SICUREZZA SUL
LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS!
NEWSLETTER N. 220
DEL 24/07/15
NEWSLETTER PER LA TUTELA DELLA SALUTE
E DELLA
SICUREZZA DEI LAVORATORI
INDICE
MISURE DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
PER MICROCLIMA CALDO E ESPOSIZIONE A RAGGI SOLARI
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1
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LAVORO D’ ESTATE IN CONDIZIONI DI
TEMPERATURA ELEVATA: IL RISCHIO DI COLPO DA CALORE
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6
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L’USO SICURO DI CARRELLI ELEVATORI
E CARRELLI A CONDUZIONE MANUALE
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10
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RISCHIO ALCOL DIPENDENZA: ASPETTI
NORMATIVI E GIURISPRUDENZIALI
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13
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I RISCHI INFORTUNISTICI NELLE STRUTTURE OSPEDALIERE
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16
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MISURE DI PREVENZIONE E PROTEZIONE PER MICROCLIMA CALDO E ESPOSIZIONE A
RAGGI SOLARI
Con l’avvicinarsi
della stagione estiva, molte categorie di lavoratori che operano all’aperto (in
genere lavoratori edili, agricoli, della industria peschiera, ecc.), si
troveranno ad affrontare condizioni di alte temperatura e umidità ed
esposizione diretta ai raggi del sole.
Al di là
del semplice aspetto di disagio fisico (accompagnato dal fatto che spesso al
lavoro all’aperto si associa anche sforzo muscolare), occorre considerare che
tali condizioni di lavoro possono portare a patologie professionali anche gravi
e a infortuni derivanti dalle disagevoli condizioni psicofisiche.
Ricordo
infatti, ad esempio, che condizioni di lavoro termiche estreme calde possono
portare a collassi cardiocircolatori, mentre l’esposizione prolungata ai raggi
solari (radiazioni ottiche naturali) può portare a carcinomi della pelle.
Tutti i
rischi correlati al lavoro all’aperto nella stagione estiva devono essere
debitamente considerati nel documento di valutazione dei rischi.
Infatti
tale tipologia di fattori di rischio rientra tra gli agenti fisici pericolosi
per la salute di cui al Titolo VIII del D.Lgs.81/08, che riguarda appunto gli
agenti fisici, così come definiti dall’articolo 180, comma 1:
“Ai fini del presente decreto legislativo per
agenti fisici si intendono il rumore, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le
vibrazioni meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazioni ottiche, di
origine artificiale, il microclima e le atmosfere iperbariche che possono
comportare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori”.
Per tutti
tali agenti il datore di lavoro ha l’obbligo di eseguire una specifica
valutazione del rischio, all’interno della quale definire le misure di
prevenzione e protezione per la protezione della salute dei lavoratori. Tale
obbligo è sancito dall’articolo 181 del Decreto:
“1. Nell'ambito della valutazione di cui all'articolo
28, il datore di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad
agenti fisici in modo da identificare e adottare le opportune misure di
prevenzione e protezione con particolare riferimento alle norme di buona
tecnica ed alle buone prassi.
2. La valutazione dei rischi
derivanti da esposizioni ad agenti fisici é programmata ed effettuata, con
cadenza almeno quadriennale, da personale qualificato nell'ambito del servizio
di prevenzione e protezione in possesso di specifiche conoscenze in materia. La
valutazione dei rischi é aggiornata ogni qual volta si verifichino mutamenti
che potrebbero renderla obsoleta, ovvero, quando i risultati della sorveglianza
sanitaria rendano necessaria la sua revisione. I dati ottenuti dalla
valutazione, misurazione e calcolo dei livelli di esposizione costituiscono
parte integrante del documento di valutazione del rischio.
3. Il datore di lavoro nella
valutazione dei rischi precisa quali misure di prevenzione e protezione devono
essere adottate. La valutazione dei rischi é riportata sul documento di
valutazione di cui all'articolo 28, essa può includere una giustificazione del
datore di lavoro secondo cui la natura e l'entità dei rischi non rendono
necessaria una valutazione dei rischi più dettagliata”.
In
generale la violazione, da parte del datore di lavoro, dell’articolo 181 del
Decreto, configurandosi come violazione dell’articolo 29, comma 1, relativo all’obbligo
della redazione della valutazione del rischio è punita, dall’articolo 55, comma
1, lettera a), con l'arresto da
tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500
a 6.400 euro.
Nello
specifico poi la violazione, da parte del datore di lavoro, dell’articolo
181, comma 2 del decreto è punita, dall’articolo 219, comma 1, lettera a), con
l'arresto da quattro a
otto mesi o con l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro.
Oltre agli obblighi generali di prevenzione e
protezione dagli agenti fisici legati al microclima e alle radiazioni solari,
il datore di lavoro e i dirigenti sono obbligati a fornire ai lavoratori e ai
RLS adeguata e specifica informazione e formazione, come stabilito dall’articolo
184 del Decreto:
“Nell'ambito degli obblighi di cui agli
articoli 36 e 37, il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori esposti a
rischi derivanti da agenti fisici sul luogo di lavoro e i loro rappresentanti
vengano informati e formati in relazione al risultato della valutazione dei
rischi con particolare riguardo:
a) alle misure adottate in
applicazione del presente titolo;
b) all'entità e al significato dei
valori limite di esposizione e dei valori di azione definiti nei Capi II, III,
IV e V, nonché ai potenziali rischi associati;
c) ai risultati della valutazione,
misurazione o calcolo dei livelli di esposizione ai singoli agenti fisici;
d) alle modalità per individuare e
segnalare gli effetti negativi dell'esposizione per la salute;
e) alle circostanze nelle quali i
lavoratori hanno diritto a una sorveglianza sanitaria e agli obiettivi della
stessa;
f) alle procedure di lavoro sicure
per ridurre al minimo i rischi derivanti dall'esposizione;
g) all'uso corretto di adeguati
dispositivi di protezione individuale e alle relative indicazioni e
controindicazioni sanitarie all'uso”.
La violazione,
da parte del datore di lavoro o dei dirigenti, dell’articolo 184 del Decreto è
punita dall’articolo 219, comma 2, lettera b) con l'arresto da due a quattro mesi o con
l'ammenda da 750 a 4.000 euro.
Infine i lavoratori esposti in maniera significativa a microclima caldo e
a radiazioni solari devono essere sottoposti a specifica sorveglianza sanitaria,
secondo quanto disposto dall’articolo 185 del Decreto:
“1. La sorveglianza sanitaria dei lavoratori
esposti agli agenti fisici viene svolta secondo i principi generali di cui
all'articolo 41, ed é effettuata dal medico competente nelle modalità e nei
casi previsti ai rispettivi capi del presente titolo sulla base dei risultati
della valutazione del rischio che gli sono trasmessi dal datore di lavoro per
il tramite del servizio di prevenzione e protezione.
