SICUREZZA SUL
LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS!
NEWSLETTER N. 226
DEL 17/09/15
NEWSLETTER PER LA TUTELA DELLA SALUTE
E DELLA
SICUREZZA DEI LAVORATORI
INDICE
LE “FREQUENTLY ASKED
QUESTIONS” DI SICUREZZA SUL LAVORO - KNOW YOUR RIGHTS! - N.5
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1
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JOBS ACT: LE “SEMPLIFICAZIONE”
SULLA SICUREZZA SUL LAVORO
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5
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INDICAZIONI SULLA REVISIONE
GENERALE DELLE MACCHINE AGRICOLE
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8
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MACCHINE: RIMUOVERE IN SICUREZZA UN RIPARO O UN
DISPOSITIVO
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10
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CORTE DI GIUSTIZIA
EUROPEA: L’INFORTUNIO IN ITINERE VA INDENNIZZATO ANCHE AL LAVORATORE SENZA
LUOGO DI LAVORO FISSO O ABITUALE
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12
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FOTOCOPIATRICI: PERICOLI, FATTORI
DI RISCHIO E PROCEDURA DI SICUREZZA
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13
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ALCOOL, DROGHE E SICUREZZA SUL
LAVORO: LA PROPOSTA DI SINDACATI E CONFINDUSTRIA
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14
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LA SICUREZZA CHIMICA
NELLE IMPRESE
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16
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LE “FREQUENTLY
ASKED QUESTIONS” DI SICUREZZA SUL LAVORO - KNOW YOUR RIGHTS! - N.5
Nella
mia attività di diffusione della cultura della salute e sicurezza sul lavoro,
spesso sono chiamato, da lavoratori o associazioni sindacali di base, a
svolgere delle vere e proprie “consulenze” (ovviamente del tutto gratuite) di
ampio respiro, che poi riporto, per condividere l’esperienza con tutti, nella
mia newsletter, nella rubrica “Le consulenze di
Sicurezza sul Lavoro – Know Your Rights!”.
In qualche caso invece le richieste che mi
pervengono non richiedono consulenze di ampio respiro, ma brevi e sintetiche
risposte a domande su temi molto specifici e limitati.
Anche in questo caso mi sembra giusto e doveroso
diffondere questi brevi consulenze che hanno la forma delle cosiddette “Frequently Asked
Questions”, facendo nascere su tale argomento una nuova rubrica della mia
newsletter.
Ovviamente,
per evidenti motivi di privacy e per non creare motivi di ritorsione verso i
lavoratori o le associazioni che le hanno poste, riportando le domande ometto
il nominativo del lavoratore e dell’azienda coinvolti.
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DOMANDA
Ciao
Marco,
lavoro
in una ditta di pulizie nel settore ospedaliero.
Oggi
con il RSPP abbiamo parlato di spogliatoi. O meglio di un locale all’interno di
un container che viene adibito a spogliatoio, pur non avendone i requisiti,
tanto che tale locale era utilizzato precedentemente come magazzino.
Se
puoi passarmi dei riferimenti normativi te ne sarei grato, sperando che le
pressioni sul RSPP possano avere qualche risultato a breve.
Ciao
e grazie.
RISPOSTA
Ciao,
i
requisiti degli spogliatoi, come di tutti i luoghi di lavoro o di pausa dal
lavoro, sono regolati dall’Allegato IV del Decreto Legislativo n.81 del 2008.
I
contenuti di tale Allegato risultano obbligatori per il datore di lavoro o i
dirigenti di qualunque azienda, in virtù del combinato disposto degli articoli
63, comma 1 e 64, comma 1, lettera a) del Decreto.
L’articolo
63, comma 1 stabilisce infatti che:
“I luoghi di lavoro devono
essere conformi ai requisiti indicati nell’Allegato IV [del Decreto]”,
mentre
l’articolo 64, comma 1, lettera a) stabilisce che:
“Il datore di lavoro provvede affinché i luoghi
di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all’articolo 63, commi 1, 2 e 3”.
Mettere a
disposizione dei lavoratori luoghi di lavoro non rispondenti ai requisiti di
cui all’Allegato IV del Decreto comporta quindi il mancato adempimento
dell’obbligo di cui all’articolo 64, comma 1, lettera a), che è sanzionato
penalmente dall’articolo 68, comma 1, lettera b) del Decreto con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.000 a 4.800 euro.
Per quanto riguarda gli spogliatori, tenendo conto che nel caso da te
citato, si tratta di ditte di pulizie del settore ospedaliero e quindi con
lavoratori esposti ad “attività
insudicianti” per contatto con agenti chimici e/o biologici, le
caratteristiche che questi devono avere sono riportati nei punti seguenti
dell’Allegato IV:
“1.12.1.
Locali appositamente destinati a spogliatoi devono essere messi a disposizione
dei lavoratori quando questi devono indossare indumenti di lavoro specifici e
quando per ragioni di salute o di decenza non si può loro chiedere di cambiarsi
in altri locali.
1.12.2.
Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e convenientemente
arredati. Nelle aziende che occupano fino a cinque dipendenti lo spogliatoio
può essere unico per entrambi i sessi; in tal caso i locali a ciò adibiti sono
utilizzati dal personale dei due sessi, secondo opportuni turni prestabiliti e
concordati nell’ambito dell’orario di lavoro.
1.12.3.
I locali destinati a spogliatoio devono avere una capacità sufficiente, essere
possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati, illuminati, ben difesi dalle
intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di sedili.
1.12.4.
Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentono a ciascun
lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di lavoro.
1.12.5. Qualora i lavoratori svolgano attività
insudicianti, polverose, con sviluppo di fumi o vapori contenenti in
sospensione sostanze untuose od incrostanti, nonchè in quelle dove si usano
sostanze venefiche, corrosive od infettanti o comunque pericolose, gli armadi
per gli indumenti da lavoro devono essere separati da quelli per gli indumenti
privati”.
Oltre agli spogliatoti, secondo i requisiti di cui sopra, ai
lavoratori devono essere messi a disposizioni acqua corrente, docce, gabinetti
e lavabi aventi i requisiti di cui all’Allegato IV del Decreto riportati di
seguito:
“1.13.1.1. Nei
luoghi di lavoro o nelle loro immediate vicinanze deve essere messa a disposizione
dei lavoratori acqua in quantità sufficiente, tanto per uso potabile quanto per
lavarsi.
1.13.1.2.
Per la provvista, la conservazione e la distribuzione dell’acqua devono
osservarsi le norme igieniche atte ad evitarne l’inquinamento e ad impedire la
diffusione di malattie.
1.13.2.1.
Docce sufficienti ed appropriate devono essere messe a disposizione dei
lavoratori quando il tipo di attività o la salubrità lo esigono.
1.13.2.2.
Devono essere previsti locali per docce separati per uomini e donne o
un’utilizzazione separata degli stessi. Le docce e gli spogliatoi devono
comunque facilmente comunicare tra loro.
1.13.2.3.
I locali delle docce devono avere dimensioni sufficienti per permettere a
ciascun lavoratore di rivestirsi senza impacci e in condizioni appropriate di
igiene.
1.13.2.4.
Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di mezzi
detergenti e per asciugarsi.
1.13.3.1.
I lavoratori devono disporre, in prossimità dei loro posti di lavoro, dei
locali di riposo, degli spogliatoi e delle docce, di gabinetti e di lavabi con
acqua corrente calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per
asciugarsi.
1.13.3.2.
Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati; quando ciò sia
impossibile a causa di vincoli urbanistici o architettonici e nelle aziende che
occupano lavoratori di sesso diverso in numero non superiore a dieci, è ammessa
un’utilizzazione separata degli stessi”.
Se la tua azienda non dovesse provvedere a sanare la situazione da te
lamentata, potete scrivere alla ASL Spresal (Servizio prevenzione sicurezza sul
lavoro) una lettera con i riferimenti normativi sopra riportati. La lettera
mandatela con Raccomandata con Ricevuta di Ritorno, in modo da creare prova
documentale della denuncia.
Il consiglio è di mandare la lettera anche in copia alla Procura della
Repubblica (sempre con Raccomandata con Ricevuta di Ritorno), in quanto,
essendo questa una notifica di reato è obbligo per gli ispettori ASL (in quanto
Ufficiali di Polizia Giudiziaria) intervenire richiedendo l’adeguamento degli
spogliatoi a quanto richiesto dal Decreto e in ogni caso sanzionando il datore
di lavoro della tua azienda per il mancato adempimento agli obblighi di cui
sopra.
Come al solito è bene che la lettera sia firmata dal RLS della tua
azienda e dal maggior numero possibili di lavoratori per dare corpo alla
denuncia.
Una denuncia fatta dal solo RLS o da pochi lavoratori li metterebbe
infatti in una condizione di ricattabilità da parte dell’azienda. Come al
solito l’unione fa la forza.
Marco
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DOMANDA
Ciao,
volevo
sapere se in azienda (per quanto riguarda l’officina), ci sono delle
temperature minime per svolgere l’attività lavorativa? Il contratto non è
chiaro al riguardo, ho letto solo uno standard trovato su Internet di un medico
svedese.
Grazie
mille.
Saluti.
RISPOSTA
Ciao,
per
quanto riguarda la temperatura a livello legislativo ci sono solo delle
indicazioni generiche.
Il D.Lgs.81/08
specifica all’articolo 63, comma 1 che “I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti
indicati nell’allegato IV”. Tale conformità è posta a carico del datore
di lavoro dall’articolo 64, comma 1, lettera a) che impone “Il datore di lavoro provvede affinché i
luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all’articolo 63, comma 1”.
Nell’Allegato
IV, relativamente alla temperatura dei locali, il punto 1.9.2.1
specifica che
“La temperatura nei locali di lavoro deve
essere adeguata all’organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto
dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori”;
e il
punto 1.9.2.2 chiarisce che:
“Nel giudizio sulla temperatura adeguata per
i lavoratori si deve tener conto della influenza che possono esercitare sopra
di essa il grado di umidità ed il movimento dell’aria concomitanti”.
Tieni
conto quindi che il confort di un ambiente di lavoro non è legato solo alla
temperatura, ma anche alla umidità dell’aria, alla presenza di ventilazione, al
lavoro svolto, agli indumenti indossati.
Pertanto,
a livello tecnico, più che di temperatura di parla di “parametri
microclimatici”.
A tale
proposito sono state redatte nel 2006, ma sono ancora del tutto valide, le
Linee Guida “Microclima, aerazione e illuminazione nei luoghi di lavoro” da
parte del Coordinamento tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle
regioni e delle Provincie autonome, che puoi scaricare al link http://www.ispesl.it/linee_guida/tecniche/LGMicroClima062006.pdf.
In tale
documento, con riferimento a norme tecniche della UNI (Organismo italiano di
normazione), sono specificati come valutare le condizioni microclimatiche dei
luoghi di lavoro, in funzione dei parametri sopra citati.
Le Linee
Guida citate considerano sia le temperature (calde o fredde) che arrecano solo
una sensazione di mancanza di comfort al lavoratore, sia le temperature (calde
o fredde) che possono, oltre che dare fastidio, anche creare l’insorgere di
disturbi a livello organico e/o di patologie.
Il
datore di lavoro di qualunque azienda deve redigere il Documento di Valutazione
dei Rischi, in cui deve indicare, per ogni rischio individuato in azienda, il
livello del rischio e quali misure di prevenzione e protezione occorre adottare
per eliminare o ridurre tale rischio (articoli 17, comma 1, lettera a), 28, 29
del D.Lgs.81/08.
In particolare per
il microclima l’articolo 181, comma 1 del D.Lgs.81/08 impone che:
“Nell’ambito della valutazione di cui
all’articolo 28, il datore di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da
esposizione ad agenti fisici in modo da identificare e adottare le opportune
misure di prevenzione e protezione con particolare riferimento alle norme di
buona tecnica ed alle buone prassi”,
dove tra gli agenti
fisici l’articolo 180 riporta anche il microclima.
Pertanto il datore
di lavoro della tua azienda deve valutare i parametri microclimatici degli ambienti
di lavoro dell’azienda, secondo le norme tecniche descritte all’interno delle
Linee Guida citate e, se questa valutazione comporta una mancanza di confort o
addirittura rischi di malesseri o malattie, deve adottare misure tecniche e
organizzative di prevenzione e protezione per migliorare le condizioni
microclimatiche.
Marco
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DOMANDA
Ciao Marco,
vorrei
sapere se, a seguito delle visite mediche periodiche, il medico competente deve
dare comunicazione anche al RLS?
Grazie.
RISPOSTA
Ciao,
relativamente ai
risultati delle visite mediche, il medico competente è obbligato (articolo 41,
comma 6-bis del D.Lgs.81/08) a comunicare il giudizio della visita (idoneità
fisica o meno a svolgere la mansione) al lavoratore e al datore di lavoro.
Per motivi di
privacy il medico competente non può però dire al datore di lavoro (al
lavoratore invece sì) i motivi (cioè le patologie) che hanno portato a una
eventuale non idoneità.
Ovviamente il
lavoratore è libero di comunicare queste informazioni al RLS, ma non lo è obbligato
a fare il medico competente.
Il medico è invece
obbligato a comunicare anche al RLS (articolo 25, comma 1, lettera i) del del
D.Lgs.81/08) nell’ambito della riunione periodica (ex articolo 35) “i risultati anonimi collettivi
della sorveglianza sanitaria effettuata” e a fornire “indicazioni sul significato di detti
risultati ai fini della attuazione delle misure per la tutela della salute e
della integrità psico-fisica dei lavoratori”.
Marco
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DOMANDA
Ciao Marco,
desideravo
sapere se c’è una norma che impone uno studio sui rischi dello stress correlato
al fatto che siamo in cassa integrazione dal febbraio 2011.
Ciao e
grazie per la tua risposta.
RISPOSTA
Ciao,
non
c’è una norma specifica, ma un dettato legislativo che impone al datore di
lavoro di qualunque azienda, e indipendentemente dall’inserimento contrattuale
dei lavoratori (come definiti dall’ articolo 2, comma 1, lettera a) del Decreto
Legislativo n.81 del 2008) di eseguire una valutazione di tutti i rischi per la
salute e la sicurezza, compreso quello da stress lavoro correlato (articolo 17,
comma 1, lettera a) e articolo 28, comma 1, lettera a) del Decreto).
Il
problema nel tuo caso è che la metodica ufficialmente riconosciuta in Italia
per valutare lo stress lavoro correlato (quella che segue le indicazioni della
Commissione Consultiva Permanente per la salute e la sicurezza, descritta poi
in dettaglio all’interno di una linea guida dell’INAIL) è congegnata in maniera
tale da considerare come concorrenti allo stress circa 70 fattori di rischio e
di considerare che il rischio da stress sia elevato, soltanto se almeno 35 di
questi fattori risultino negativi per i lavoratori.
