimento effettivo
delle funzioni del RLS”.
Che sinceramente non chiarisce molto la questione,
anche se afferma la necessità della “disponibilità
del documento in qualsiasi momento ed in qualsiasi area all’interno dei locali
aziendali”.
Più chiarificatrice (e decisamente più orientata a una
garanzia reale delle attribuzioni del RLS) è la Sentenza del 29 gennaio 2010 della
Sezione Lavoro del Tribunale Ordinario di Milano che a tale proposito ha
affermato che:
“Ad ogni modo, poiché il ruolo del RLS
all'interno dell'azienda è posto a presidio e controllo della salvaguardia di
intessi di primaria importanza, quali sono quelli relativi alla salute dei
lavoratori ne deriva che il datore di lavoro dovrà consentire al RLS la
consultazione del DVR per tutto il tempo che sarà necessario, tenuto conto
della eventuale complessità del documento stesso. Non è dunque controvertibile
il fatto che il datore di lavoro abbia l'obbligo di consegna del DVR al RLS;
ciò che è cambiato è la possibilità alternativa per il RLS di richiedere in
quale forma preferisca consultare il documento stesso”.
Al
di là dell’affermazione di cui sopra, tale Sentenza ha valore particolarmente
significativo poiché conferma il decreto ingiuntivo con cui il RLS aziendale
aveva chiesto di poter consultare il DVR al di fuori della azienda e quindi,
eventualmente di fotocopiarlo.
Tieni
conto che la sentenza di cui sopra non ha ancora valore giurisprudenziale (e
quindi di orientamento in futuri atti giudiziari), non essendo ancora passata
in giudicato (avvallata cioè dalla Corte di Cassazione)
Inoltre
un’altra Sentenza (questa volta del TAR della Sicilia) ha enunciato il diritto
di ogni lavoratore, quindi non solo del RLS, di poter ricevere una copia del
DVR (Sentenza numero 799/2003 del 13 maggio 2003 del Tribunale
Amministrativo per la Sicilia).
Anche
in tal caso la sentenza non ha ancora valore giurisprudenziale non essendo
ancora avvallata dalla Corte di Cassazione.
In
conclusione, io ti consiglieri di inoltrare ancora la richiesta del DVR alla
tua azienda, a fronte di quanto sopra riportato.
A
seguire riporto la richiesta che dovresti inoltrare alla tua azienda in maniera
formale, cioè con Raccomandata con Ricevuta di Ritorno o tramite Posta
Elettronica Certificata (sono gli unici due modi per avere la formalizzazione
dell’invio della richiesta).
La
richiesta va fatta al datore di lavoro o al dirigente delegato in sua vece,
poiché sono loro a cui compete l’obbligo di consegna del DVR (ai sensi
dell’articolo 18, comma 1, lettera o) sopra richiamato), mentre il Responsabile
del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) non avendo potere decisionale
non ha nemmeno obblighi legislativi, come stabilito dal Decreto (a meno che il
datore di lavoro non si avvalga della possibilità di svolgere lui stesso il
ruolo di RSPP).
Se
l’azienda continua a opporsi alla consegna del DVR, inoltra la medesima lettera
alla ASL settore Prevenzione salute e sicurezza sul lavoro, competente per
territorio e per conoscenza alla Procura della Repubblica competente per
territorio, formalizzando così un avviso di reato.
Alla
lettera ti consiglio di aggiungere i riferimenti alle due Sentenze di cui
sopra.
Ti
consiglio di verificare prima, in maniera informale, quale potrà essere la
posizione degli ispettori ASL, per evitare di esporti senza un’opportuna tutela
nei confronti della tua azienda.
In
altre parole, anche se hai ragione, valuta sempre i rapporti di forza tra te (e
gli altri lavoratori) e la tua azienda, per evitare di “bruciarti”.
A
tua disposizione per ulteriori chiarimenti.
Marco
*
* * * *
Al
Datore di Lavoro
oppure
Al
Dirigente
dell’azienda
Continental (esatta denominazione e indirizzo legale)
Con
la presente il sottoscritto Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza richiede
formalmente la consegna da parte della azienda del Documento di Valutazione dei
Rischi di cui agli articoli 17, comma 1, lettera a), 28 e 29 e di cui ai Titoli
successivi al I del Decreto Legislativo n.81 del 9 aprile 2008.
Ricordo
che la consegna del Documento di Valutazione dei Rischi al Rappresentante dei
Lavoratori per la Sicurezza
è sancita, come obbligo a carico del datore di lavoro o dei dirigenti
dall’articolo 18, comma 1, lettera o) del citato Decreto.
Analogamente
ricordo che tra le attribuzioni del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza sancite dal
citato Decreto vi è quella di ricevere la documentazione aziendale relativa
alla tutela della salute e della sicurezza, tra cui il Documento di Valutazione
dei Rischi (articolo 50, comma 1, lettera e) del Decreto.
Rimango
pertanto in attesa di quanto richiesto con la presente.