2. Nel caso in cui la sorveglianza
sanitaria riveli in un lavoratore un'alterazione apprezzabile dello stato di
salute correlata ai rischi lavorativi il medico competente ne informa il
lavoratore e, nel rispetto del segreto professionale, il datore di lavoro, che
provvede a:
a) sottoporre a revisione la
valutazione dei rischi;
b) sottoporre a revisione le misure
predisposte per eliminare o ridurre i rischi;
c) tenere conto del parere del
medico competente nell'attuazione delle misure necessarie per eliminare o
ridurre il rischio”.
La violazione da parte del medico competente dell’articolo
185 del decreto è punita, dall’articolo 220, con l'arresto fino tre mesi o con
l'ammenda da 400 a 1.600 euro.
Tenendo conto che su questi argomenti (come d’altro canto su molti altri
relativi alla tutela della salute e della sicurezza) le aziende fanno poco o
niente, nel seguito riporto due schede (estratte dal Piano Operativo di
Sicurezza di un’azienda edile) da me redatte relativamente ai possibili rischi
derivanti dal microclima caldo e/o dalle radiazioni ottiche solari, alle misure
di prevenzione e protezione, alle procedure da adottare per eliminare o ridurre
i rischi e infine alla sorveglianza sanitaria a cui sottoporre i lavoratori
esposti.
Ricordo che tutte le misure indicate nelle schede sono a totale onere e
responsabilità del datore di lavoro e/o dei dirigenti e del medico competente.
Marco Spezia
* * * * *
MICROCLIMA CALDO
POSSIBILI RISCHI
Tenendo conto del periodo temporale in cui verranno eseguiti i lavori e
che parte di essi verranno eseguiti all’aperto e in zone non ombreggiate,
potranno essere presenti nei luoghi di lavoro temperature superiore ai 30 °C, accompagnate da tassi
di umidità elevati (> 80%) tali da creare condizioni microclimatiche di
discomfort termico (ambienti moderati caldi) o addirittura di stress termico
(ambienti estremi caldi).
In tali condizioni i rischi per la salute dei lavoratori sono, in ordine
di gravità:
-
disturbi dermatologici sotto forma di eruzioni
cutanee e vescicole;
-
sudorazione eccessiva con perdita di sali e conseguente
spossatezza, vertigini, nausea, cefalea;
-
sbalzi termici (soprattutto nel caso di utilizzo di
mezzi di sollevamento e trasporto condizionati o accesso alle baracche di
cantiere se condizionate) con conseguenti disturbi muscolari o del sistema respiratorio;
-
congestioni da ingestione di bevande molto fredde;
-
modificazioni delle attività psicosensoriali e
psicomotorie, quali affaticamento e abbassamento del livello di attenzione;
-
crampi muscolari da calore;
-
instabilità del sistema cardiocircolatorio;
-
sincope da calore con possibile ipossia cerebrale e perdita di coscienza;
-
colpo di calore con
possibile perdita di coscienza,
coma.
Tali rischi per la salute, associati ai rischi specifici di cantiere,
possono poi essere fonte di infortuni anche gravi.
A tali rischi si sommano quelli derivanti da esposizione a radiazioni
ottiche naturali (vedi scheda specifica).
MISURE DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
Per limitare l’esposizione
ai citati fattori di rischio oppure per limitarne o ridurne gli effetti, il datore
di lavoro e i dirigenti provvedono a:
-
definire
turni di lavoro solo nel periodo mattutino (dalle 6 alle 12) o serale (dalle 18
alle 24);
-
programmare
le lavorazioni più impegnative fisicamente nelle prime ore della mattina o
nelle ultime ore della sera;
-
prevedere adeguati periodi di riposo per le
lavorazioni più
impegnative fisicamente;
-
evitare lavorazioni in aree con scarso ricambio di
aria;
-
predisporre
ripari dal sole (teloni, ombrelloni);
-
se
possibile prevedere l’umidificazione periodica delle pareti e dei pavimenti in
prossimità dei luoghi di lavoro;
-
mettere
a disposizione adeguati quantitativi di acqua minerale naturale da bere e di
acqua corrente per inumidirsi;
-
fornire ai lavoratori indumenti di lavoro in tessuto
naturale e non sintetico;
-
fornire ai lavoratori adeguati copricapi (berretti in cotone con visiera o cappelli a
larga falda in paglia);
-
eseguire manutenzione preventiva dei sistemi di
climatizzazione dei mezzi di sollevamento e trasporto e delle baracche di
cantiere, con verifica dell’efficienza e pulizia dei filtri.
PROCEDURE DI LAVORO
Per limitare l’esposizione
ai citati fattori di rischio oppure per limitarne o ridurne gli effetti, i lavoratori
interessati sono tenuti a:
-
evitare
l’esposizione prolungata ai raggi solare, alternando lavori al sole con lavori
in zone d’ombra;
-
se molto sudati, evitare l’esposizione a zone
fortemente ventilate;
-
bere regolarmente acqua minerale naturale non
fredda;
-
asciugarsi regolarmente il sudore;
-
inumidirsi regolarmente il capo;
-
se non obbligatorio indossare il casco
antinfortunistico, indossare berretti in cotone con visiera o cappelli a larga
falda in paglia;
-
in caso di utilizzo di mezzi di sollevamento e
trasporto condizionati, mantenere una temperatura non eccessivamente bassa e
prevedere un periodo di acclimatazione con riduzione graduale della temperatura
impostata;
-
mantenere all’interno delle baracche, se dotate di
condizionatore, temperature non inferiori di 5 °C rispetto alla temperatura esterna;
-
durante il pasto evitare l’assunzione di alimenti ricchi
di grassi, mentre è consigliabile l’assunzione di frutta e verdura;
-
in caso di percezione di sintomi quali giramenti di
testa, spossatezza, difficoltà di concentrazione, interrompere le attività e
portarsi in zona all’ombra e moderatamente ventilata.
SORVEGLIANZA SANITARIA
Per i lavoratori esposti in maniera significativa a
condizioni microclimatiche estreme calde, il medico competente, sentito il
Servizio di Prevenzione e Protezione ha previsto la seguente sorveglianza
sanitaria:
-
visita medica obiettiva cardiologica con cadenza
annuale;
-
elettrocardiogramma con cadenza biennale.
Su giudizio del medico competente sono poi possibili
come esami di secondo livello:
-
elettrocardiogramma sotto sforzo;
-
ecocardiografia.
ESPOSIZIONE A RADIAZIONI OTTICHE NATURALI (RAGGI SOLARI)
POSSIBILI RISCHI
Tenendo conto del periodo temporale in cui verranno eseguiti i lavori e
che parte di essi verranno eseguiti all’aperto e in zone non ombreggiate, i
lavoratori che non operano all’interno di mezzi di sollevamento e trasporto
potranno essere sottoposti a rischio da esposizione a radiazioni naturali
(raggi solari).