Pertanto
una valutazione da stress lavoro correlato nel tuo caso deve essere comunque
fatta, perché anche la cassa integrazione è fonte di stress, ma se svolta
secondo i metodi ufficiali darà paradossalmente un risultato di rischio basso,
in quanto solo 1 o 2 fattori di rischio sui circa 70 assumeranno valori
negativi.
A
disposizione per ulteriori chiarimenti e un saluto.
Marco
************
NOTA
Nel
testo delle “Frequently Asked Questions” sopra riportate sono state usati i
seguenti acronimi e termini:
ASL
= Azienda Sanitaria Locale
CCNL
= Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro
DVR
= Documento di Valutazione dei Rischi
DUVRI
= Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza in caso di lavori
in appalto
RSPP
= Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione
RLS
= Rappresentate dei Lavoratori per la Sicurezza
D.Lgs.81/08
o Decreto: Decreto Legislativo n.81 del 9 aprile 2008 e successive modifiche e
integrazioni (cosiddetto “Testo Unico sulla sicurezza”)
JOBS ACT: LE “SEMPLIFICAZIONE” SULLA
SICUREZZA SUL LAVORO
Nota Bene
Riporto a
seguire un articolo del Sole 24 Ore in cui si sintetizzano le modifiche al
D.Lgs.81/08 apportate dal D.Lgs. 81/15, uno dei Decreti attuativi del
cosiddetto “Jobs Act” (Legge n.183 del 10/12/14).
Mi limito a
riportarlo, nonostante la fonte, perché sintetizza tutte le modifiche, senza commenti.
Mi
riprometto, una volta analizzato nel dettaglio il D.Lgs. 81/15 di evidenziare
le possibili conseguenze delle modifiche introdotte.
Marco Spezia
Da
Il Sole 24 Ore
08/09/15
di Pierpaolo
Masciocchi
Approvato il
4 settembre in via definitiva una bozza di Decreto Legislativo (che dovrà ora
essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale) recante disposizioni di
razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico
di cittadine e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e
pari opportunità.
L’articolo
20 dello schema di Decreto Legislativo interviene su molteplici aspetti del
D.Lgs. 81/08, in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Tra le
novità più rilevanti si segnala:
-
per quanto
attiene al campo di applicazione della disciplina, si prevede l’applicazione
delle disposizioni del D.Lgs. 81/08 nei confronti dei lavoratori che effettuino
prestazioni di lavoro accessorio solamente nei casi in cui la prestazione sia
svolta a favore di un committente imprenditore o professionista, prevedendo
l’applicazione, negli altri casi, delle disposizioni specifiche per i
componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230 bis del Codice Civile
e per i lavoratori autonomi; l’applicazione delle richiamate disposizioni oltre
che ai soggetti già menzionati (si tratta in generale di soggetti che svolgono
attività di volontariato in vari campi e a vario titolo) viene inoltre estesa
anche agli appartenenti alle associazioni religiose e ai volontari accolti
nell’ambito dei programmi internazionali di educazione non formale;
-
riguardo
alle modalità di effettuazione della valutazione dei rischi, si demanda ad uno
specifico Decreto del Ministro del lavoro l’individuazione degli strumenti di
supporto per la richiamata valutazione, tra i quali si fanno rientrare anche
gli strumenti informatizzati secondo il prototipo europeo OiRA (Online
interactive Risk Assessment);
-
si dispone
il raddoppio degli importi della sanzioni nel caso in cui ci sia una violazione
di specifici obblighi (invio dei lavoratori alla visita medica entro le
scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria, richiesta al medico
competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico, formazione dei
lavoratori e dei loro rappresentanti) riferita a più di cinque lavoratori; allo
stesso tempo, le stesse sanzioni sono triplicate se la violazione si riferisce
a più di dieci lavoratori.
Inoltre si
modifica il campo di applicazione delle sanzioni a carico del datore di lavoro,
del dirigente, del noleggiatore e del concedente in uso (comma 1, lettera o)) e
in particolare:
-
si prevede,
per il datore di lavoro e il dirigente, la pena dell’arresto da tre a sei mesi
o con l’ammenda da 2.740 a 7.014,40 euro per la violazione non più della
valutazione dei rischi bensì della norma per la salvaguardia dei lavoratori da
tutti i rischi di natura elettrica connessi all’impiego dei materiali, delle
apparecchiature e degli impianti elettrici messi a loro disposizione;
-
si prevede
che, per il datore di lavoro e il dirigente, la pena dell’arresto da due a
quattro mesi o l’ammenda da 1.096 a 5.260,80 euro siano comminati per la
violazione relativa alla valutazione del rischio elettrico e alle procedure di
uso e manutenzione per lo stesso rischio;
-
si dispone
che, per il datore di lavoro e il dirigente, la sanzione amministrativa
pecuniaria da euro 548 a euro 1.972,80 sia erogata non più per la mancata
tutela dei rischi presenti nell’ambiente di lavoro nella scelta delle
attrezzature di lavoro da utilizzare, bensì per il mancato rispetto di
specifiche misure tecniche ed organizzative (tra le quali quelle dell’allegato
VI) utili a ridurre al minimo i rischi connessi all’uso delle attrezzature di
lavoro e per impedire che le stesse possano essere utilizzate per operazioni e
secondo condizioni per le quali non siano adatte;
-
si precisa
che la violazione di più precetti riconducibili alla categoria omogenea di
requisiti di sicurezza relativi alle attrezzature di lavoro (e non più ai
luoghi di lavoro come attualmente previsto) indicati nell’allegato VI è
considerata un’unica violazione, penale o amministrativa a seconda
dell’illecito, ed è punita con la pena dell’arresto da due a quattro mesi o con
l’ammenda da 1.096 a 5.260,80 o con la sanzione amministrativa pecuniaria da
euro 548 a euro 1.972,80.
Tra le altre
modifiche:
-
si inserisce
l’articolo 73 bis nel D.Lgs. 81/08 concernente l’abilitazione alla conduzione
dei generatori di vapori: in particolare, si dispone la reviviscenza di una
norma abrogata dall’articolo 24 del D.L. 112/08 e di un regolamento attuativo
(D.M. 1 marzo 1974, recante le norme per l’abilitazione alla conduzione di
generatori di vapori); allo stesso tempo, si demanda a un apposito Decreto la disciplina
relativa all’abilitazione e conduzione dei generatori di vapore, nonché i
requisiti per l’ammissione agli esami, le modalità di svolgimento delle prove,
quelle di rilascio e rinnovo dei certificati, nonché i parametri di
equipollenza dei certificati e titoli rilasciati in base alla normativa
vigente;
-
riguardo ai
requisiti professionali del coordinatore per la progettazione e del
coordinatore per l’esecuzione dei lavori nei cantieri temporanei o mobili, si
dispone che l’allegato XIV, contenente le prescrizioni cui devono uniformarsi i
contenuti, le modalità e la durata dei corsi ai fini degli attestati di
frequenza che devono possedere i soggetti richiamati, debba essere aggiornato
in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni, e che i corsi indicati nel
medesimo allegato, per il solo modulo giuridico, possano svolgersi in modalità
e-learning.