Data
e firma
CASSAZIONE:
LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO SE LE ASSENZE DEL LAVORATORE SONO DOVUTE A PATOLOGIE
PROFESSIONALI
Da
Studio Cataldi
17
novembre 2015
di
Lucia Izzo
Va
ricalcolato il periodo di comporto.
Salvo
il lavoratore assente a causa di una patologia oculistica che ottiene il
risarcimento danni e 15 mensilità.
Illegittimo
il licenziamento del lavoratore se le assenze che giustificano il provvedimento
disciplinare sono riconducibili a patologie di natura professionale, che non
provvedono a integrare il superamento del periodo di comporto di 12 mesi.
La Corte di Cassazione,
Sezione Lavoro, con la sentenza n. 22823/2015 ha respinto il ricorso proposto
da una srl che si era vista condannare cumulativamente al risarcimento danni e
al pagamento di 15 mensilità dell’ultima retribuzione in favore del lavoratore
illegittimamente licenziato che aveva rinunciato alla reintegra.
Per
la ricorrente i giudici di merito sarebbero incorsi in un travisamento dei
fatti, sbagliando anche nel cumulare una una doppia sanzione ossia un’indennità
risarcitoria ex articolo 18, comma 5 della Legge 300/70 (Statuto dei
Lavoratori) nella misura di quindici mensilità, in sostituzione dell’originaria
domanda di reintegra nel posto di lavoro, nonché il pagamento di tutte le
retribuzioni globali di fatto dovute dalla data del licenziamento a quella del
deposito del ricorso d’appello.
Per
gli Ermellini, il ricorso è infondato.
La Corte d’Appello ha
correttamente accertato il non superamento del periodo di computa attenendosi
agli elementi sottoposti alla sua indagine: una consistente parte delle assenze
indicate nella lettera di licenziamento, poteva essere ricondotta ad una
patologia oculistica di natura professionale confermata in altro giudizio,
passato in giudicato; ricalcolando le assenze, non veniva superato il periodo
di comporto di 12 mesi necessario per fondare il licenziamento.
Inoltre,
nessuna incompatibilità sussiste tra la condanna al pagamento delle 15
mensilità, in sostituzione della reintegra originariamente richiesta dal
lavoratore, e quella al risarcimento del danno nella misura della retribuzione
globale di fatto dovuta dal licenziamento fino al deposito del ricorso d’appello.
Il
fatto che si tratti di due condanne risarcitorie basate su titoli autonomi lo
si ricava proprio dalla lettura dei quarto e dei quinto comma dell’articolo 18
della Legge 300/70, per cui “il diritto al risarcimento del danno conseguente
al licenziamento dichiarato invalido o inefficace, decorrente dal licenziamento
all’effettiva reintegra, è fatto espressamente salvo dal successivo quinto
comma che contempla la facoltà per il lavoratore di chiedere al datore di
lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità
pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto”.
Infondata
anche la censura per cui la ricorrente ritiene che il giudice, ai fini della
determinazione dei danno, non abbia considerato la fruizione, da parte dei
lavoratore, di una rendita erogatagli dall’INAIL: l’erogazione di una tale
rendita per inabilità assolve una funzione di natura assistenziale che è
diversa da quella ristoratrice perseguita dal risarcimento dei danno previsto
dall’articolo 18 della Legge 300/70 in conseguenza dell’accertata illegittimità
del licenziamento.
La Sentenza numero 22823/2015
della Corte di Cassazione Sezione lavoro è scaricabile (previa registrazione
gratuita) all’indirizzo:
MEDICO COMPETENTE: ATTIVITA’ E
OBBLIGHI
Da:
PuntoSicuro
12 novembre
2015
Chi può
svolgere le funzioni di Medico Competente (MC)? Come deve essere svolta
l’attività? Quali sono gli obblighi?
Pubblichiamo
un estratto del documento INAIL “INSULA: Indagine nazionale sulla salute e
sicurezza sul lavoro. Medici competenti” che affronta lo svolgimento
dell’attività di medico competente e gli obblighi.
Le funzioni
di MC (i cui titoli e requisiti sono indicati all’articolo 38 del D.Lgs.81/08 e
s.m.i.) possono essere svolte dal medico che possiede uno dei seguenti titoli:
-
specializzazione
in Medicina del lavoro o in Medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica;
-
docenza in
Medicina del lavoro o in Medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in
Tossicologia industriale o in Igiene industriale o in Fisiologia e igiene del
lavoro o in Clinica del lavoro;
-
autorizzazione
di cui all’articolo 55 del D.Lgs.277/91;
-
specializzazione
in Igiene e medicina preventiva o in Medicina legale;
-
con
esclusivo riferimento al ruolo dei sanitari delle Forze Armate, compresa l’Arma
dei Carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza, svolgimento
di attività di medico nel settore del lavoro per almeno quattro anni.