In tali condizioni i rischi per la salute dei lavoratori per la pelle
sono, in ordine di gravità:
-
eritema (scottatura);
-
reazione di fotosensibilità;
-
processo accelerato di invecchiamento;
-
tumori cutanei;
In tali condizioni i rischi per la salute dei lavoratori per gli occhi
sono, in ordine di gravità:
-
fotocheratite;
-
fotongiuntivite.
MISURE DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
Per limitare l’esposizione
ai citati fattori di rischio oppure per limitarne o ridurne gli effetti, il
datore di lavoro e i dirigenti provvedono a:
-
definire
turni di lavoro solo nel periodo mattutino (dalle 6 alle 12) o serale (dalle 18
alle 24);
-
predisporre
ripari dal sole (teloni, ombrelloni);
-
fornire ai lavoratori indumenti da lavoro a trama fitta in tessuto naturale e non
sintetico;
-
fornire ai lavoratori adeguati copricapi (berretti in cotone con visiera o cappelli a
larga falda in paglia);
-
fornire ai lavoratori creme per la pelle con Fattore
di Protezione Solare (FPS) per i raggi UVB pari almeno a 30 e fattore
Persistent Pigment Darkening (PPD) per i raggi UVA pari almeno a 10;
-
in caso di lavorazioni con possibilità di riflesso
dalla pavimentazione fornire ai lavoratori occhiali con numero di gradazione
per la protezione dalla luce solare pari almeno a 6-2 secondo UNI EN 172:2003.
PROCEDURE DI LAVORO
Per limitare l’esposizione
ai citati fattori di rischio oppure per limitarne o ridurne gli effetti, i lavoratori
interessati sono tenuti a:
-
evitare
l’esposizione prolungata ai raggi solare, alternando lavori al sole con lavori
in zone d’ombra;
-
indossare
sempre gli indumenti da lavoro;
-
se non obbligatorio indossare il casco
antinfortunistico, indossare berretti in
cotone con visiera o cappelli a larga falda in paglia;
-
applicare a inizio lavorazioni la crema di
protezione solare, ripetendo l’applicazione almeno ogni 3 ore;
-
in caso di lavorazioni con possibilità di riflesso
dalla pavimentazione indossare occhiali
con protezione UV;
-
in caso di percezione di sintomi quali bruciori
della pelle o degli occhi, interrompere le attività e portarsi in zona all’ombra.
SORVEGLIANZA SANITARIA
Per i lavoratori esposti in maniera significativa a
radiazioni ottiche naturali (raggi solari), il medico competente, sentito il
Servizio di Prevenzione e Protezione ha previsto la seguente sorveglianza
sanitaria:
-
visita medica obiettiva dermatologica con cadenza
annuale.
Su giudizio del medico competente sono poi possibili
come esami di secondo livello:
-
visita medica specialistica dermatologica.
LAVORO D’ESTATE IN CONDIZIONI DI TEMPERATURA ELEVATA: IL RISCHIO DI COLPO
DA CALORE
Da Portale
Consulenti
13 luglio
2015
Documento a
cura del Coordinamento Provinciale SPISAL di Padova
Il rischio
da calore è un’emergenza estiva, ma non è un’emergenza imprevedibile perché rappresenta
una realtà che si ripete ogni estate. Il Testo Unico sulla salute e sicurezza
dei lavoratori (D.Lgs.81/08) indica tra gli obblighi del datore di lavoro
quello di valutare “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei
lavoratori”, compresi quelli riguardanti “gruppi di lavoratori esposti a rischi
particolari” e quindi anche al rischio di danni da calore.
Per questo le
aziende interessate da questo rischio devono effettuare una specifica “valutazione
del rischio”; ciò vale soprattutto nell’edilizia, dove il rischio è molto alto
sia per l’entità dell’esposizione, sia per la pesantezza del lavoro, sia per
l’elevato rischio infortunistico.
Anche in
agricoltura, lavorando sia all’aperto che nelle serre, gli operatori sono
esposti in modo rilevante al rischio di colpo di calore.
I rischi per
la salute da esposizione al caldo possono essere classificati in base ai
sintomi e alle possibili conseguenze, come segue:
-
Livello 1
Colpo di sole: rossore e dolore cutaneo, edema, vescicole, febbre, cefalea. E’
legato all’esposizione diretta al sole;
-
Livello 2
Crampi da calore: spasmi dolorosi alle gambe e all’addome, sudorazione;
-
Livello 3
Esaurimento da calore: abbondante sudorazione, astenia, cute pallida e fredda,
polso debole, temperatura normale;
-
Livello 4
Colpo di calore: temperatura corporea superiore a 40°, pelle secca e calda,
polso rapido e respiro frequente, possibile perdita di coscienza.
Abitualmente
per definire il rischio da calore viene considerata solo la temperatura, ma in
realtà questo parametro deve essere valutato anche in relazione all’umidità, ed
eventualmente alla ventilazione e all’irraggiamento per poter avere una
indicazione più precisa del rischio.
Nei periodi
in cui si prevede caldo intenso la prima e più importante cosa da fare ogni
giorno è verificare le previsioni e le condizioni meteorologiche.
E’
necessario valutare sempre almeno due parametri che si possono ottenere con la
lettura su un semplice termometro e igrometro: la temperatura dell’aria e
l’umidità relativa; devono sempre essere considerate a rischio quelle giornate
in cui si prevede che la temperatura all’ombra superi i 30° e l’umidità relativa
sia superiore al 70%.
E’ possibile
a tale proposito utilizzare l’indice di calore (Heat Index), proposto anche
dall’Istituto Nazionale Francese per la Ricerca sulla Sicurezza (INRS), calcolandolo su
una specifica tabella riportata in base alla temperatura dell’aria e
all’umidità relativa.
La tabella e
il metodo di valutazioni sono reperibili al link:
Nella
definizione del Heat Index occorre considerare che esso è valido per lavoro
all’ombra e con vento leggero.
In caso di
lavoro al sole l’indice letto in tabella va aumentato di 15.
In funzione
del Heat Index i possibili disturbi per esposizione prolungata a calore e/o a
fatica fisica intensa sono così classificati:
-
da 80 a 90: cautela per possibile
affaticamento;
-
da 90 a 104: estrema cautela,
possibili crampi muscolari, esaurimento fisico;
-
da 105 a 129: rischio possibile
di colpo di calore;
-
più di 130:
rischio elevato di colpo di calore.
