Mr Job, le lotte dei
lavoratori Si-Cobas diventano affare di Stato
E ora la lotta delle lavoratrici e dei lavoratori per
ottenere il reintegro
degli otto licenziati dalla cooperativa Mr. Job è diventata un affare di stato, è
entrata cioè di prepotenza nell’agenda governativa. Basterebbe dare un’occhiata
a certi articoli pubblicati sul Corriere della Sera, o sul Sole 24Ore
per rendersi conto di ciò. Su Repubblica abbiamo letto perfino un’intervista a Pietro
Ichino (a
dimostrazione del fatto che si sta muovendo l’artiglieria pesante), che oltre a
confermare la centralità politica della vicenda va oltre sostenendo che
impedire il lavoro sarebbe un reato, senza però specificare quale (chissà se
anch’egli non si riferisca a quel misterioso “reato in senso lato” che va tanto
di moda e a
cui faceva riferimento il sottosegretario Barracciu qualche giorno fa,
parlando dell’assemblea sindacale dei lavoratori del Colosseo). Ma vi è di più: il sindaco e il
vicesindaco di Bologna, dove ha sede l’Interporto e al cui interno ci
sono i magazzini di Mr. Job, hanno persino chiamato direttamente in causa il
ministro Alfano (ritenendo forse inadeguato il lavoro ordinario della
questura locale?), per conto del quale ha prontamente risposto affermativamente
il sottosegretario Lotti. Un’ulteriore conferma, se mai ce ne fosse
bisogno, l’ha data, in modo assai esplicito, il presidente di Unindustria
Bologna, il quale ha dichiarato: “Il tema è complesso perché nel mondo
dell’Interporto c’è la logistica, che contrattualmente è un po’
complicata. Stiamo seguendo la situazione con attenzione, proprio perché non
produca un conflitto nel mondo del lavoro. Un fenomeno che va osservato con
estrema attenzione da parte di tutti, Istituzioni e associazioni” (Corriere
di Verona, 24 settembre 2015). Perché?
Come mai questa piccola lotta
sindacale è diventata di colpo centrale per le sorti del Paese, per le
“relazioni industriali”, per la “democrazia sindacale”… e perfino per i bambini
degli asili di Bologna? Le risposte possono essere diverse, ma a ben vedere e
per “arrivare all’essenziale” (parafrasando Pasternak) ciò che davvero
preoccupa il fronte imprenditoriale, quello massmediatico mainstream, nonché
quello delle autorità governative locali e nazionali, è la serietà e la
determinazione della lotta portata avanti dai lavoratori e dalle
lavoratrici licenziati, dal sindacato Si-Cobas, nonché da altri soggetti
solidali con la lotta dei lavoratori. Anche perché non sono state poche le vittorie sindacali dei lavoratori e
delle lavoratrici Si-Cobas contro altri colossi, come Ikea o Granarolo, in
questi ultimi mesi e anni, senza alcun sostegno da parte dei confederali. Le lavoratrici e i
lavoratori licenziati dalla cooperativa Mr. Job lottano per ottenere il
reintegro al loro posto di lavoro e non sembrano avere alcuna intenzione di
arretrare da tale richiesta. Si sentono talmente nel giusto che due di loro, da
una settimana, sono in sciopero della fame e si sono accampati sul
tetto del magazzino. I lavoratori e le lavoratrici sostengono, infatti, di
essere stati licenziati ingiustamente perché
la cooperativa avrebbe richiesto loro arbitrariamente il cambio delle
mansioni o della sede, cioè
avrebbe chiesto quella che è definita “flessibilità funzionale” e che è
uno dei punti centrali del Jobs Act (compresi i decreti attuativi), per
quanto se ne parli poco. I licenziati e il Si-Cobas sostengono inoltre che tali
licenziamenti sono da considerare atti discriminatori e, quindi,
pretendono il reintegro, l’ultima arma (spuntata) rimasta di quel che fu l’art.
18 dello Statuto dei Lavoratori. I vertici della cooperativa – tra l’altro già
coinvolta durante l’estate scorsa in scandali ampiamente riportati dalla stampa
nazionale, dove emergevano non solo le condizioni lavorative disumane, ma anche
le
denunce per molestie sessuali sul posto di lavoro nei confronti di alcune
lavoratrici, 11 delle quali hanno poi presentato regolare denuncia alla procura
di Bologna e la prima udienza è prevista tra pochi giorni – dichiarano che i licenziamenti
sarebbero legittimi, in quanto conseguenti a comportamenti insubordinati
o violazioni disciplinari. Indubbiamente, la vicenda merita grande attenzione,
soprattutto per le condizioni di lavoro nella logistica e per la dignità dei
lavoratori coinvolti. Ma non è per questo che si stanno attivando grandi
giornali, autorità e imprenditori. Non si fa appello ad Alfano per vigilare che
i diritti dei lavoratori siano rispettati e non si chiede alla Guardia di
Finanza di verificare la correttezza dei contratti. Non sembrano questi i
loro obiettivi. Non a caso, infatti, si sono tutti dimenticati di mettere i
fatti in ordine logico e cronologico e, improvvisamente, soffrono di strane
amnesie: i giornali non fanno più cenno agli scandali estivi da loro stessi
riportati e mai rettificati, il Pd si è dimenticato che in Consiglio comunale ha
difeso le lavoratrici che hanno denunciato le molestie e le condizioni di
lavoro bestiali. Bisogna dare atto della coerenza delle associazioni
imprenditoriali, che non avevano assunto le difese dei lavoratori e delle
lavoratrici dopo gli scandali denunciati e, quindi, non hanno dovuto cambiare
posizione ora. Ma ci sta.
E allora? Perché ora in tanti si sentono così agitati
e gridano al “reato”?
Prima di tutto perché l’eventuale reintegro dei
licenziati sarebbe un segnale di fallimento della “volta buona” e del Jobs
Act, il fiore all’occhiello di Renzi. E questo, va da sé, non deve essere
permesso nell’era del Jobs Act. Poi, perché ormai è chiaro a tutti la serietà
del progetto
di creare un sindacato unico, ridotto a mero esecutore di ordini padronali,
al fine di eliminare quelli conflittuali che ancora osano lottare per il
rispetto dei diritti dei lavoratori. Inoltre, la grancassa della campagna
nazionale contro lo sciopero e ogni attività sindacale, lanciata in questi
ultimi giorni, perderebbe forza, dimostrando che se i lavoratori sono uniti e
determinati vincono. E, infine, perché Mr. Job è una cooperativa che lavora in
appalto per il colosso Yoox, che Renzi ha definito in una recente visita
“il fiore all’occhiello italiano”. Nelle inchieste pubblicate dalla stampa
l’ultima estate, risultava che Yoox non era del tutto estranea allo scandalo:
venivano infatti pubblicate diverse email che dimostravano come l’azienda
appaltatrice fosse a conoscenza e, addirittura, determinasse con i propri
ordini le
condizioni dei lavoratori della cooperativa (ribadisco che tali articoli non sono mai stati
rettificati o cancellati, perciò è legittimo considerare le notizie riportate
come documentate). Insomma, il governo Renzi e le associazioni imprenditoriali
si giocano molte partite in questa vicenda, trasformando così la piccola lotta
dei lavoratori e delle lavoratrici del Si-Cobas in una grande lotta, dove si
giocano i destini dei lavoratori tutti. Lunedì è previsto l’incontro in Prefettura.
Si può in modo apatico attendere l’esito, oppure si può scegliere da che parte
stare in questa vicenda, perché – che piaccia o no – sono i destini di molti
che si stanno giocando lì.
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