Infine tra
le modifiche di ordine organizzativo a livello nazionale:
-
si prevede
la facoltà, per il datore di lavoro, di avvalersi gratuitamente, su richiesta
da inoltrare all’INAIL, di un servizio di informazione preventiva e
orientamento generali in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
(effettuato dall’INAIL, con le risorse umane, strumentali e finanziarie
disponibili a legislazione vigente) anche in collaborazione con le ASL e gli
organismi paritetici;
-
non viene
più previsto, nell’ambito dei compiti di sorveglianza sanitaria, l’obbligo
della visita medica preventiva in fase pre-assuntiva intesa a valutare
l’idoneità alla mansione specifica;
-
per quanto
attiene lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione
e protezione dai rischi, viene meno la facoltà riconosciuta al datore di lavoro
(nelle imprese o unità produttive fino a cinque lavoratori) di svolgere
direttamente i compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione degli incendi e
di evacuazione, anche in caso di affidamento dell’incarico di responsabile del
servizio di prevenzione e protezione a persone interne all’azienda o all’unità
produttiva o a servizi esterni (dandone preventiva informazione al
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed a determinate condizioni);
-
si prevede
che, in attesa del Decreto Interministeriale in cui si definiscono le regole
tecniche per la realizzazione e il funzionamento del SINP (Sistema Informativo
Nazionale Prevenzione), nonché le regole per il trattamento dei dati, restino
in vigore le sole disposizioni del D.Lgs. 81/08 relative ai registri degli
esposti ad agenti cancerogeni e biologici, e non più anche quelle relative al
registro infortuni;
-
per quanto
attiene l’uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione
individuale, si dispone che per operatore si intenda oltre al lavoratore
incaricato dell’uso di una attrezzatura di lavoro, anche il datore di lavoro
che ne faccia uso;
-
si prevede
che possano produrre interpelli in materia di salute e sicurezza del lavoro
all’apposita Commissione anche le regioni e le province autonome;
-
si modifica
la composizione del Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche
attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia
di salute e sicurezza sul lavoro, che viene presieduto dal Ministro della
salute, e della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul
lavoro. Per quanto attiene ai compiti della Commissione;
-
si prevede
il monitoraggio sulle procedure di organizzazione e gestione aziendale nonché
su quelle relative alle indicazioni metodologiche necessarie alla valutazione
del rischio da stress lavoro-correlato, e si rimanda ad un Decreto Direttoriale
(da adottare entro 60 giorni dall’entrata in vigore della disposizione in
esame) l’individuazione delle modalità e dei termini per la nomina dei
componenti designati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori
di lavoro;
-
si prevede
che ai lavori della Commissione possano partecipare rappresentanti di altre amministrazioni
centrali dello Stato, in relazione a specifiche tematiche, anche in riferimento
a competenze relative a differenze di genere (oltre che in quelle relative
all’istruzione);
INDICAZIONI SULLA REVISIONE GENERALE
DELLE MACCHINE AGRICOLE
Da:
PuntoSicuro
15 settembre
2015
Disponibile
il pieghevole informativo dell’INAIL “Revisione generale periodica delle
macchine agricole ai sensi dell’articolo 111 del D. Lgs. 30 aprile 1992 n.285”.
Pubblichiamo
il nuovo pieghevole informativo dell’INAIL relativo alla revisione generale
delle macchine agricole, realizzato dal Gruppo di lavoro composto da INAIL
(Direzione Centrale Prevenzione, Dipartimento Innovazioni Tecnologiche e
Sicurezza degli Impianti, Prodotti ed Insediamenti Antropici), Ministero delle
politiche agricole, alimentari e forestali (Direzione Generale dello Sviluppo
Rurale) e Coordinamento Tecnico delle Regioni, a supporto del Piano Nazionale
Agricoltura.
L’articolo
111 del Decreto 20 maggio 2015 “Revisione generale periodica delle macchine agricole
ai sensi dell’articolo 111 del D.Lgs. 285/92 [cosiddetto “nuovo Codice della
Strada”]” prevede che:
“Al fine di garantire adeguati livelli di
sicurezza nei luoghi di lavoro e nella circolazione stradale, il Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro delle politiche agricole
alimentari e forestali, dispone la revisione obbligatoria delle macchine
agricole soggette a immatricolazione a norma dell’articolo 110, al fine di
accertarne lo stato di efficienza e la permanenza dei requisiti minimi di
idoneità per la sicurezza della circolazione”.
Inoltre tale
articolo prevede che:
“A far data dal 31 dicembre 2015 è disposta
la revisione obbligatoria del trattore agricolo in circolazione soggette ad
immatricolazione in ragione del relativo stato di vetustà”.
L’articolo
57 del D.Lgs. 285/92 impone poi che:
“E’ disposta la revisione generale, con
periodicità di cinque anni, delle seguenti macchine agricole:
-
trattori agricoli come definiti
nella Direttiva 2003/37/CE del 26 maggio 2003;
-
macchine agricole operatrici
semoventi a due o più assi
-
rimorchi agricoli aventi massa
complessiva a pieno carico superiore a 1,5 tonnellate, se le dimensioni
d’ingombro superano i 4,00 metri di lunghezza e 2,00 metri di larghezza”.
La visita di
revisione per i veicoli di cui all’articolo 111 del D.Lgs. 285/92 impone poi
che:
-
per tutti i
veicoli non presentati a revisione e che continuano a circolare dopo le
rispettive scadenze, si applicano le sanzioni di cui al comma 6 del medesimo
articolo 111;
-
qualora la
visita di revisione abbia avuto esito sfavorevole, senza che il veicolo sia
stato escluso dalla circolazione, il veicolo stesso può continuare a circolare
anche oltre la scadenza per esso prevista ma, non oltre un mese dalla data di
annotazione sulla carta di circolazione dell’esito dell’avvenuto controllo
tecnico; in tal caso sulla carta di circolazione è apposto il timbro “Revisione
ripetere - Da ripresentare a nuova visita entro un mese”, consentendo così al
veicolo di continuare nel frattempo a circolare, sempre che si sia provveduto
al ripristino della prescritta efficienza e ferma restando l’applicazione delle
sanzioni di legge per l’eventuale riscontrata mancanza, inefficienza o
deficienza dei dispositivi prescritti;
-
se le
anormalità e i difetti riscontrati risultano tali da compromettere la sicurezza
della circolazione stradale, sulla carta di circolazione è apposto il timbro
“Revisione ripetere - Veicolo sospeso dalla circolazione fino a nuova visita
con esito favorevole; può circolare solo per essere condotto in officina”; tale
timbro vale quale foglio di via per recarsi in officina nel corso della
giornata stessa in cui il timbro è stato apposto, nell’osservanza delle eventuali
ulteriori prescrizioni indicate;
-
è consentita
la circolazione anche oltre i termini di scadenza per i veicoli per i quali la
prenotazione è stata effettuata entro i termini, anche se la data fissata per
la presentazione a visita e prova va oltre i termini di scadenza: tale
agevolazione non è consentita qualora la carta di circolazione sia stata
revocata, sospesa o ritirata con provvedimento ancora operante; eventuali
prenotazioni, avanzate dopo la scadenza dei termini, possono essere annotate
sulla domanda di revisione, ma non consentono la circolazione, permettendo
soltanto che il veicolo sia condotto alla visita di revisione nel giorno per il
quale la visita stessa risulti prenotata;
-
per le
macchine agricole immatricolate in data antecedente al 1 gennaio 2009, il
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con proprio Decreto, stabilisce
procedure semplificate di aggiornamento dei documenti di circolazione.