I medici in
possesso delle specializzazioni in Igiene e medicina preventiva o in Medicina
legale, se alla data di entrata in vigore del D.Lgs.81/08 svolgono o dimostrano
di avere svolto l’attività di MC per almeno un anno nell’arco dei tre anni
precedenti, sono abilitati a svolgere le funzioni di MC; in caso contrario,
sono tenuti a frequentare appositi percorsi formativi universitari.
I medici in
possesso dei titoli e dei requisiti summenzionati sono iscritti nell’elenco dei
MC, istituito presso il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche
Sociali. Infine, per quanto attiene allo svolgimento delle funzioni di MC, è
necessario partecipare al programma Educazione Continua in Medicina (ECM), ai
sensi del D.Lgs.229/99; i crediti previsti dal programma triennale ECM dovranno
essere conseguiti nella misura non inferiore al 70% del totale nella disciplina
“Medicina del lavoro e sicurezza degli ambienti di lavoro”.
Il
D.Lgs.81/08 stabilisce che l’attività di MC debba essere svolta attenendosi ai
principi della Medicina del lavoro e rispettando il Codice Etico della
Commissione Internazionale di Salute Occupazionale (ICOH).
Il MC può
svolgere la propria attività come dipendente o collaboratore di una struttura
esterna pubblica o privata, convenzionata con il Datore di Lavoro (DL), in
qualità di libero professionista oppure come dipendente del DL. A tale riguardo
è importante sottolineare che il dipendente di una struttura pubblica, che sia
assegnato agli uffici che svolgono attività di vigilanza, non può effettuare,
ad alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, l’attività di MC.
Al fine di
permettere l’opportuno svolgimento della sua attività professionale, il DL deve
garantire al MC le opportune e adeguate condizioni di lavoro rispettandone e
garantendone l’autonomia.
Il MC può
avvalersi, per accertamenti diagnostici, della collaborazione di medici
specialisti scelti in accordo con il DL che ne sopporta gli oneri.
Nei casi di
aziende con più unità produttive, nei casi di gruppi d’imprese nonché qualora
la valutazione dei rischi ne evidenzi la necessità, il DL può nominare più MC
individuando tra essi un Medico Competente Coordinatore (MCC) con funzioni di
coordinamento.
La
definizione puntuale degli obblighi e dei compiti del MC è contenuta
nell’articolo 25 del D.Lgs.81/08.
Secondo
quanto stabilito da tale disposto normativo il MC:
-
collabora con
il DL e con il Servizio di Prevenzione e Protezione (SPP) alla redazione del
Documento di valutazione dei Rischi (DVR), anche ai fini della programmazione,
ove necessario, della Sorveglianza Sanitaria (SS), alla predisposizione
dell’attuazione delle misure per la tutela della salute e dell’integrità
psico-fisica dei lavoratori, all’attività di formazione e informazione nei
confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del
servizio di Primo Soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed
esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro
-
collabora
inoltre all’attuazione e alla valorizzazione di programmi volontari di
promozione della salute, secondo i principi della responsabilità sociale;
-
programma ed
effettua la SS
attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e
tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati;
-
istituisce,
aggiorna e custodisce, sotto la propria responsabilità, una cartella sanitaria
e di rischio per ogni lavoratore sottoposto a SS; tale cartella è conservata
con salvaguardia del segreto professionale e, salvo il tempo strettamente
necessario per l’esecuzione della SS e la trascrizione dei relativi risultati,
presso il luogo di custodia concordato al momento della nomina del MC;
-
consegna al
DL, alla cessazione dell’incarico, la documentazione sanitaria in suo possesso,
nel rispetto delle disposizioni di cui al D.Lgs.196/03 [codice sulla privacy] e
con salvaguardia del segreto professionale;
-
consegna al
lavoratore, alla cessazione del rapporto di lavoro, copia della cartella
sanitaria e di rischio, e gli fornisce le informazioni necessarie relative alla
conservazione della medesima; l’originale della cartella sanitaria e di rischio
va conservata, nel rispetto di quanto disposto dal D.Lgs.196/03 da parte del
DL, per almeno dieci anni, salvo il diverso termine previsto da altre
disposizioni del D.Lgs.81/08;
-
fornisce
informazioni ai lavoratori sul significato della SS cui sono sottoposti e, nel
caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di
sottoporsi ad accertamenti sanitari, anche dopo la cessazione dell’attività che
comporta l’esposizione a tali agenti; fornisce altresì, a richiesta,
informazioni analoghe ai Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS);
-
informa ogni
lavoratore interessato dei risultati della SS e, a richiesta dello stesso, gli
rilascia copia della documentazione sanitaria;
-
comunica per
iscritto, in occasione delle riunioni di cui all’articolo 35 del D.Lgs.81/08,
al DL, al Responsabile del SPP e ai RLS, i risultati anonimi collettivi della
SS effettuata e fornisce indicazioni sul significato di detti risultati ai fini
dell’attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità
psico-fisica dei lavoratori;
-
visita gli
ambienti di lavoro almeno una volta all’anno o a cadenza diversa che stabilisce
in base al DVR; l’indicazione di una periodicità diversa dall’annuale deve
essere comunicata al DL ai fini della sua annotazione nel DVR;
-
partecipa
alla programmazione del controllo dell’esposizione dei lavoratori i cui
risultati gli sono forniti con tempestività ai fini della redazione del DVR e
della SS;
-
comunica,
mediante autocertificazione, il possesso dei titoli e requisiti di cui
all’articolo 38 del D.Lgs.81/08, al Ministero del Lavoro, della Salute e delle
Politiche Sociali.
