mercoledì 27 maggio 2015

27 maggio - Alessandria, Polo Chimico: PER LA DIFESA NESSUN DIRITTO DI RISARCIMENTO?



Continuano le arringhe finali dei difensori. Per l'avvocato Ponzanelli, difensore responsabile civile Solvay, “nessun risarcimento può essere concesso” in quanto “inammissibile e infondato, contrario alla normativa europea e italiana. Presupporrebbe un danno ambientale che non è stato provato”. L'8 giugno si concluderanno le repliche. A settembre annunciata la sentenza.


"Nessun reato dimotrato", ovviamente, secondo le difese. Se non c'è reato, non ci deve essere neppure nessun risarcimento. Cento milioni di euro è quanto l'avvocatura di Stato ha chiesto per riparare il danno ambientale causato dall'inquinamento delle acque da parte delle aziende. Una richiesta senza precedenti, afferma l'avvocato Ponzanelli. Anzi, un procedente ci fu: il caso Seveso "ma c'era un reato consumato". Invece, sempre secondo l'avvocato, ad Alessandria non ci sarebbe reato. "Non è stata dimostrata una responsabilità penale degli imputati da parte del pubblico ministero. Responsabilità che è personale e parziale e non può essere generica". "Nessun risarcimento è dovuto - insiste l'avvocato - per qualsiasi voce, neppure per l'asserito danno ambientale, potrà essere concesso, o anche solo ipotizzato in favore delle parti civili".
La richiesta di risarcimento per il danno ambientale chiesto dal ministero dell'Ambiente, in particolare, "è inammissione ancor prima che infondata, in quanto contraria alla normativa europea e italiana, che ormai ha escluso i risarcimenti pecuniari in favore di misure di riparazione del danno". Secondo l'avvocato, quindi, lo Stato avrebbe dovuto limitarsi a chiedere una bonifica e il ripristino delle condizioni iniziali del sito, e non un risalcimento.
E, in ogni caso, Ponzanelli evidenzia come "all'epoca dell'acquisizione di Ausimont, Montedison aveva offerto una rappresentazione completamente inesatta e inveritiera sulla situazione ambientale dei sito di Spinetta Marengo". "Nessun reato dimostrato" è il concetto filo conduttore delle requisitorie degli avvocati della difesa di Tommasi e Cogliati, ripetuto ormai dalle prime battute del procedimento. "Non è stata dimostrata l'insufficienza nella manutenzione degli impianti (avvocato De Luca per Tommasi)", fatto che invece avrebbe determinato, secondo quanto sosteneva il publico ministero, le ingenti perdite d'acqua, causa dell'alto piezometrico e del dilavamento dei terreni inquinati. "Basata su ipotesi", secondo l'avvocato Accini (per Cogliati) lo perizia dell'accusa, "sostituendo un dato reale con un dato ipotetico", ossia la potenzialità dell'utilizzo a scopi potabili di acque che, all'epoca dei fatti contestati, non lo erano. Si torna in aula l'8 giugno per le ultime arringhe. Poi la Corte di ritirerà per la sentenza, subito dopo l'estate.

26/05/2015



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