Le modalità
di esecuzione della revisione, ai fini della sicurezza della circolazione
stradale, sono definite con il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e
forestali, nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 80 del D.Lgs. 285/92.
Il Ministro
dei trasporti stabilisce, con propri Decreti, i criteri, i tempi e le modalità
per l’effettuazione della revisione generale o parziale delle categorie di
veicoli a motore e dei loro rimorchi, al fine di accertare che sussistano in
essi le condizioni di sicurezza per la circolazione e di silenziosità e che i
veicoli stessi non producano emanazioni inquinanti superiori ai limiti
prescritti dal D.Lgs. 285/92, con la possibilità di effettuare tale revisione
mediante unità mobili.
Con
riferimento ai requisiti minimi di sicurezza, si applicano le disposizioni di
cui all’articolo 295 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 16
dicembre 1992: “Le revisioni delle
macchine agricole soggette ad immatricolazione sono stabilite con provvedimento
del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’agricoltura e
delle foreste, con periodicità non inferiori a cinque anni, a partire dalla
data di prima immatricolazione delle macchine agricole stesse”.
I trattori
agricoli sono sottoposti alla revisione generale a far data dal 31 dicembre
2015 e successivamente ogni cinque anni, entro il mese corrispondente alla
prima immatricolazione, secondo l’anno stabilito nel prospetto a seguire:
-
trattori
agricoli immatricolati entro il 31 dicembre 1973: Revisione entro il 31
dicembre 2017;
-
trattori
agricoli immatricolati dal 1° gennaio 1974 al 31 dicembre 1990: revisione entro
il 31 dicembre 2018;
-
trattori
agricoli immatricolati dal 1° gennaio 1991 al 31 dicembre 2010: revisione entro
il 31 dicembre 2020;
-
trattori
agricoli immatricolati dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2015: revisione entro
il 31 dicembre 2021;
-
trattori
agricoli immatricolati dopo il 1° gennaio 2016: revisione al quinto anno entro
la fine del mese di prima immatricolazione.
Le macchine
agricole operatrici e i rimorchi agricoli sono sottoposte alla revisione
generale a far data dal 31 dicembre 2017.
In merito
alla formazione professionale dei conduttori di macchine agricole, i criteri,
le modalità e i contenuti della formazione professionale per il conseguimento
dell’abilitazione all’uso delle macchine agricole stesse, sono stabiliti, in
attuazione di quanto disposto dall’articolo 73 del D.Lgs. 81/08, con l’Accordo
del 22 febbraio 2012, sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.
Il documento
di INAIL “Revisione periodica delle macchine agricole” è scaricabile
all’indirizzo:
MACCHINE: RIMUOVERE IN SICUREZZA UN
RIPARO O UN DISPOSITIVO
Da:
PuntoSicuro
16 settembre
2015
Un
intervento (“La manutenzione delle macchine. Aspetti di sicurezza” a cura
dell’ingegnere Ernesto Cappelletti) si sofferma sulla sicurezza nelle attività
di manutenzione in cui è necessario spostare, rimuovere o neutralizzare un
riparo o un dispositivo di protezione. L’isolamento delle fonti di
alimentazione, le istruzioni per l’uso e la normativa.
In diversi
articoli pubblicati su PuntoSicuro abbiamo mostrato i rischi e i pericoli degli
operatori addetti alla manutenzione delle macchine, con particolare attenzione
al contenuto della Direttiva 2006/42/CE del 17 maggio 2006 (la cosiddetta
“Nuova Direttiva Macchine”).
Cosa fare
tuttavia quando per alcune attività di manutenzione è necessario rimuovere un
riparo o disabilitare un dispositivo?
L’intervento
ricorda che la Nuova Direttiva Macchine (Punto 1.2.5 dell’Allegato I) indica
che:
se per
alcune operazioni la macchina deve poter funzionare con un riparo spostato o
rimosso e/o con il dispositivo di protezione neutralizzato, il selettore del
modo di comando o di funzionamento deve simultaneamente:
-
escludere
tutti gli altri modi di comando o di funzionamento,
-
autorizzare
l’attivazione delle funzioni pericolose soltanto mediante dispositivi di
comando che necessitano di un’azione continuata,
-
autorizzare
l’attivazione delle funzioni pericolose soltanto in condizioni di minor
rischio, evitando i pericoli derivanti dal succedersi delle sequenze,
-
impedire
qualsiasi attivazione delle funzioni pericolose mediante un’azione volontaria o
involontaria sui sensori della macchina.
E se queste
quattro condizioni non possono essere soddisfatte simultaneamente, il selettore
del modo di comando o di funzionamento deve attivare altre misure di protezione
progettate e costruite per garantire una zona di intervento sicura.
Inoltre,
continua la Direttiva al posto di manovra l’operatore deve avere la padronanza
del funzionamento degli elementi sui quali agisce.
Riguardo poi
alla disabilitazione dei dispositivi di protezione, l’intervento riporta
indicazioni tratte dalla norma tecnica UNI EN ISO 11161:2010, norma che
specifica i requisiti di sicurezza per i sistemi di fabbricazione integrati,
che incorporano due o più macchine interconnesse e fornisce requisiti e
raccomandazioni per la progettazione sicura, la protezione e le informazioni
per l’uso dei sistemi di fabbricazione integrati.
Nell’intervento
si indica che nel caso in cui sia necessario accedere alle zone pericolose
della macchina con la macchina in funzione, è necessario prevedere dei modi di
comando appropriati. La selezione manuale del modo di comando deve essere
bloccabile (ad esempio con selettore a chiave, codice di accesso, ecc.).
Quando i
dispositivi di protezione sono disabilitati, occorre prevedere ulteriori misure
di protezione che garantiscano un livello di sicurezza equivalente. Tali misure
di protezione possono includere:
-
comandi ad
azione mantenuta (comando a due mani o comando di abilitazione);
-
velocità e/o
forza ridotta;
-
individuazione
di una posizione sicura e di un accesso sicuro per l’esecuzione
dell’intervento.
Il documento
riporta ulteriori indicazioni sul comando di abilitazione e sui casi di
velocità ridotta senza comando ad azione mantenuta.
Riportiamo
poi qualche breve indicazione sull’isolamento dalle fonti di alimentazione di
energia (Punto 1.6.3 dell’Allegato I della Direttiva).
Si ricorda
che la macchina deve essere munita di dispositivi che consentono di isolarla da
ciascuna delle sue fonti di alimentazione di energia. Tali dispositivi devono
essere identificati chiaramente. Devono poter essere bloccati, qualora la
riconnessione rischi di presentare un pericolo per le persone. I dispositivi
devono inoltre poter essere bloccati nel caso in cui l’operatore non possa
verificare l’effettivo costante isolamento da tutte le posizioni cui ha
accesso.
In
particolare nel caso di macchine che possono essere alimentate ad energia
elettrica mediante una spina ad innesto, è sufficiente la separazione della
spina, a patto che l’operatore possa verificare da tutte le posizioni cui ha
accesso, che la spina resti disinserita. E l’eventuale energia residua o
immagazzinata dopo l’isolamento della macchina deve poter essere dissipata
senza rischio per le persone.
Si indica
tuttavia che, in deroga a quanto indicato, taluni circuiti possono non essere
separati dalla loro fonte di energia onde consentire, ad esempio, il supporto
di pezzi, la tutela di informazioni, l’illuminazione delle parti interne, ecc.
In questo caso devono essere prese disposizioni particolari per garantire la
sicurezza degli operatori.