Occorre
tener presente che il rischio è sempre più elevato quando il fisico non ha
avuto il tempo di acclimatarsi al caldo; l’acclimatamento completo richiede
dagli 8 ai 12 giorni e scompare dopo 8 giorni. E’ quindi evidente che il rischio
è più elevato nel caso di “ondate di calore”, soprattutto quando queste si
verificano a fine primavera o all’inizio dell’estate. Il rischio può essere
aggravato anche da uno scarso riposo notturno dovuta all’alta temperatura.
MISURE DI
PREVENZIONE
Occorre
organizzare innanzitutto il lavoro in modo da minimizzare il rischio:
-
variare
l’orario di lavoro per sfruttare le ore meno calde, programmando i lavori più
pesanti nelle ore più fresche;
-
effettuare
una rotazione nel turno fra i lavoratori esposti;
-
programmare
in modo che si lavori sempre nelle zone meno esposte al sole;
-
evitare
lavori isolati permettendo un reciproco controllo.
Il vestiario
deve prevedere abiti leggeri traspiranti, di cotone, di colore chiaro; è
sbagliato lavorare a pelle nuda perché il sole può determinare ustioni e perché
la pelle nuda assorbe più calore. E’ importante anche un leggero copricapo che
permetta una sufficiente ombreggiatura.
Le pause in
un luogo fresco sono assolutamente necessarie per permettere all’organismo di riprendersi.
In alcune situazioni può essere necessario predisporre un luogo adeguatamente attrezzato.
La frequenza
e durata di queste pause deve esser valutata in rapporto al clima, ma anche
alla pesantezza del lavoro che si sta svolgendo e all’utilizzo del vestiario
tra cui devono essere considerati anche i Dispositivi di Protezione
Individuale. Occorre sottolineare che tali pause devono essere previste come
misure di prevenzione da chi organizza il lavoro e i lavoratori devono essere
invitati a rispettarle; esse non devono essere lasciate alla libera decisione
del lavoratore.
Infatti il
corpo umano, mentre avverte la temperatura esterna elevata e la fatica fisica,
non è in grado di avvertire l’accumulo interno di calore; questo può portare a
situazioni di estrema gravità (colpo di calore) senza che l’individuo se ne
renda conto.
L’idratazione
è un fattore è molto importante. E’ necessario bere per introdurre i liquidi e
i sali dispersi con la sudorazione: in condizioni di calore molto elevato il nostro
organismo può eliminare anche più di 1 litro di sudore ogni ora che quindi deve
essere reintegrato.
Bere poco è
pericoloso, perché il calore viene eliminato attraverso il sudore e la mancata
reintroduzione di liquidi e sali può portare all’esaurimento della sudorazione
e favorire quindi il colpo di calore.
E’
consigliabile quindi bere bevande che contengono sali minerali (integratori).
Non si
devono assolutamente bere alcolici per due motivi:
-
perché si
aggiungono calorie;
-
perché
l’alcol disidrata, cioè sottrae acqua dai tessuti.
E’
consigliato inoltre evitare il fumo di tabacco.
Rinfrescarsi
bagnandosi con acqua fresca è importante per disperdere il calore.
L’alimentazione
deve essere povera di grassi, ricca di zuccheri e sali minerali: preferire
pasti leggeri, facili da digerire, privilegiando la pasta, la frutta e la
verdura e limitando carni e insaccati.
L’informazione
dei lavoratori sui possibili problemi di salute causati dal calore è
fondamentale perché possano riconoscerli e difendersi, senza sottovalutare il
rischio. La patologia da calore può infatti evolvere rapidamente e i segni
iniziali possono non essere facilmente riconosciuti dal soggetto e dai compagni
di lavoro.
La
sorveglianza sanitaria è infine è molto importante perché il medico del lavoro
aziendale, valutando lo stato di salute dei lavoratori, può fornire indicazioni
indispensabili per prevenire il rischio da colpo di calore in relazione alle
caratteristiche individuali di ciascun lavoratore.
La presenza
di alcune malattie come le cardiopatie, malattie renali, diabete, obesità
possono ridurre anche drasticamente la resistenza dell’individuo
all’esposizione a calore; l’esposizione a calore inoltre aumenta il rischio di
aggravamento della malattia di cui si soffre.
Il medico
competente dell’azienda con il giudizio di idoneità al lavoro dà indicazioni al
lavoratore e al datore di lavoro sulle possibilità di poter sostenere
l’esposizione a calore; di conseguenza i lavoratori con specifiche indicazioni
nel giudizio di idoneità dovranno essere impiegati in attività più leggere e
con maggiori pause.
LA SINTOMATOLOGIA DA CALORE E IL SOCCORSO
La
“patologia da calore” può evolvere rapidamente, i primi segnali di pericolo di
colpo di calore possono essere poco evidenti e insidiosi: riconoscerli ed
effettuare una diagnosi precoce può salvare la vita. Pensare che l’idratazione
prevenga il colpo di calore è un errore. La verità è che idratarsi è
importante, ma non è sufficiente per prevenire il malore.
I segni
premonitori di un iniziale colpo di calore possono includere: irritabilità,
confusione, aggressività, instabilità emotiva, irrazionalità e perdita di
lucidità. Vertigini, affaticamento eccessivo e vomito possono essere ulteriori
sintomi.
Tremori e
pelle d’oca segnalano una riduzione della circolazione cutanea, predisponendo a
un veloce aumento della temperatura. Spesso il soggetto comincia a
iperventilare (come fanno i cani) per ridurre il calore; questo può causare
formicolio alle dita come preludio del collasso. Incoordinazione e mancanza
d’equilibrio sono segni successivi, seguiti dal collasso con perdita di
conoscenza e/o coma. In fase di collasso la temperatura corporea può
raggiungere o superare i 42,2°C.
In caso che
un collega manifesti i sintomi da colpo di calore o collassi è necessario
chiamare subito un addetto al Primo Soccorso aziendale e chiamare comunque il
118.
In attesa
dei soccorsi occorre posizionare il lavoratore all’ombra e al fresco, sdraiato
in caso di vertigini, sul fianco in caso di nausea, mantenendo la persona in
assoluto riposo; slacciare o togliere gli abiti.
Inoltre
occorre raffreddare la cute con spugnature di acqua fresca in particolare su
fronte, nuca ed estremità.
LAVORO
D’ESTATE IN CONDIZIONI DI TEMPERATURA ELEVATA: I PUNTI PRINCIPALI IN SINTESI
CHI
I lavoratori
dei cantieri edili e stradali e gli agricoltori nei campi e/o in serra.
In generale
tutti i lavoratori che effettuano un lavoro faticoso all’aperto.
QUANDO
Quando la Temperatura all’ombra
supera i 30°C
e l’umidità relativa è superiore al 70% esiste il rischio concreto di colpo di
calore. Temperature superiori a 35°C
con umidità all’80% rappresentano situazioni di rischio elevato.
