Morì d’amianto, Ansaldo
pagherà maxi risarcimento
Il giudice:
600 mila euro alla famiglia di un operaio morto per mesotelioma
27 novembre
2015
Gli
stabilimenti Ansaldo a Campi
PIÙ di
seicentomila euro, risarcimento che Ansaldo dovrà versare alla famiglia di
G.C., un calderaio che dal 1968 al 1988 aveva lavorato nello stabilimento di
Sampierdarena, dove si costruivano turbine ed impianti per centrali elettriche,
si manipolava l’amianto e il datore di lavoro avrebbe dovuto tutelare gli
operai.
Non è la
prima volta che una morte da mesotelioma ed un risarcimento arrivano in
tribunale. Ma nel caso dell’operaio, deceduto a 70 anni per cancro ai polmoni,
la sentenza del 18 novembre scorso ha qualcosa di inedito nella valutazione del
danno biologico: l’attesa che l’ammalato ha dovuto sopportare prima di arrivare
alla morte, la menomazione psico-fisica, le sofferenze, i patemi d’animo. Più
che altro, la consapevolezza di dover morire. Aspetti, che, quantomeno, sono
destinati a creare un precedente, sopratutto a Genova, dove sono pendenti
centinaia di procedimenti per asbesto: ad Ansaldo, Fincantieri, porto ed altre
aziende, dove fino alla fine degli Anni Ottanta si lavorava a stretto contatto
con il materiale cancerogeno. I datori di lavoro avrebbero dovuto tutelare i
dipendenti. Così non è stato.
Scrivono i giudici: “Il datore di lavoro avrebbe
dovuto adottare tutti gli accorgimenti e presidi preventivi imposti dalla legge
all’epoca vigente... per evitare con una probabilità prossima alla certezza
l’insorgere della patologia e del conseguente decesso di G.C.”. Tant’è che
nella sentenza si legge: “Alla luce di tutte le considerazioni, deve
concludersi che la patologia contratta e che ha condotto al decesso G.C., sia
da imputarsi a responsabilità di Ansaldo, per non aver dimostrato di aver
adottato tutte le misure all’epoca in uso, per evitare o quantomeno, limitare
il danno”. Al tribunale, dopo la morte del calderaio arrivata nel 2000, si sono
rivolti la moglie ed i due figli (non più conviventi con la famiglia),
assistiti dagli avvocati Iside Storace ed Alessandro Palmerini. Ed i giudici
riconoscono anche a loro, come iure successionis, il risarcimento del danno
biologico subito dal loro congiunto: “Per il turbamento d’animo indotto anche a
loro dalla malattia e dall’intensità delle sofferenze che l’hanno
accompagnata”.
Nessun commento:
Posta un commento