L’intervento
sottolinea poi che non si deve effettuare nessun intervento di manutenzione
sulla macchina in movimento: prima di ogni intervento occorre bloccare in
posizione di aperto mediante lucchetto i sezionatori delle alimentazioni
presenti (alimentazione elettrica, pneumatica, ecc.). Tutti i dispositivi di
sezionamento devono poter essere bloccati in posizione di “circuito isolato”,
per esempio mediante lucchetti, in modo che gli operatori che intervengono
sulla macchina possano accertarsi che nessun elemento della stessa possa essere
avviato finché è in corso l’intervento.
Viene poi
presentato un esempio di procedura:
-
prima di
intervenire sulla macchina ogni operatore blocca tutti i sezionatori delle
fonti di alimentazione esterne con mezzi di bloccaggio personali (per esempio
lucchetti) e porta con sé le chiavi di apertura;
-
ogni
operatore rimuove i mezzi di bloccaggio personali dei sezionatori solamente una
volta terminato l’intervento sulla macchina;
-
in questo
modo il blocco dei sezionatori può essere rimosso solo dopo che tutti gli
operatori hanno rimosso i mezzi di bloccaggio personali, ovvero solo dopo che
tutti gli operatori hanno terminato gli interventi sulla macchina.
E dunque una
procedura di questo tipo evita che un operatore possa avviare la macchina senza
accorgersi della presenza di altri operatori all’interno delle zone pericolose
della macchina; perché sia efficace è essenziale che tutti gli operatori che
intervengono sulla macchina blocchino i sezionatori con lucchetti personali.
Nell’intervento
sono riportati anche altri esempi e immagini esplicative.
Concludiamo
questo breve excursus sulla sicurezza nella manutenzione delle macchine ricordando
che (Punto 1.7.4 dell’Allegato I della Direttiva) ogni macchina deve essere
accompagnata da istruzioni per l’uso nella o nelle lingue comunitarie ufficiali
dello Stato membro in cui la macchina è immessa sul mercato e/o messa in
servizio. Le istruzioni che accompagnano la macchina devono essere “istruzioni
originali” o una traduzione delle istruzioni originali; in tal caso alla
traduzione deve essere allegata una copia delle istruzioni originali.
Tuttavia in
deroga a quanto indicato, le istruzioni per la manutenzione destinate a essere
usate da un personale specializzato incaricato dal fabbricante o dal suo
mandatario possono essere fornite in una sola lingua comunitaria compresa da
detto personale.
Inoltre il
relatore ricorda che per gli interventi di manutenzione ordinaria le istruzioni
per l’uso devono contenere informazioni sufficientemente dettagliate a
consentire agli operatori di effettuarle in condizioni di sicurezza senza
trovarsi in condizioni pericolose. Il fabbricante, nella redazione delle
istruzioni per l’uso, può assumere che gli operatori addetti alla manutenzione
abbiano una formazione di base adeguata a questo ruolo; tale formazione è
normalmente superiore a quella degli operatori addetti alla produzione e deve
essere indicata come requisito minimo di addestramento dal fabbricante della
macchina nelle istruzioni per l’uso.
In
definitiva devono comunque essere fornite tutte le informazioni specifiche
delle operazioni da effettuare che consentano all’operatore di agire in
condizioni di sicurezza senza “improvvisare”.
Il documento
“La manutenzione delle macchine. Aspetti di sicurezza”, a cura dell’ingegnere Ernesto
Cappelletti è scaricabile all’indirizzo:
CORTE DI GIUSTIZIA
EUROPEA: L’INFORTUNIO IN ITINERE VA INDENNIZZATO ANCHE AL LAVORATORE SENZA
LUOGO DI LAVORO FISSO O ABITUALE
Da
Studio Cataldi
15/09/15
NEL
RISARCIMENTO RIENTRA IL TRAGITTO DAL DOMICILIO DEL LAVORATORE A QUELLO DEL
PRIMO O ULTIMO CLIENTE DELLA GIORNATA.
Qualche
giorno fa la Cassazione, Sezioni Unite Civili, con Sentenza n. 17685 del 7
settembre 2015, ha chiarito, nell’ambito dell’infortunio in itinere nel
tragitto casa/lavoro, quali sono gli incidenti indennizzabili e quali no.
A
pochi giorni di distanza da questa importante pronuncia del Giudice di
legittimità italiano, si è espressa sulla materia anche la Corte di Giustizia
Europea (Terza Sezione, Causa C-266/2014 del 10/09/15) con specifico
riferimento ai dipendenti senza luogo di lavoro fisso o abituale per i quali si
pone la questione di stabilire il tragitto casa/lavoro.
Secondo
i giudici della Corte Europea il diritto dell’Unione Europea persegue
l’obiettivo della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori e
pertanto costituiscono orario di lavoro gli spostamenti tra il domicilio e il
primo o l’ultimo cliente della giornata lavorativa.
Ne
consegue che per i dipendenti senza luogo di lavoro fisso o abituale, l’INAIL
risarcisce per il tragitto dall’ultimo o dal primo cliente al domicilio del
lavoratore.
Nei
casi in cui il lavoratore non abbia un luogo di lavoro fisso (a titolo
esemplificativo, servizi a domicilio del cliente, vendita porta a porta,
rappresentanti), va comunque considerato al lavoro durante gli spostamenti
necessari per raggiungere il luogo dove è richiesta la prestazione.
L’indennizzo
è però escluso in caso di rischio elettivo, vale a dire quando lo stesso
lavoratore si mette, volontariamente o colpevolmente, nella condizione di
procurarsi il danno (eccesso di velocità, soste alternative per scopi
personali, ecc.).
a
cura dell’avvocato Cristina Bassignana
FOTOCOPIATRICI: PERICOLI, FATTORI DI
RISCHIO E PROCEDURA DI SICUREZZA
Da
Portale Consulenti
25 agosto
2015
di Matteo
Puppo
L’utilizzo
di macchine fotocopiatrici nei luoghi di lavoro può costituire una sorgente di
rischio per la salute.
Si tratta di
apparecchiature in grado di emettere diversi agenti chimici, come l’ozono,
composti organici volatili, polveri di toner, selenio, cadmio, prodotti sia per
rilascio dai materiali impiegati per il loro funzionamento (toner, inchiostri,
carta) sia in seguito alla particolare tecnologia di stampa utilizzata.
In
particolare, la produzione di ozono è dovuta al processo di carica e scarica
generato dal campo elettrico, prodotto intorno ai fili corona, durante il loro
funzionamento. La presenza di ozono in prossimità delle macchine fotocopiatrici
viene normalmente avvertita già a basse concentrazioni (0.01-0.02 ppm) a causa
del tipico odore pungente. A concentrazioni superiori (0.25 ppm) l’ozono è
irritante per occhi e mucose, fino a portare irritazioni delle vie respiratorie,
tosse e dispnea a livelli alti.
Inoltre, a
causa degli alti tassi di emissione dei composti organici volatili e del
contributo significativo al livello totale di composti organici volatili,
presenti nel determinato ambiente, le macchine fotocopiatrici sono ritenute
responsabili di molti casi di sintomi associati alle sindromi correlate
all’edificio.
L’attività
di fotocopiatura è ormai pressoché diffusa in tutti gli uffici.
Poiché la
tecnica si basa sull’azione della luce ultravioletta, si verifica la formazione
di ozono dall’ossigeno dell’aria, in quote assolutamente modeste. Si sviluppano
anche prodotti di pirolisi delle resine termoplastiche, di composizione assai
varia, che costituiscono circa i l 95% del toner, e dei lubrificanti del rullo
di pressione.