SINTESI
DELLE MISURE GENERALI DI PREVENZIONE
E’
necessario:
-
informare i
lavoratori sui possibili problemi di salute causati dal calore perché possano
riconoscerli e difendersi, senza sottovalutare il rischio;
-
seguire le
prescrizioni e le limitazioni del medico competente che ha effettuato la sorveglianza
sanitaria, in relazione all’idoneità sul rischio specifico.
Ogni giorno
occorre:
-
misurare la
temperatura dell’aria (all’ombra) e l’umidità relativa e informare i lavoratori
sul rischio programmare i lavori di maggior fatica fisica in orari con
temperature più favorevoli, preferendo l’orario mattutino e preserale;
-
programmare
in modo che si lavori sempre nelle zone meno esposte al sole;
-
effettuare
una rotazione nel turno fra i lavoratori esposti;
-
evitare
lavori isolati permettendo un reciproco controllo;
-
usare abiti
leggeri di colore chiaro in tessuto traspirante e copricapo;
-
prevedere
pause durante il turno lavorativo in un luogo fresco, con durata variabile in
rapporto al clima e alla attività fisica del lavoro; i lavoratori devono essere
invitati a rispettarle e non devono essere lasciate solo alla libera decisione
del lavoratore;
-
rinfrescarsi
bagnandosi con acqua fresca;
-
bere acqua
fresca (non ghiacciata) e sali minerali per recuperare i liquidi persi con la
sudorazione che in queste condizioni climatiche possono raggiungere anche più
di 1 litro
di sudore ogni ora; Bisogna quindi bere molto anche indipendentemente dallo
stimolo della sete;
-
non bere
assolutamente alcolici;
-
evitare il
fumo di tabacco;
-
preferire
pasti leggeri, facili da digerire privilegiando la pasta, la frutta e la
verdura e limitando carni e insaccati.
CRONACA DI
COLPI DI CALORE REALMENTE ACCADUTI
Questo
giovedì di luglio fa molto caldo, lui è un muratore di 45 anni. Ha lavorato
tutto il giorno in cantiere utilizzando la mazza, solo una breve pausa per il
pasto consumato in cantiere con panini e birra. A un certo punto si sente
debole e gli comincia a girare la testa tanto che deve smettere di lavorare;
non si regge in piedi, la pelle è molto calda. Un compagno si accorge che sta
male e decide di portarlo al Pronto Soccorso. Qui la situazione appare subito
molto grave: la febbre è molto elevata (42°C), poi compaiono convulsioni, perdita di
conoscenza fino al coma. La morte avviene 2 ore dopo; la diagnosi è colpo di
calore. L’autopsia evidenzierà la presenza di una malattia cardiaca.
Il primo
giorno di canicola della stagione sorprende tutti. Fine giugno, il termometro
segna già più di 30 °C.
E’ apprendista in una falegnameria, ha 19 anni e deve occuparsi di uno scarico
di materiale in un magazzino un po’ fuori mano. All’inizio del pomeriggio,
ritorna dopo il pranzo, e poco dopo ha sete, ma si rende conto di non avere
acqua da bere. Tanto peggio, ha fretta e quindi rinuncia ad andare a prendere
l’acqua; si dice: “la birra del pranzo mi basterà” e così continua il suo lavoro
pesante. Mentre la mattina sudava molto, si accorge che finalmente suda molto
meno. Però iniziano a un certo punto mal di testa e crampi muscolari. Poi a
tratti si sente molto caldo e ha difficoltà a concentrarsi nel lavoro. Un’ora e
mezza più tardi, mentre sta tornando con l’auto, è colto da malore e perde il
controllo del veicolo.
Lunedì 11
agosto riprende il lavoro dopo una assenza per malattia. Ha 42 anni e lavora
come muratore. La canicola, che si è abbattuta sul paese già da una decina di
giorni, non diminuisce. La notte precedente, la temperatura ha raggiunto record
storici: non è scesa al di sotto di 25,5 °C. Ha avuto difficoltà a trovare il
sonno. Quel mattino raggiunge tre colleghi in cantiere: deve spostare dei
materiali scaricati all’entrata del cantiere, in pieno sole. All’inizio della
mattina beve molto, ma poi l’acqua non è più molto fresca... Preso dai ritmi di
lavoro non presta attenzione alla sensazione di debolezza e di stanchezza.
Pensa che sia dovuta alla mancanza di sonno. Alle 11:00, mentre ha
definitivamente rinunciato a bere acqua ormai tiepida, è in preda ai primi
stordimenti. Varie volte, i suoi colleghi si preoccupano del suo stato, senza
che nessuno riconosca il colpo di calore. Dopo il pranzo, mentre si prepara a
riprendere la sua attività, perde coscienza.
L’USO SICURO DI CARRELLI ELEVATORI E
CARRELLI A CONDUZIONE MANUALE
Da:
PuntoSicuro
13 luglio
2015
Un documento
sulla prevenzione dei rischi nelle aziende metalmeccaniche riporta utili suggerimenti
per l’uso dei carrelli elevatori e dei carrelli porta pallet a conduzione
manuale. I pericoli delle attrezzature e le misure di prevenzione.
L’uso dei
carrelli elevatori comporta situazioni di rischio per gli operatori che li
utilizzano e per gli altri lavoratori che operano negli ambienti in cui i
carrelli circolano.
Ci occupiamo
in particolare dell’utilizzo dei carrelli elevatori nelle aziende del comparto
metalmeccanico e per avere informazioni sulle misure di prevenzione possibili
facciamo riferimento al documento “Labor Tutor: Un percorso formativo sulla
prevenzione dei fattori di rischio tipici del settore metalmeccanico” opuscolo
realizzato dall’INAIL in collaborazione con ENFEA (Ente Nazionale per la Formazione E l’Ambiente).
Vengono
presentati innanzitutto nel dettaglio i vari rischi correlati all’utilizzo dei
carrelli elevatori, con riferimento specifico ai carrelli elettrici e ai
carrelli a motore endotermico:
-
rischi di
ribaltamento/rovesciamento;
-
rischio di
investimento;
-
rischio di
caduta del materiale;
-
rischi
infortunistici (cesoiamento, schiacciamento, rischi connessi all’avviamento
accidentale);
-
rischi di
esplosione dovuti al potenziale rilascio d’idrogeno nella fase di caricamento
delle batterie (carrelli elettrici);
-
rischi di
inalazione di gas o fumi di scarico di motori.
E per ogni
rischio vengono presentate le possibili misure di prevenzione.
