Rischia il
giudizio il titolare della ditta: lavorava in subappalto per opere del Mose di Cristina
Genesin
10 settembre
2015
LIMENA. Una ditta che lavora in subappalto. Che
utilizza macchinari non in regola. Che organizza il lavoro dei dipendenti senza
alcun controllo per evitare eventuali incidenti sempre dietro l’angolo. Anzi,
che viola le norme in materia di sicurezza. Ecco che allora, immancabilmente,
quegli incidenti accadono addirittura a distanza di appena 24 giorni l’uno
dall’altro. Identica la dinamica e pure la gravità. A rimetterci non è stato il
responsabile dell’impresa ma due operai: l’uno (romeno, classe 1986 con
residenza a Spinea nel Veneziano) si ritrova con il volto devastato a causa di
una frattura ossea facciale («con deformazione permamente del viso per gli
esiti cicatriziali al volto e per l’infossamento della piramide nasale»);
all’altro (un italiano 50enne residente a Ficarolo nel Rodigino) è “esploso”
l’occhio sinistro («...il lavoratore riportava fratture multiple dell’orbita
sinistra con scoppio del bulbo oculare nonché perdita del bulbo e della sua
funzione visiva e della funzione stereoscopica bioculare»). Ora rischia di
finire a processo il datore di lavoro nonché legale rappresentante della ditta
L.M. Montaggi e Costruzioni srl, Enrico Polacchini, 61 anni di Ostiglia
(Mantova). Il pubblico ministero padovano Francesco Tonon ha chiuso l’indagine
e si prepara a sollecitare il giudizio a carico del titolare dell’impresa, contestando
non solo il reato di lesioni colpose gravissime (con l’aggravante di averle
commesse violando le norme relative alla prevenzione degli infortuni sul
lavoro) ma anche di non aver adottato le misure necessarie affinché le
attrezzature di lavoro fossero utilizzate in conformità alle istruzioni d’uso
indicate dal fabbricante e di non aver svolto una formazione specifica agli
operai. I fatti si verificano l’ 8 novembre e il 2 dicembre 2014 nell’area
della ditta di carpenteria M.A. srl con sede a Limena in via del Santo che
aveva affidato in subappalto a L.M. Montaggi e Costruzioni la “molatura” di
cassoni destinati a costituire le dighe mobili del Mose. Per quell’operazione i
due operai utilizzano smerigliatrici non a norma: il carter (l’attrezzo che racchiude
il disco per la molatura) è risultato modificato. In pratica il disco, più
grande rispetto a quello originale, si inceppa spesso cosicché, mancando una
impugnatura supplementare, la smerigliatrice rimbalza. Ecco che, a seguito del
contraccolpo, in entrambi i casi l’attrezzo è piombato sul viso dei due
lavoratori, segnando per sempre le loro esistenze.
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