Il documento
INAIL “INSULA: Indagine nazionale sulla salute e sicurezza sul lavoro. Medici
competenti” è scaricabile all’indirizzo:
IL D.LGS. 151/2015 E LE MODIFICHE IN
MATERIA DI ATTREZZATURE DI LAVORO
Da:
PuntoSicuro
12 novembre
2015
La modifica
alla definizione di “operatore” nell’articolo 69 del Testo Unico in materia di
attrezzature di lavoro.
La
definizione, la normativa e le conseguenze sull’abilitazione degli operatori
richiesta dall’Accordo del 22 febbraio 2012.
Il Decreto
Legislativo 14 settembre 2015, n. 151 recante “Disposizioni di
razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a
carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di
lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” ha modificato in più
punti il Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei
luoghi di lavoro (D.Lgs.81/08).
Modifiche di
vario genere e entità nate con l’obiettivo, in realtà, non solo di
razionalizzare e semplificare gli adempimenti, ma anche di attuare piccole
correzioni e di colmare alcune lacune del Testo Unico.
Una delle
modifiche, di cui si è invero parlato molto poco, è la variazione di una
definizione contenuta nel Titolo III (Uso delle attrezzature di lavoro e dei
dispositivi di protezione individuale), Capo I (Uso delle attrezzature di
lavoro) del D.Lgs. 81/2008.
Tuttavia “le
parole del legislatore cancellano intere biblioteche” (una frase detta ai
nostri microfoni da Paolo Pascucci, professore di Diritto del lavoro
nell’Università di Urbino Carlo Bo) e dunque anche una piccola variazione in
una definizione può avere grandi conseguenze.
Vediamo
innanzitutto quanto indicato dal nuovo D.Lgs.151/15, all’articolo 20, in merito a questa
“piccola” variazione:
Articolo 20
Modificazioni al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81
1. Al
decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:
[...]
l)
all’articolo 69, comma 1, lettera e), dopo le parole: “il lavoratore incaricato
dell’uso di una attrezzatura di lavoro” sono inserite le seguenti: “o il datore
di lavoro che ne fa uso”;
[...]
Praticamente
viene modificato l’articolo 69 del Testo Unico che riproponiamo nella nuova
versione:
Articolo 69
- Definizioni
1. Agli
effetti delle disposizioni di cui al presente Titolo si intende per:
a)
attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto,
inteso come il complesso di macchine, attrezzature e componenti necessari
all’attuazione di un processo produttivo, destinato ad essere usato durante il
lavoro;
b) uso di
una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa ad una
attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio, l’impiego,
il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia,
il montaggio, lo smontaggio;
c) zona
pericolosa: qualsiasi zona all’interno ovvero in prossimità di una attrezzatura
di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per
la salute o la sicurezza dello stesso;
d)
lavoratore esposto: qualsiasi lavoratore che si trovi interamente o in parte in
una zona pericolosa;
e)
operatore: il lavoratore incaricato dell’uso di una attrezzatura di lavoro o il
datore di lavoro che ne fa uso.
Quali i
motivi di questa variazione?
Questo
quanto contenuto nella relazione illustrativa del D.Lgs.151/15 in merito alla
modifica dell’articolo 69: “Ai fini della definizione di ‘operatore’ incaricato
dell’uso di una attrezzatura di lavoro si introduce il riferimento al datore di
lavoro che ne fa uso. Tale modifica trova fondamento nella necessità di colmare
una lacuna legislativa già superata dall’interpretazione comune dello spirito sotteso
al Testo Unico continuamente oggetto di richiesta di pareri”.
E questa
variazione quali conseguenze può avere?
Ad esempio
palesa la necessità di formazione anche dei datori di lavoro, e non solo dei
lavoratori, in relazione all’uso di attrezzature soggette a specifica
abilitazione, con riferimento a quanto richiesto dall’articolo 73 del Testo
Unico e quanto indicato nell’Accordo del 22 febbraio 2012. L’Accordo concerne
“l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica
abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale
abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi e i requisiti
minimi di validità della formazione, in attuazione dell’articolo 73, comma 5,
del Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modifiche e
integrazioni”.
Se dunque
con operatore si intende espressamente anche il datore di lavoro, è chiaro (con
le modifiche del D.Lgs.151/15) che al datore di lavoro che utilizzi, ad
esempio, un carrello elevatore semovente o una piattaforma di lavoro mobile
elevabile, necessiti la “specifica abilitazione”.