Noi ci
soffermiamo oggi in particolare sulla prevenzione dei rischi di rovesciamento e
di investimento:
rispetto
della velocità massima stabilita: la guida dei carrelli deve sempre avvenire
nel rispetto delle istruzioni e della formazione acquisita;
conduzione
attenta e responsabile del carrello: non devono mai essere eseguite manovre potenzialmente
pericolose e non previste durante il corso di formazione alla guida dei
carrelli;
buona
organizzazione della segnaletica orizzontale/verticale: la guida deve avvenire
nel massimo rispetto della segnaletica orizzontale/verticale, mantenendo una
velocità coerente con gli ambienti e gli spazi dove avvengono le manovre;
segnalazione
acustica in prossimità di curve: in prossimità di curve, o di passaggi che non
consentono la perfetta visibilità, si deve procedere molto lentamente
attivando, se necessario, gli avvisatori acustici;
carico verso
monte durante le discese di dislivelli: i carichi devono essere sempre
trasportati con le forche abbassate, per evitare che il baricentro dell’insieme
sia elevato e facilmente sbilanciabile; il transito su piani inclinati deve
sempre avvenire con il carico a monte rispetto alla posizione del posto di
guida; in caso di trasporto di carichi ingombranti che limitano la visuale
all’addetto alla guida, si dovrà procedere in retromarcia o dovranno essere
presenti operatori a terra che dirigono la manovra.
Con
particolare riferimento ai problemi di ricarica batterie, ci soffermiamo anche
sulla prevenzione del rischio di esplosione:
-
utilizzo di
locali adeguatamente aerati per il caricamento delle batterie;
-
separazione
dei locali di carica batterie dalle altre zone di lavoro;
-
eliminazione
delle fonti di innesco;
-
realizzazione
di impianti elettrici di tipo AD (antideflagrante).
In
particolare si indica che durante la carica della batteria, si sviluppa
idrogeno che, combinandosi con l’ossigeno presente nell’aria, forma una miscela
facilmente infiammabile ed esplosiva. Per questo motivo, è necessario eliminare
ogni possibilità di innesco: non bisogna fumare, né usare fiamme libere in
prossimità di una batteria in carica o appena caricata; non bisogna disinserire
il cavo di alimentazione prima di aver disconnesso elettricamente il
caricabatterie, poiché potrebbero svilupparsi scintille. Per le stesse ragioni,
è necessario che l’intero impianto elettrico del locale adibito alla carica sia
di tipo antideflagrante.
Il documento
ricorda poi che durante la fase di ricarica, una certa quantità di acqua
evapora, trascinando con sé vapori di acido che, se inalati, possono irritare
le prime vie respiratorie (naso, gola, bronchi), mentre prolungate esposizioni
possono determinare malattie croniche (infiammazioni).
Riportiamo
brevemente qualche nota sulla prevenzione dei rischi connessi all’inalazione di
gas o fumi di scarico, con riferimento all’uso dei carrelli con motore
endotermico:
divieto di
utilizzo di carrelli con motore endotermico in ambienti chiusi;
in casi
particolari, utilizzo solo per brevi periodi e con adeguata aerazione degli
ambienti;
predisposizione
di eventuali aspirazioni/aerazioni aggiuntive negli ambienti;
uso di
carrelli con motore endotermico muniti di sistemi per l’abbattimento dei gas di
scarico.
Si segnala
dunque che i carrelli elevatori con motore endotermico (motore a combustione interna
funzionanti a benzina, gas di petrolio liquido, gasolio) sviluppano gas di
scarico e principalmente CO (monossido di carbonio), altamente tossico.
Per tali
motivi, è di norma vietato l’uso di questo tipo di mezzi negli ambienti di
lavoro.
Se, per
situazioni eccezionali, si è costretti ad impiegarli, si devono adottare misure
di contenimento per evitare il diffondersi dell’inquinante prodotto, come ad
esempio: l’impiego di depuratori o catalizzatori applicati direttamente al tubo
di scarico, o un potenziamento del ricambio dell’aria nell’ambiente.
Infine diamo
qualche informazione su un’altra tipologia di scheda, a cui il manuale “Labor Tutor”,
dedica una specifica scheda: i carrelli porta pallet a conduzione manuale.
Il documento
ricorda che l’impiego dei carrelli manuali può sembrare semplice e senza
pericoli, ma in realtà comporta varie situazioni di rischio.
Questi
carrelli a conduzione manuale possono essere a trazione umana o elettrica; i
primi sono in genere utilizzati per il semplice spostamento di materiali posti
su bancali (pallet) da un reparto all’altro, oppure da una ribalta al pianale
di un mezzo di trasporto.
I carrelli a
conduzione manuale elettrici vengono invece utilizzati per la movimentazione di
materiali nei magazzini, in quanto sono di dimensioni abbastanza ridotte e
possono essere manovrati facilmente in corsie dove un normale “muletto” non
potrebbe operare.
Questi i
rischi presentati:
-
rischi di
ribaltamento/rovesciamento;
-
rischio di
investimento;
-
rischio di
caduta del materiale;
-
rischi di
esplosione dovuti al potenziale rilascio d’idrogeno nella fase di caricamento
delle batterie (solo per carrelli elettrici).
Ci
soffermiamo, in conclusione, sulla prevenzione del rischio di investimento, che
richiede:
corretta
organizzazione dell’ambiente di lavoro, tale da garantire spazio sufficiente
per le manovre e per il transito delle persone;
formazione e
addestramento del personale appositamente designato alla conduzione dei carrelli;
apposizione
di segnaletica di sicurezza, chiara e ben visibile;
mantenimento
in efficienza dei sistemi frenanti e dei sistemi di segnalazione acustica e/o
luminosa.
In
particolare gli spazi lavorativi in cui si muovono i carrelli a conduzione
manuale (ad esempio cortili, magazzini, piani di caricamento, ecc.) devono
essere organizzati in modo tale da garantire: spazio di manovra adeguato sia al
mezzo che al carico, spazio dedicato per eventuali pedoni, pavimentazione
regolare e priva di ostacoli. Queste precauzioni, unite a un’adeguata segnaletica
e all’impiego di personale appositamente designato e addestrato, riducono
sensibilmente il rischio di investimento.
Inoltre non
dimentichiamo di mantenere efficiente il mezzo: freni e segnalatori (se
presenti) devono essere controllati quotidianamente.
Il documento
dell’INAIL “Labor Tutor: Un percorso formativo sulla prevenzione dei fattori di
rischio tipici del settore metalmeccanico”, realizzato in collaborazione con
ENFEA, è scaricabile all’indirizzo:
RISCHIO ALCOL DIPENDENZA: ASPETTI
NORMATIVI E GIURISPRUDENZIALI
Da:
PuntoSicuro
13 luglio
2015
di Tiziano
Menduto
Riflessioni
sul diritto al lavoro e diritto alla salute in relazione ai controlli per
verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza. La normativa, la
sorveglianza sanitaria, gli obblighi del datore di lavoro e il principio di
protezione oggettiva.
