dal fatto quotidiano
L’Usb protesta fuori dal centro congressi di via
Cavour a Roma dove l’azienda Mediaworld incontra i sindacati per discutere
della chiusura di sette punti venditain tutta Italia. “Non c’è
democrazia, serve una legge sulla rappresentanza, il sindacato di base
che soprattutto nella Capitale ha parecchi iscritti è escluso dal vertice”
afferma il sindacalista Francesco Iacovone. “Le multinazionali non
possono sfruttare il nostro territorio e andarsene con il primo vento di crisi,
sbattere per strada 906 famiglie” aggiunge. E’ questo il numero degli
esuberi previsto dall’azienda su cui i sindacati dovranno contrattare. Le
soluzione prospettate da Cgil, Cisl e Uil sono i contratti di solidarietà e la
mobilità. “Le ricette che ci propinano, Jobs act, precarietà, non funzionano.
Secondo Renzi siamo fuori dalla crisi? Ecco la prova contraria, siamo noi”
affermano i lavoratori. Il timore è che Mediaworld usi lo stato di crisi per
puntare su una riorganizzazione aziendale del tutto tecnologica, con punti
vendita vetrina, basati su acquisti online. “Vogliono mandarci a casa e assumere
nuovi giovani con il Jobs act, con il contratto a tutele crescenti, è
più conveniente – temono i dipendenti anche di altre catene di distribuzione
come Carrefour, Auchan, Mercatone Uno – e noi dopo anni di lavoro, giovani ma
non troppo, subiamo l’ennesima umiliazione, siamo merce da scaricare” chiosano.
di
Irene Buscemi
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