Concludiamo
la presentazione di questa modifica del D.Lgs.81/08 riportando, a titolo
riepilogativo, l’elenco delle attrezzature di lavoro per le quali l’Accordo
richiede la “specifica abilitazione degli operatori”:
-
piattaforme
di lavoro mobili elevabili (PLE);
-
gru a torre;
-
gru mobile;
-
gru per
autocarro;
-
carrelli
elevatori semoventi con conducente a bordo (a braccio telescopico, industriali
semoventi, sollevatori/elevatori semoventi telescopici rotativi);
-
trattori
agricoli o forestali;
-
macchine
movimento terra (escavatori idraulici, a fune, pale caricatrici frontali,
terne, autoribaltabile a cingoli);
-
pompe per
calcestruzzo.
Il Decreto
Legislativo 14 settembre 2015, n. 151 “Disposizioni di razionalizzazione e
semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e
imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari
opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” è scaricabile
all’indirizzo:
Il documento
“Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province
Autonome di Trento e di Bolzano - Accordo del 22 febbraio 2012 concernente
l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una
specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il
riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi
ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell’articolo
73, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive
modifiche e integrazioni” è scaricabile all’indirizzo:
CAMPI ELETTROMAGNETICI: L’USO SICURO
DEGLI APPARECCHI ELETTROMEDICALI
Da:
PuntoSicuro
13 novembre
2015
Un documento
si sofferma sulla valutazione e prevenzione dei rischi dell’esposizione a campi
elettromagnetici in ambito sanitario. Focus su criticità e misure di tutela di
apparati per diatermia, elettrobisturi e stimolatori magnetici transcranici.
Nel settore
sanitario è evidente che, a causa dei particolari apparecchi elettromedicali
utilizzati, spesso i pericoli di esposizione ai campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici sono più elevati rispetto ad altri ambienti e attività
lavorative.
E
PuntoSicuro ha presentato, in precedenti articoli, le principali misure di
tutela comuni alla maggior parte delle situazioni espositive in ambito
sanitario, ad esempio con riferimento ad un’adeguata disposizione delle
postazioni nelle aree di lavoro (gli apparati che emettono campi
elettromagnetici devono essere installati in aree di lavoro adibite
esclusivamente al loro uso) e alla “zonizzazione” (con riferimento, ad esempio,
alla procedura per l’individuazione delle aree soggette a livelli di rischio
diversi).
Tuttavia al
di là di queste misure generali, esistono anche misure specifiche in relazione
all’uso degli apparecchi elettromedicali?
Per dare una
risposta a questa domanda torniamo a sfogliare un documento riportato nella
newsletter di “PAF Portale Agenti Fisici”, un portale realizzato dal
Laboratorio Agenti Fisici del Dipartimento di Prevenzione dell’ Azienda
Sanitaria USL 7 Siena che riporta diverse banche dati utili per la valutazione
dei rischi di vari agenti fisici.
Nel
documento “Campi Elettromagnetici in ambito Sanitario: valutazione e
prevenzione dei rischi”, a cura della AUSL 7 Siena Laboratorio Sanità Pubblica
Agenti Fisici e dell’Istituto di Fisica Applicata di Firenze, sono comunicati i
principali risultati delle valutazioni del rischio da esposizione a campi
elettromagnetici (CEM) condotte dagli autori presso le strutture sanitarie
della Regione Toscana.
Il
documento, che si sofferma su vari aspetti del rischio dell’esposizione a CEM,
contiene anche una scheda sintetica delle sorgenti, come individuate a seguito
di un censimento del parco macchine in uso presso le strutture sanitarie
pubbliche del territorio regionale Toscano e con riferimento agli apparecchi
elettromedicali che rispondono ai requisiti delle situazioni da approfondire
secondo l’impianto della norma CEI EN 50499 “Procedura per la valutazione
dell’esposizione dei lavoratori a campi elettromagnetici”.
Ricordando
che dalla trattazione sono esclusi, con motivazioni esplicitate nel documento,
alcuni apparati (ad esempio sono esclusi gli apparecchi per tomografia a
risonanza magnetica nucleare perché soggetti a specifica normativa di
sicurezza), ogni scheda contiene una descrizione generica dell’apparato e dei
campi generati, le criticità riscontrate durante la procedura di valutazione, i
risultati delle valutazioni, le specifiche misure di tutela da adottare e
indicazioni sull’acquisto e collaudo di nuovi macchinari.
Ci
soffermiamo brevemente oggi su alcuni degli apparecchi elettromedicali
trattati.
Riguardo
agli apparati per la diatermia (chiamati anche secondo la Classificazione Nazionale
dei Dispositivi Medici “apparecchiature per elettroterapia”) si indica che
questi apparati possono essere considerati come sorgenti non intenzionali di
campo elettrico e magnetico, cioè apparati il cui funzionamento non è
intrinsecamente legato all’emissione di campo elettrico e magnetico, che quindi
può essere considerata come un effetto indesiderato.