Come ha
ricordato Luciano Marchiori (Direttore ASL SPRESAL Verona) al convegno “Alcol:
tra diritto al lavoro e diritto alla salute” (Bari, 7 novembre 2014), il mondo
del lavoro sta vivendo una crescente deindustrializzazione accompagnata dalla
diversificazione delle forme del lavoro a favore del precariato e della
insicurezza del posto di lavoro, con profonde ricadute in termini di sicurezza,
salute e benessere sul lavoro.
E una
semplice analisi sanitaria di questo contesto si può fare con i dati derivanti
dalle comunicazioni dei medici competenti, ex articolo 40 e allegato 3B del
D.Lgs. 81/08 relativi alla sorveglianza sanitaria svolta nel 2013: il primo
dato che emerge è relativo alla percentuale di lavoratori risultati non idonei,
pari al 20%, un terzo di questi in maniera permanente.
Per quanto
riguarda i problemi alcol dipendenza, a fronte dei circa 700.000 controlli
effettuati nell’anno 2013, la percentuale dei lavoratori risultati essere non
idonei alla mansione è pari al 3%, mentre per i circa 600.000 controlli
effettuati per le sostanze stupefacenti è risultata una positività dei
controlli dello 0,5%.
Anche se
riguardo la non idoneità per alcol, in alcune regioni si sono registrate
percentuali di positività anche del 15%.
Torniamo
dunque a parlare di problemi alcolcorrelati, sempre in relazione agli
interventi al citato convegno, soffermandoci in questo caso sulla normativa
nazionale e su alcuni aspetti giurisprudenziali attraverso l’intervento di Anna
Guardavilla (giurista esperta in materia di salute e sicurezza) dal titolo
“Alcol tra diritto al lavoro e diritto alla salute”.
Dopo aver
ricordato alcuni aspetti costituzionali, attraverso la Sentenza della Corte
Costituzionale n. 85 del 9 maggio 2013, l’intervento di Guardavilla si sofferma
sulla normativa contenuta nel D.Lgs. 81/08 e in particolare nell’articolo 41,
comma 4:
“Le visite
mediche di cui al comma 2, a
cura e spese del datore di lavoro, comprendono gli esami clinici e biologici e
indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico
competente. Nei casi e alle condizioni previste dall’ordinamento, le visite di
cui al comma 2, lettere a), b), d), e-bis) e e-ter) sono altresì finalizzate
alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di
sostanze psicotrope e stupefacenti”.
E ricorda
che tra gli obblighi generali del medico competente c’è quello di collaborare
alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove
necessario, della sorveglianza sanitaria e programmare ed effettuare la
sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41 attraverso protocolli sanitari
definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli
indirizzi scientifici più avanzati (obbligo di cui all’articolo 25, comma 1,
lettere a) e b) del D.Lgs. 81/08).
Tornando
all’articolo 41, come indicato da Beniamino Deidda (“Analisi della situazione
attuale e proposte per una normativa migliore”, Firenze 2010): il primo nodo
posto dalla disciplina dell’articolo 41 è costituito dall’inciso “nei casi e alle
condizioni previste dall’ordinamento”.
Va
innanzitutto precisato che l’espressione va assunta nel suo significato più
ampio esaminando cioè quali siano oggettivamente nell’intero nostro ordinamento
giuridico i casi e le condizioni che impongono le visite mediche di cui
all’articolo 41, comma 2 del D.Lgs. 81/08.
Al riguardo
si può dire con certezza che sono in vigore nel nostro ordinamento due
disposizioni strettamente collegate che costituiscono un punto importante per
configurare la natura degli obblighi ed individuare i soggetti obbligati.
La prima
norma è contenuta nell’articolo 15 della Legge n. 125 del 2001: tale norma ha
avuto talvolta un’interpretazione così ristretta da sembrare banale.
La seconda
norma è il Provvedimento 16 marzo 2006 che contiene l’Intesa “in materia di individuazione
delle attività lavorative ai fini del divieto di assunzione e somministrazione
di bevande alcoliche e superalcoliche emanata ai sensi del comma 1
dell’articolo 15 della Legge 125/01”.
In
particolare la ratio della Legge 125/01 è che nelle attività lavorative che
comportano un elevato rischio di infortunio il legislatore si preoccupa di
evitare non solo che sul lavoro non si beva, ma soprattutto che non si lavori
in condizioni menomate di vigilanza e di attenzione. Un’interpretazione troppo
ristretta finirebbe per punire solo il mero atto di assumere alcolici e non già
lo stato di limitata vigilanza durante l’attività lavorativa.
E dunque il
legislatore stabilendo la necessità del controllo alcolimetrico per le finalità
previste dal presente articolo obbliga l’interprete a individuare queste
finalità e non vi è dubbio che si tratti di evitare gli elevati rischi di
infortuni sul lavoro, ovvero per la sicurezza l’incolumità o la salute dei
terzi, derivanti dall’assunzione di bevande alcoliche.
Si ricorda
poi che si ha una ricomprensione del regime giuridico del articolo 15 della
Legge 125/01 nell’ambito della sorveglianza sanitaria (articolo 41, comma 4 del
D.Lgs. 81/08) intesa come l’insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela
dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori e che in caso di sospetto di
alcoldipendenza nel corso di sorveglianza sanitaria, si ha invio da parte del
medico competente ai Servizi alcologici delle ASL per consulenza specialistica
(articolo 39, comma 5 del D.Lgs. 81/08).
Dopo essersi
soffermato sui ruoli dei servizi di Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro
delle ASL e del medico competente in relazione ai lavoratori e all’azienda, si
riportano alcune indicazioni giurisprudenziali e normative:
-
obbligo del
datore di lavoro di tutela dei terzi: le norme antinfortunistiche non sono
dettate soltanto per la tutela dei lavoratori nell’esercizio della loro
attività, ma sono dettate anche a tutela dei terzi che si trovino nell’ambiente
di lavoro, indipendentemente dall’esistenza di un rapporto di dipendenza con il
titolare dell’impresa (Sentenza della Cassazione Penale n. 956 del 13 gennaio
2014);
-
principio
della sicurezza in sé dell’ambiente di lavoro: le disposizioni prevenzionali
sono quindi da considerare emanate nell’interesse di tutti, finanche degli
estranei al rapporto di lavoro, occasionalmente presenti nel medesimo ambiente
lavorativo, a prescindere, quindi, da un rapporto di dipendenza diretta con il
titolare dell’impresa (Sentenza della Cassazione Penale n. 6363 del 8 febbraio
2013);
-
ampiezza
dell’obbligo di cura del lavoratore: ogni lavoratore deve prendersi cura della
propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo
di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni (articolo
20, comma 1 del D.Lgs. 81/08);
-
datore di
lavoro e principio di protezione oggettiva: le norme antinfortunistiche sono
dettate al fine di ottenere la sicurezza delle condizioni di lavoro e di
evitare gli incidenti ai lavoratori in ogni caso, e cioè quando essi stessi,
per imprudenza, disattenzione, assuefazione al pericolo, possono provocare
l’evento (Sentenza della Cassazione Penale n. 3213 del 18 febbraio 2004,
Sentenza della Cassazione Penale n. 5920 del 24 marzo 2004, Sentenza della
Cassazione Penale n. 2930 del 14 febbraio 2005, Sentenza della Cassazione
Penale n. 4980 del 8 marzo 2006).
