Sent: Sunday, May 3, 2015 9:11 PM
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Subject: Fwd: [NotizieInMarcia] LE NOSTRE
PENSIONI. IN ALLEGATO L'ARTICOLE USCITO OGGI SU "Il Manifesto".
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Oggetto:
[NotizieInMarcia] LE NOSTRE PENSIONI. IN ALLEGATO L'ARTICOLE USCITO OGGI SU
"Il Manifesto".
Data: Sun, 03 May 2015 20:44:28 +0200
Mittente: NotizieInMARCIA ! mailto:redazione@ancorainmarcia.it
Rispondi-a: notizie@ancorainmarcia.it
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Data: Sun, 03 May 2015 20:44:28 +0200
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---------------------------------------------------------------Pensioni, la Ragioneria generale dello Stato, lo schermo del potere
Roma, 3 maggio 2015 - Oggi, sul quotidiano "Il Manifesto", è stato pubblicato questo interessante articolo sul ruolo di filtro e
paravento che la Ragioneria generale svolge nei confronti del governo contro ogni misura che abbia dei costi economici.
Siamo sempre più convinti che le brutali modifiche al regime pensionistico introdotte dalla riforma Monti Fornero, siano profondamente ingiuste.
I macchinisti smascherano la scusa dei «No» preventivi
Ragioneria Generale. Una delegazione ha incontrato
"segretamente" due alti dirigenti. «Ancora in marcia» riesce a
parlare con via XX settembre. «Per bloccarci truccano i conti»
di Massimo Franchi,
Da un decennio buono
è l’incubo di qualunque parlamentare. Qualsiasi legge, provvedimento
o norma che comporti una spesa deve passare sotto le sue forche caudine,
fatalmente fermarsi o, raramente, abbassarsi completamente per riuscire
a passare. La Ragioneria generale dello Stato è ormai diventata
un’entità astratta, quasi mistica. Impersonale. Ogni tentativo viene arginato
dai guardiani di via XX settembre. Formalmente infatti è un organo
del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Ma ha status di Dipartimento.
E ciò le consente di non dover rendere conto a nessuno: «la
signora del “No” preventivo».
Il caso più emblematico
è quello della riforma delle pensioni Fornero del 5 dicembre 2011
sotto forma del decreto SalvaItalia. Decisa sotto il diktat della Bce,
è la legge che ha comportato il risparmio maggiore — oltre 80 miliardi
da qui al 2020 — per i bistrattati conti dello Stato. I vergognosi
errori che si è portata dietro però non sono emendamibili. Nonostante
i voti all’unanimità della commissione Lavoro della camera, gli impegni
del ministro Poletti.
Ma anche le entità
astratte non avevano fatto i conti con la testardaggine dei macchinisti.
Loro, fra i più colpiti dalla Fornero — che «dalla sera alla mattina»
ha innalzato la loro età pensionabile di 9 anni: dai 58 ai 67 anni,
«unico caso al mondo» — hanno iniziato una lunga, indefessa battaglia per
ottenere giustizia. E sono riusciti in una vera impresa: incontrare due
dirigenti della Ragioneria generale in carne ossa.
L’incontro — preparato
con pazienza dal sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta — doveva
rimanere segreto. Fedele alla disposizione che «la Ragioneria non ha rapporti
con le parti sociali». Ma ora che le possibilità di modifica sono saltate
«perché secondo noi la Ragioneria si è messa d’accordo sui numeri con
l’Inps per bocciare la nostra proposta», i macchinisti hanno deciso
di raccontarla.
«La nostra battaglia
va avanti da anni. Un anno fa abbiamo ottenuto un primo risultato — racconta
Marco Crociati, macchinista romano. Il primo aprile l’allora direttore
generale dell’Inps Mauro Nori conferma i nostri calcoli: per tornare
ai 57 anni servono circa 3 milioni l’anno, 10 milioni in 3 anni».
Forti di questo documento i macchinisti hanno iniziato il loro pressing
sul governo. Telefonate alle segreterie, scambi di mail chilometriche,
anticamere interminabili. Poi finalmente il sottosegretario Baretta
fa il grande passo. Riesce a convincere due dirigenti della Ragioneria
ad incontrare «quei rompicoglioni dei macchinisti».