Ricordiamo
che la diatermia è una pratica che si basa sull’applicazione al distretto
fisico da trattare di una differenza di potenziale, mediante due applicatori
(un manipolo e una piastra di ritorno), a frequenze che possono andare da
qualche centinaio di kHz a qualche centinaio di MHz.
Rimandando
ad una lettura integrale del documento e delle misure indicate per le varie
sorgenti, riguardo a questi apparati riprendiamo le criticità frequentemente
riscontrate.
In
particolare la maggior parte delle criticità attualmente riscontrabili
nell’impiego della diatermia a onde medie sono relative ai seguenti aspetti:
-
talvolta gli
operatori adottano metodiche di lavoro tali da incrementare l’esposizione
personale a campi elettromagnetici, ad esempio mantenendo a contatto con il
corpo i cavi di collegamento degli elettrodi o tenendo la piastra a diretto
contatto con la mano invece di utilizzare il manipolo porta elettrodo;
-
i manuali di
istruzioni degli apparati generalmente non riportano informazioni di sicurezza
complete per la prevenzione del rischio da esposizione a campi
elettromagnetici;
-
la
valutazione per via strumentale dei livelli di campo può essere difficoltosa a
causa della scarsità di strumenti di misura adatti, con particolare riferimento
alla protezione dagli effetti di stimolazione, ed alla necessità di determinare
i valori di picco istantaneo dei campi.
Veniamo
invece agli elettrobisturi, un apparecchio elettromedicale che sfrutta una
corrente elettrica alternata ad alta frequenza, fatta passare attraverso i
tessuti da trattare per ottenere funzionalità di taglio o di coagulazione.
In questo
caso non ci soffermiamo sulle criticità, ma passiamo direttamente alle misure
di tutela, ricordando che dalle valutazioni effettuate è emerso che gli
elettrobisturi di tipo monopolare comportano un’esposizione ai CEM per gli
operatori significativamente più elevata di quelli di tipo bipolare.
Dunque per
gli operatori che utilizzano gli elettrobisturi monopolari e per tutti coloro
che si trovano ad operare in prossimità di tali apparati in condizioni di
macchinario acceso devono essere predisposte e attuate le misure di tutela
prescritte dalla vigente normativa ed in particolare quelle elencate nel
seguito:
-
il
macchinario deve essere installato in locale adibito a un suo uso esclusivo;
-
tutti i
lavoratori, anche se non direttamente addetti all’impiego degli elettrobisturi,
che abbiano necessità di accedere all’area in prossimità dell’apparato ove si
riscontra il superamento dei livelli di riferimento per la popolazione dovranno
essere sottoposti a una valutazione dell’idoneità di esposizione a campi
elettromagnetici da parte del medico competente;
-
al fine di
prevenire l’esposizione ai campi elettromagnetici di soggetti con
controindicazioni, e in applicazione di quanto prescritto dalla vigente
normativa, dovrà essere affissa idonea segnaletica all’ingresso della sala di
impiego dell’apparato (nel documento sono riportati i segnali per la
delimitazione dell’ambiente ad accesso controllato);
-
per gli
operatori che utilizzano elettrobisturi monopolari o che si trovano a operare
nelle vicinanze degli stessi dovranno essere messe in atto le misure di tutela
specifiche prescritte dalla vigente normativa tra le quali: valutazione di
idoneità all’esposizione a campi elettromagnetici da parte del medico
competente e controlli sanitari periodici; formazione degli operatori sul
rischio da esposizione a campi elettromagnetici e addestramento sulle idonee
procedure di lavoro da adottare al fine di ridurre l’esposizione durante
l’impiego del macchinario;
-
la presenza
di oggetti metallici in zone di campo intenso nei pressi dell’apparato deve
essere trattata con cautela, tenendo presenti le eventuali avvertenze riportate
nella documentazione e se necessario contattando il costruttore o il
distributore;
-
tutti i
lavoratori che hanno accesso alla sala di installazione degli apparati dovranno
essere formati sugli effetti dell’esposizione e sulle controindicazioni
all’esposizione (nel documento è riportato, in una tabella, un elenco dei
soggetti con controindicazioni all’esposizione a campi elettromagnetici di
intensità superiore ai livelli di riferimento, ad esempio portatori di
pace-maker o donne in gravidanza);
-
i soggetti
indicati in questa tabella possono accedere alle aree ad accesso limitato solo
previa autorizzazione rilasciata dal responsabile dell’apparecchiatura.
Concludiamo
questo breve viaggio attraverso le problematiche delle varie apparecchiature
elettromedicali, riportando infine le criticità frequentemente riscontrate in
relazione agli stimolatori magnetici transcranici (la Stimolazione Magnetica
Transcranica TMS, è una metodica che consente di stimolare o inibire la
corteccia cerebrale in modo non invasivo).