I rischi
legati all’uso della fotocopiatrice sono i seguenti:
-
durante
l’operazione di copiatura viene rilasciato dell’ozono in quantità non dannosa
per la salute: in caso tuttavia di uso prolungato della copiatrice, soprattutto
in ambiente scarsamente ventilato, l’odore potrebbe diventare sgradevole,
l’ozono può aumentare la reattività bronchiale all’istamina cosicché i soggetti
asmatici possono presentare, in maniera soggettiva, un peggioramento della loro
situazione clinica (la possibilità che tali eventi si verifichino è comunque da
considerarsi remota);
-
in
associazione al rischio sopraelencato la quantità di ozono prodotto può
aumentare in ambienti confinati, dalle apparecchiature elettriche che
utilizzano alti voltaggi e dai filtri elettrostatici dell’aria;
-
elettrocuzione
per contatto con elementi elettrici scoperti;
-
ustioni per
contatto con parti calde interne all’apparecchio;
-
irritazione
alle vie respiratorie ed effetti sistemici dovuti al rilascio di metalli pesanti
(contenuti nel toner).
Visto quanto
sopra riportato si rende necessaria la stesura di specifica procedura di
sicurezza, allo scopo di evitare possibili rischi per la salute e la sicurezza
degli operatori interessati, tramite la formazione mirata sul corretto utilizzo
della fotocopiatrice.
Un esempio
di procedura in tal senso, realizzata in questo caso dall’Università di
Venezia, è scaricabile all’indirizzo:
ALCOOL, DROGHE E SICUREZZA SUL
LAVORO: LA PROPOSTA DI SINDACATI E CONFINDUSTRIA
Da
Portale Consulenti
4 settembre
2015
di Marcello
Parrella
L’attuale
regolamentazione della sorveglianza sanitaria relativa alla assunzione di alcol
e droga da parte di lavoratori adibiti ad alcune mansioni ritenute maggiormente
rischiose, in considerazione anche del quadro normativo contraddittorio nel
confondere i differenti aspetti della assunzione e della dipendenza ed ancora
inattuato quanto alla prevista revisione delle procedure, è rimessa a tre
accordi Stato-regioni e alla difforme interpretazione e applicazione da parte
delle Regioni e degli organismi di vigilanza.
Le parti
sottoscrittrici del presente documento (vedi link alla fine dell’articolo)
ritengono, in linea con le scelte di semplificazione perseguite dal Governo, e
confermando l’esigenza di una disciplina che garantisca il rispetto di tutti
gli obblighi di legge ai fini della salute e sicurezza sul lavoro, di proporre
un’unica procedura, notevolmente semplificata e integralmente sostitutiva di
tutte quelle esistenti e di automatica applicazione sul territorio.
La presente
proposta, considerato il carattere di unificazione delle procedure e la linea
di coerenza seguita per i criteri e le disposizioni individuati, riferiti ai
controlli in merito all’assunzione di alcol e droga da parte di lavoratori, è
concepita per essere adottata nella sua interezza.
QUADRO
NORMATIVO
L’articolo
41 del D.Lgs 81/08 estende la sorveglianza sanitaria alle verifiche di alcool
dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti.
Il
successivo articolo 42 disciplina i provvedimenti in caso di inidoneità alla
mansione specifica. La Legge 125/01, all’articolo 15, nel disporre il divieto
di somministrazione e di assunzione di alcool per i lavoratori adibiti a
determinate mansioni, attribuisce i controlli alcolimetrici alle ASL o al
medico competente, senza individuare alcuna procedura.
Per i
lavoratori affetti da patologie alcool correlate la stessa Legge richiama le
disposizioni del D.P.R. 309/90 (articolo 124). Con apposita intesa, nel 2006 la
Conferenza Stato-regioni ha individuato le attività lavorative che comportano
un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza,
l’incolumità o la salute dei terzi, ai fini del divieto di assunzione e di
somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche.
Il D.P.R.
309/90, all’articolo 124, dispone tutele a favore dei lavoratori affetti da
tossicodipendenza e all’articolo 125 rimette l’accertamento della tossicodipendenza,
a spese del datore di lavoro, al Servizio Sanitario Nazionale.
Con appositi
Accordi nel 2007 e 2008, la conferenza Stato-Regioni ha disciplinato le
procedure per gli accertamenti sanitari di assenza di tossicodipendenza o di
assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Il
richiamato articolo 41 del D.lgs 81/08 rinvia a un successivo accordo Stato
Regioni da adottare entro il 2009 per la rivisitazione delle condizioni e le
modalità per l’accertamento della tossicodipendenza e della alcool dipendenza.
La Regioni
hanno recepito gli accordi Stato Regioni individuando procedure di accertamento
difformi sia dagli accordi sia tra le Regioni stesse, incrementando
ulteriormente il disorientamento degli operatori sul territorio.
SITUAZIONE
ATTUALE
Nel confermare
la correttezza della estensione della sorveglianza sanitaria alle questioni afferenti
l’alcool e la droga, che effettivamente incidono sia sulla vita personale sia
sul lavoro, si ritiene che le procedure afferenti la sorveglianza sanitaria,
attribuita al medico competente, debbano essere connotate da semplicità e
brevità, oltre a dover distinguere (ai fini del giudizio di idoneità legato al
rapporto di lavoro) gli aspetti di rilievo per la sicurezza sul lavoro da
profili di esclusivo rilievo personale.
Premesso,
dunque, che il datore di lavoro deve affidare i compiti ai lavoratori tenendo
conto delle loro condizioni, che i lavoratori stessi devono rispettare (oltre
che le previsioni di legge) le indicazioni del datore di lavoro, e che, quindi,
i lavoratori adibiti a determinate mansioni non devono assumere né alcool né
sostanze stupefacenti o psicotrope, le parti sottoscrittrici del presente
documento propongono le seguenti procedure per l’accertamento dell’assunzione
di alcool e di sostanze stupefacenti, riferite alle mansioni indicate
nell’allegato A.
Le stesse
parti, rilevando che lo stato di dipendenza, sia da alcool che da sostanze
stupefacenti, oltre a integrare comunque gli estremi per l’inidoneità alle
mansioni di cui all’allegato A, è un aspetto che la legge assegna alla
competenza delle strutture pubbliche (articolo 125 del D.P.R. 309/90 e articolo
15 della Legge 125/01) e agli appositi programmi di recupero, ritengono che, in
applicazione delle previsioni di legge, spetti al medico competente
esclusivamente l’accertamento dell’assunzione di alcool e sostanze stupefacenti
ai fini del giudizio di idoneità lavorativa e che lo stesso debba rinviare il
lavoratore alle strutture competenti in caso di positività degli esami
finalizzati all’accertamento dell’assunzione di alcol e/o stupefacenti per
l’accertamento di situazioni di dipendenza e per i successivi trattamenti.
CONSIDERAZIONI
GENERALI
L’assunzione
di alcool e di sostanze stupefacenti in ambito lavorativo è vietato per i
lavoratori adibiti a mansioni a rischio. La legge prevede sanzioni penali per
la violazione del divieto.
Gli
accertamenti sanitari, nell’ambito dell’obbligo di sorveglianza sanitaria, sono
finalizzati a escludere l’assunzione, in vista del giudizio di idoneità da
parte del medico competente. La valutazione dello stato di dipendenza,
coinvolgendo aspetti attinenti alla vita privata e non solo al lavoro, è quindi
rimessa alle strutture pubbliche.