Alle ore 18 del 19 febbraio
ecco che in un ufficio di via XX settembre la delegazione di «Ancora in
marcia», storica rivista fondata da Ezio Gallori, vede palesarsi due persone.
«Non si sono presentati, erano molto taciturni, silenziosi. Dei due ha parlato
sempre solo il più giovane. Si sono limitati a farci vedere un documento
del 2013 che dimostrava costi molto superiori a quelli da noi proposti.
Non ce l’hanno lasciato, ma ormai siamo esperti e abbiamo subito capito
che la ragione dell’aumento dei costi era dovuta al fatto che la platea dei
richiedenti era allargata: non solo, come noi chiediamo, il personale di
bordo, macchina e manovra (circa 18mila lavoratori), ma anche il personale
delle biglietterie, capistazione e di ufficio (quasi 80mila persone).
Alle nostre osservazioni e dopo aver convinto il sottosegretario
Baretta, i due dirigenti erano in evidente difficoltà — continua
Marco — . Non sapevano cosa rispondere e dopo poco hanno lasciato la riunione
con la scusa che ne avevano un’altra in programma».
Una fuga, dunque, che
somiglia ad una resa. «A quel punto il sottosegretario Baretta ci chiede
di preparare una richiesta di modifica della legge con la determinazione
precisa delle platee e delle scadenze. Noi la prepariamo nel giro di
pochi giorni». La promessa è quella di «chiedere all’Inps una nuova
e definitiva stima per rendere possibile la modifica».
Ma nel giro di pochi
giorni arriva anche la doccia fredda. Il 7 aprile l’Inps protocolla una
nuova risposta firmata dal nuovo direttore generale Massimo Cioffi. La
nuova stima, seppur consideri una platea simile a quella delimitata
dai macchinisti di “Ancora in marcia”, dal punto di vista dei costi
è molto simile a quella della Ragioneria: oltre 10 milioni per il
solo 2015 e 680 milioni da qui al 2024. «Un dato assolutamente fuori
dalla realtà che ci conferma come la Ragioneria si è messa d’accordo
con l’Inps per rendere impossibile la modifica della norma», accusa Marco.
La lotta dei macchinisti
comunque va avanti. Ma lo storico incontro con la Ragioneria ha prodotto
in Marco una certezza. «Il governo usa il passaggio della Ragioneria
e della sua cosiddetta bollinatura di qualsiasi provvedimento per
mettersi la coscienza a posto. Come dire: «Noi volevamo modificare,
noi volevamo fare i buoni, ma la ragioneria non ce lo fa fare». La usa
come una scusa».
Se per gli esodati
sono servite sei leggi ad hoc — salvaguardie — per salvarne (sulla carta)
160mila con un costo di 11 miliardi, per quota 96 (la norma che ha incastrato
al lavoro migliaia di insegnanti) e per i macchinisti ancora nessuna
soluzione. E sì che «l’errore» è stato riconosciuto da tutti: il
comma 18 dell’articolo 24 della legge Fornero (utilizzando la parola «articolo»
al posto di «comma») ha previsto espressamente che la riforma si applichi
ai macchinisti, non inserendo la categoria assieme a polizia
e forze dell’ordine che invece sono stati esclusi dall’innalzamento
dell’età pensionabile.
In un momento in cui
perfino la nuova gestione Inps di Tito Boeri considera la categoria dei
privilegiati («Ha messo on line i conti in rosso del nostro fondo,
dimenticandosi però di dire che la ragione del passivo è dovuta al
fatto che dal 2000 i nuovi assunti hanno contratti, peggiorativi, che
non prevedono il versamento al fondo», sottolinea Marco), la posizione di
“Ancora in marcia” è infatti molto pragmatica: «Noi — continua Marco
— non chiediamo un ritorno alle norme precedenti. Chiediamo di armonizzare
la nostra età pensionabile ma tenendo comunque conto che nel solo comparto
di Roma negli ultimi 3–4 anni si sono registrati 16 infarti a macchinisti
con una età media di 52 anni». Numeri che dovrebbero portare chiunque
a considerare come un macchinista non possa lavorare fino a 67
anni. Sempre che la Ragioneria contempli la possibilità.
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