In questo
caso la maggior parte delle criticità riscontrate nell’impiego di tali
apparati, come emerse nel corso delle indagini e valutazioni degli autori, sono
relative ai seguenti aspetti:
-
i manuali di
istruzioni degli apparati generalmente non riportano informazioni di sicurezza
adeguate inerenti la prevenzione del rischio da esposizione a CEM per gli
operatori e le persone del pubblico che si trovino in prossimità dell’apparato;
-
i locali ove
sono installate le apparecchiature non sono solitamente individuati come aree
specifiche ad accesso regolamentato, precluse ai soggetti con controindicazioni
all’esposizione;
-
talvolta si
riscontrano esposizioni a CEM superiori ai livelli di riferimento per la
popolazione anche esternamente ai locali ove sono installate le
apparecchiature, con conseguenti rischi per eventuali soggetti con
controindicazione all’esposizione che si trovino in tali aree;
-
l’eventuale
operatore che impugna l’applicatore è molto spesso esposto a livelli di campo superiori
ai valori di azione per i lavoratori; questo tuttavia non implica
necessariamente un superamento dei valori limite di esposizione;
-
per motivi
clinici, l’utilizzo degli appositi supporti, che pure esistono, non sempre è
possibile o accettato, specialmente quando l’operatore desidera avere il pieno
controllo dell’area stimolata.
Ricordiamo
che nel documento sono trattati e analizzati le seguenti apparecchiature:
-
apparati per
magnetoterapia;
-
apparati per
diatermia;
-
elettrobisturi;
-
defibrillatori;
-
stimolatori
magnetici transcranici;
-
spettrometri
ad assorbimento atomico con correzione Zeeman.
Il link del
Portale Agenti Fisici (PAF) è:
Il documento
“Campi Elettromagnetici in ambito Sanitario: valutazione e prevenzione dei
rischi”, a cura della AUSL 7 Siena Laboratorio Sanità Pubblica Agenti Fisici e
dell’Istituto di Fisica Applicata di Firenze è scaricabile all’indirizzo:
DAL 18 NOVEMBRE IN VIGORE LE NUOVE
NORME TECNICHE DI PREVENZIONE INCENDI
Da:
PuntoSicuro
16 novembre
2015
Con
l’entrata in vigore del Decreto del Ministero dell’Interno del 3 agosto 2015 e
dell’allegato contenente le norme tecniche di prevenzione incendi, dal 18
novembre 2015 è vigente il nuovo Codice di Prevenzione Incendi.
“Il presente
Decreto entra in vigore il novantesimo giorno successivo alla data di
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”, si conclude
con queste disposizioni finali il Decreto del Ministero dell’Interno del 3
agosto 2015 recante “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai
sensi dell’articolo 15 del Decreto Legislativo 8 marzo 2006, n.139”, il Decreto
che contiene il cosiddetto nuovo “Codice di Prevenzione Incendi” che
PuntoSicuro ha seguito in questi anni, attraverso articoli e interviste, fin
dalle sue prime bozze.
E ricordando
che il Decreto Ministeriale del 3 agosto 2015 stato pubblicato in Gazzetta
Ufficiale il 20 agosto, l’entrata in vigore del nuovo Codice è dunque fissata
per il prossimo 18 novembre 2015.
Più volte
abbiamo ricordato l’importanza di questo Codice per i concetti che ne sono alla
base e per l’approccio metodologico che viene sottolineato e potenziato.
Il Codice
nasce dalla necessità di semplificare e razionalizzare l’attuale corpo
normativo relativo alla prevenzione degli incendi attraverso l’introduzione (si
indica nel Decreto) “di un unico testo organico e sistematico di disposizioni
di prevenzione incendi applicabili ad attività soggette ai controlli di
prevenzione incendi e mediante l’utilizzo di un nuovo approccio metodologico
più aderente al progresso tecnologico e agli standard internazionali”.
Ricordiamo
brevemente che le norme tecniche (come dichiarato nella presentazione ufficiale
di una bozza del Codice nell’aprile del 2014) si basano sui seguenti principi:
-
generalità:
le medesime metodologie di progettazione della sicurezza antincendio descritte
possono essere applicate a tutte le attività;
-
semplicità:
laddove esistano diverse possibilità per raggiungere il medesimo risultato si
prediligono soluzioni più semplici, realizzabili, comprensibili, per le quali è
più facile operare la revisione;
-
modularità:
l’intera materia è strutturata in moduli di agevole accessibilità, che guidano
il progettista antincendio alla individuazione di soluzioni progettuali
appropriate per la specifica attività;
-
flessibilità:
per ogni livello di prestazione di sicurezza antincendio richiesto all’attività
sono indicate diverse soluzioni progettuali prescrittive o prestazionali; sono,
inoltre, definiti metodi riconosciuti che valorizzano l’ingegneria antincendio,
che consentono al progettista antincendio di individuare, autonomamente, specifiche
soluzioni progettuali alternative e dimostrarne la validità, nel rispetto degli
obiettivi di sicurezza antincendio;
-
standardizzazione
e integrazione: il linguaggio in materia di prevenzione incendi è conforme agli
standard internazionali e sono unificate le diverse disposizioni previste nei
documenti esistenti della prevenzione incendi in ambito nazionale;
-
inclusione:
le persone che frequentano le attività sono considerate un fattore sensibile
nella progettazione della sicurezza antincendio, in relazione anche alle
diverse abilità (ad esempio motorie, sensoriali, cognitive, ecc.), temporanee o
permanenti;
-
contenuti
basati sull’evidenza: il documento è basato su ricerca, valutazione e uso
sistematico dei risultati della ricerca scientifica nazionale ed internazionale
nel campo della sicurezza antincendio;
-
aggiornabilità:
il documento è redatto in modo da poter essere facilmente aggiornato al
continuo avanzamento tecnologico e delle conoscenze.