Il datore di
lavoro svolge una preventiva attività di informazione sui divieti di legge,
sulle sanzioni conseguenti e sulle conseguenze sulla salute del consumo di
alcool e di droga con riferimento a tutti i lavoratori e, per i lavoratori
adibiti alle mansioni di cui all’allegato A, una adeguata formazione,
nell’ambito di quanto previsto dagli accordi Stato-Regioni relativi alla formazione
dei lavoratori.
Poiché la
legge prevede il divieto di assunzione di alcool e di sostanze psicotrope o
stupefacenti e commina sanzioni penali, in aggiunta alle disposizioni di natura
contrattuale, e il lavoratore che assuma alcool o sostanze psicotrope o
stupefacenti che sia dichiarato inidoneo alla mansione viola precise
disposizioni di legge, si prevede che al lavoratore definito inidoneo vengano
comminate specifiche sanzioni disciplinari.
Al lavoratore,
comunque, verrà conservato il posto di lavoro. Per il periodo di avviamento
alle azioni di recupero la legge dispone la conservazione del posto di lavoro
per un periodo massimo di tre anni (articolo 125 del D.P.R. 309/90).
Il datore di
lavoro, in considerazione degli effetti della assunzione di alcool e sostanze
stupefacenti sulla salute dei lavoratori e sui possibili rischi per la
sicurezza di tutti i lavoratori, adibisce, ove possibile, il lavoratore
dichiarato inidoneo alla mansione a rischio ad altre mansioni, secondo quanto
previsto dall’articolo 42 del D.Lgs. 81/08 e su conforme giudizio del medico
competente, in collaborazione con il RSPP, sentito il RLS/RLST.
Resta fermo
che, comunque, il lavoratore che abbia assunto alcol o sostanze stupefacenti
può causare pericoli anche nell’esercizio di mansioni non considerate a
rischio.
La proposta
congiunta recante la proposta di una procedura per l’accertamento
dell’assunzione di alcool e di sostanze stupefacenti tra Confindustria e CGIL,
CISL, UIL è scaricabile all’indirizzo:
LA SICUREZZA
CHIMICA NELLE IMPRESE
Da
Portale Consulenti
11
settembre 2015
La
guida di ECHA (European CHemical Agency - Agenzia Europea per le Sostanze
Chimiche) “La sicurezza chimica nelle imprese” (vedi link a fine articolo)
contiene informazioni pratiche tese a chiarire i ruoli e gli obblighi delle
imprese a norma dei regolamenti REACH, CLP e BPR, relativamente alla marcatura
e imballaggio degli agenti chimici.
Tuttavia,
si ricorda agli utenti che i testi dei regolamenti REACH, CLP e BPR sono gli
unici veri riferimenti giuridici e che le informazioni contenute nel documento
citato non costituiscono un parere legale. L’uso di dette informazioni rientra
nell’esclusiva responsabilità dell’utente. ECHA declina ogni responsabilità
riguardo al possibile uso delle informazioni contenute nel presente documento.
Il
regolamento UE concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e
la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), il regolamento UE relativo alla
classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle
miscele (CLP) e il regolamento sui biocidi (BPR) incidono sulle attività
commerciali della maggior parte delle imprese con sede nell’UE e in Islanda,
Liechtenstein e Norvegia, che aderiscono allo Spazio Economico Europeo (SEE).
Molte
piccole e medie imprese ritengono che questi regolamenti non si applichino alla
loro attività.
Infatti,
da recenti indagini e ispezioni condotte nei paesi aderenti all’UE o al SEE è
emerso che quasi il 70% delle piccole e medie imprese che non operano nel
settore chimico non è a conoscenza dell’impatto diretto che i regolamenti REACH
e CLP hanno sulle relative attività. Considerato il loro fatturato, le imprese
più piccole non pensano di doversi conformare al regolamento REACH. Pertanto,
si rischia di immettere sul mercato prodotti chimici non conformi e non sicuri.
Al
contempo, le indagini condotte sulle piccole e medie imprese e sulle imprese di
fabbricazione mostrano che le piccole aziende informate dell’esistenza dei
suddetti regolamenti e del relativo impatto sulle loro attività commerciali
sono quelle più attive nel riprogettare i processi di fabbricazione. Inoltre,
le imprese di tutte le dimensioni sono impegnate nella sostituzione dei
prodotti chimici più pericolosi con alternative più sicure.
La
sicurezza chimica è una risorsa per le aziende.
La
conformità ai regolamenti REACH, CLP e BPR può inoltre permettere ai clienti di
soddisfare le seguenti esigenze:
-
operare
legalmente sul mercato dell’UE;
-
garantire
la fornitura, l’uso e la gestione sicuri delle sostanze chimiche;
-
rendere
più sicuro l’ambiente di lavoro;
-
risparmiare
sui costi riducendo l’impatto sulla salute nei luoghi di lavoro e
sull’ambiente;
-
migliorare
la loro reputazione agli occhi dei clienti, dei consumatori, degli investitori
e della comunità, che sono sempre più attenti alla gestione responsabile delle
sostanze chimiche e alla sostenibilità;
-
trovare
nuovi mercati qualora abbiano sviluppato alternative più sicure per le sostanze
chimiche molto pericolose, per esempio quelle destinate a essere gradualmente
eliminate perché estremamente preoccupanti per la salute dell’uomo e per
l’ambiente;
-
diventare
più competitivi sui mercati internazionali.
Il
REACH è il regolamento 1907/06/CE concernente la registrazione, la valutazione,
l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche.
Si
tratta della principale normativa UE relativa alle sostanze chimiche e prende
in considerazione, in linea di principio, tutte le sostanze in quanto tali o in
quanto componenti di miscele o contenute in articoli per uso industriale,
professionale o al consumo. Pertanto, il regolamento REACH ha ripercussioni
sulla maggior parte dei settori industriali e si applica alla maggior parte
delle imprese nell’UE.
Il
REACH stabilisce le norme più ambiziose al mondo in materia di sicurezza
chimica.
I
fabbricanti e gli importatori sono tenuti a dimostrare come la sostanza che
immettono sul mercato possa essere utilizzata in modo sicuro e a comunicare ai
propri clienti le misure di gestione dei rischi.
Al
fine di garantire l’uso sicuro delle sostanze chimiche, tutti gli attori sono
tenuti ad assicurare la comunicazione lungo l’intera catena di
approvvigionamento. Se non è possibile gestire opportunamente i rischi, le
autorità competenti possono limitare l’uso di una sostanza o assoggettarlo ad
autorizzazione preventiva.
Le
prescrizioni del REACH per la gestione delle sostanze chimiche incentivano le
imprese a riesaminare il portafoglio delle loro sostanze chimiche e a
sostituire quelle più pericolose con alternative più sicure. Uno degli scopi
del regolamento è promuovere l’innovazione e migliorare la competitività dei
marchi europei sui mercati internazionali.
Le
imprese possono utilizzare le informazioni prodotte ai sensi del REACH anche
per conformarsi ad altre normative.
Il
CLP è il regolamento 1272/08/CE relativo alla classificazione,
all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele. Il CLP
integra il regolamento REACH e assicura che i pericoli delle sostanze chimiche
siano comunicati in modo chiaro a lavoratori e consumatori attraverso etichette
con pittogrammi e indicazioni standard.
La
guida ECHA (European CHemical Agency) “La sicurezza chimica nelle imprese” è
scaricabile all’indirizzo:
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