Tuttavia al
di là dell’ impostazione metodologica e dei principi più volte presentati dai
media e nei convegni in questi anni, il Codice contiene anche delle novità in
materia di norme tecniche?
Abbiamo
rivolto questa domanda al dirigente dei Vigili del Fuoco Fabio Dattilo, la cui
risposta è stata:
“Sì, ci sono
delle novità. Ad esempio è stato introdotto l’indice di rischio che prima non
c’era, poi è stato introdotto un rischio relativo alla vulnerabilità delle
persone. Non sono molte le novità, ma sono significative. Come ad esempio il
calcolo delle vie di esodo, il calcolo degli impianti di ventilazione, il
calcolo della compartimentazione e delle distanze di sicurezza. Per il resto il
Codice è un aggiornamento rispetto ai migliori standard europei e mondiali di
tecnologia e tecnica antincendio. Aggiornamenti che portano il nostro Codice ad
essere tra gli strumenti più aggiornati in Europa”.
Nell’allegato
del Decreto del 3 agosto 2015, relativo alle “Norme tecniche di prevenzione
incendi”, le prime due sezioni (Generalità e Strategia antincendio) introducono
le nuove regole generali applicabili per la progettazione antincendio.
Sono le
Regole Tecniche Orizzontali (RTO) che riportano i criteri e i metodi che
consentono di determinare le misure di sicurezza antincendio per tutte le
attività soggette al controllo del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco.
Mentre la
terza sezione contiene le contiene le Regole Tecniche Verticali (RTV) di
prevenzione incendi, applicabili a specifiche attività o ad ambiti di esse, che
saranno implementate nel tempo.
Riportiamo a
questo proposito anche la sottolineatura, fatta da Calogero Turturici
(Comandante dei Vigili del Fuoco di Asti), sull’importanza delle RTO nel nuovo
Codice:
“L’elaborazione
delle RTO è uno sforzo importantissimo del Corpo Nazionale per tracciare una
strada ai progettisti, ai titolari di aziende e anche ai funzionari delegati
alla vigilanza negli ambienti soggetti al controllo di prevenzione incendi su
come fare la valutazione dei rischi e su come verificare la valutazione dei
rischi, per quanto riguarda i Vigili del Fuoco, in modo da raggiungere nel
miglior modo possibile e ottimizzando le risorse gli obiettivi strategici sulla
sicurezza antincendio”.
Ricordando
di nuovo che il provvedimento, il codice, le nuove regole entrano in vigore il
18 novembre, concludiamo riportando la struttura delle “Norme tecniche di
prevenzione incendi”:
Sezione G
“Generalità” (contiene i principi fondamentali per la progettazione della
sicurezza antincendio, applicabili indistintamente alle diverse attività):
G.1 Termini,
definizioni e simboli grafici
G.2
Progettazione per la sicurezza antincendio
G.3
Determinazione dei profili di rischio delle attività
Sezione S
“Strategia antincendio” (contiene le misure antincendio di prevenzione,
protezione e gestionali applicabili alle diverse attività, per comporre la
strategia antincendio al fine di ridurre il rischio di incendio):
S.1 Reazione
al fuoco
S.2
Resistenza al fuoco
S.3
Compartimentazione
S.4 Esodo
S.5 Gestione
della sicurezza antincendio
S.6
Controllo dell’incendio
S.7 Rivelazione
ed allarme
S.8
Controllo di fumi e calore
S.9
Operatività antincendio
S.10
Sicurezza degli impianti tecnologici e di servizio
Sezione V
“Regole tecniche verticali” (contiene le regole tecniche di prevenzione
incendi, applicabili a specifiche attività o ad ambiti di esse, che saranno
implementate nel tempo):
V.1 Aree a
rischio specifico
V.2 Aree a
rischio per atmosfere esplosive
V.3 Vani
degli ascensori
Sezione M
“Metodi” (descrizione delle metodologie progettuali):
M.1
Metodologia per l’ingegneria della sicurezza antincendio
M.2 Scenari
di incendio per la progettazione prestazionale
M.3
Salvaguardia della vita con la progettazione prestazionale
Il Decreto
del Ministero dell’Interno 3 agosto 2015 “Approvazione di norme tecniche di
prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo
2006, n. 139”
è scaricabile all’indirizzo:
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