Inoltre la Sentenza della Cassazione
Penale n. 36272 del 20 settembre 2012, indica che la condotta maldestra,
inavvertita, scoordinata, confusionale per effetto dell’ebbrezza alcolica,
null’altro è che un comportamento imprudente, anche a fronteggiare il quale è
posto l’obbligo prevenzionistico facente capo al datore di lavoro. Dunque non
ricorre nel caso di specie alcun comportamento anomalo del lavoratore e quindi
non è rinvenibile un esso una causa da sola sufficiente a produrre l’evento.
Riportiamo
infine alcune delle conclusioni indicate nella relazione e relative ad aspetti
da sottolineare:
-
guardare
alle esplicite e implicite finalità della normativa sull’alcol: tutela della
sicurezza, della salute e in generale dell’incolumità dei lavoratori e dei
terzi;
-
il rischio
da presidiare è quello legato ad attività lavorative che comportano un elevato
rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l’incolumità o la
salute;
-
ampiezza
della posizione di garanzia del datore di lavoro nei confronti dei terzi:
“principio della sicurezza in sé dell’ambiente di lavoro”;
-
ampiezza
della posizione di garanzia del datore di lavoro nei confronti dei lavoratori:
“principio di protezione oggettiva”.
Il documento
“Quale è l’attuale orientamento del Coordinamento delle Regioni, gruppo dei servizi
territoriali di prevenzione delle ASL e dei Ministeri in merito alla verifica
d’efficacia degli strumenti predisposti e i futuri orientamenti” è scaricabile
all’indirizzo:
Il documento
“Alcol tra diritto al lavoro e diritto alla salute” è scaricabile
all’indirizzo:
I
RISCHI INFORTUNISTICI NELLE STRUTTURE OSPEDALIERE
Da:
PuntoSicuro
21 luglio 2015 di Tiziano Menduto
Negli ambienti ospedalieri il personale sanitario è
soggetto a diversi rischi di infortunio: cadute, urti, tagli o punture, uso non
sicuro dei dispositivi medici e delle attrezzature di lavoro, atti violenti,
incidenti correlati all’uso di veicoli.
PuntoSicuro ha dedicato in questi anni diversi
articoli alle malattie professionali dei lavoratori negli ambienti ospedalieri,
ad esempio con riferimento ai rischi chimici o ai rischi dipendenti da una
erronea movimentazione manuale dei carichi e dei pazienti. Tuttavia in questi
ambienti anche gli infortuni costituiscono un fenomeno non trascurabile. E gli
infortuni possono dipendere, ad esempio, da cadute, urti, tagli o punture, da
un uso non sicuro dei dispositivi medici e macchine o da incidenti correlati
all’uso di veicoli.
Per affrontare il tema degli infortuni degli
operatori sanitari nelle strutture ospedaliere, riprendiamo quanto pubblicato
dal Servizio di Prevenzione e Protezione dell’Azienda Sanitaria Locale CN2
Alba-Bra sul proprio sito in relazione alla valutazione dei rischi. Una valutazione
che prevede l’identificazione delle sorgenti di rischio presenti nel ciclo
lavorativo, l’individuazione e la stima dei conseguenti rischi d’esposizione.
Partendo dalla grande diffusione, nel settore
sanitario e in molti altri ambiti lavorativi, dei rischi da scivolamento e
caduta in piano e dei rischi di urti contro mobili, apparecchiature, suppellettili,
presentiamo due misure di prevenzione indicate nel materiale pubblicato sul
sito dell’ASL CN2:
-
adottare da parte del personale di corsia scarpe ben
calzanti e con suola in gomma;
-
evitare gli affollamenti e l’ingombro delle sale di
degenza e di assistenza.
Un altro tema affrontato è quello relativo alla
possibilità di infortuni causati da atti violenti di pazienti, spesso atti
involontari dipendenti dall’insufficiente autocontrollo riconducibile a specifiche
patologie.
In questo caso la prevenzione si attua attraverso la
tempestiva identificazione delle patologie dei pazienti che possono assumere
involontari comportamenti aggressivi (pazienti psichiatrici, etilisti, ecc.) e
attraverso una sempre migliore pianificazione dell’assistenza, in modo da
ridurre o ancor meglio eliminare i motivi di attrito tra operatori sanitari e
pubblico.
Veniamo ai dispositivi medici.
Si ricorda che la normativa ha rivoluzionato il modo
di operare delle aziende costruttrici di dispositivi medici, al fine di offrire
al mercato prodotti con un elevato e garantito grado di sicurezza ed
affidabilità. E questo elevato grado di sicurezza deve essere garantito dalla
presenza della marcatura CE di conformità apposta sul prodotto.
L’ASL CN2 indica che all’acquisto di un dispositivo
medico si deve scrupolosamente verificare che insieme al prodotto siano fornite
tutte le informazioni e le istruzioni d’uso necessarie (che devono essere
sempre correttamente conservate) in materia di:
-
destinazione d’uso del dispositivo;
-
limitazione d’impiego del dispositivo;
-
condizioni di utilizzo del dispositivo.
Ed è evidente come l’intrinseca sicurezza di un
dispositivo medico sia condizione essenziale, ma non sufficiente a garantire il
paziente: a questa condizione deve infatti accompagnarsi un utilizzo
appropriato e corretto del dispositivo.
L’ASL CN2 si sofferma poi sulle varie macchine,
attrezzature di lavoro utilizzate presenti normalmente anche nei vari reparti
di un ospedale ad esempio nelle mense e nelle cucine (frullatori, coltelli
elettrici, affettatrici, ecc.), in lavanderia (rotaie meccanizzate, trasporto
abiti, lavatrici, ecc.), negli uffici (archivi meccanizzati, ecc.). Senza
dimenticare gli utensili per manutenzione (trapani, seghetti, ecc.), le
macchine per il trasporto e il sollevamento (carrelli elevatori, piattaforme di
sollevamento, ecc.), i cancelli automatizzati, ecc.
Ricordando che a livello normativo il datore di
lavoro deve garantire che le macchine siano “a norma”, utilizzate in conformità
al manuale d’uso e da parte di personale informato e formato ed eventualmente
munito di DPI (Dispositivi di Protezione Individuale), laddove necessari,
vengono presentati alcuni dei rischi ai quali si può essere esposti, che
possono derivare:
-
dal contatto con parti mobili della macchina;
-
dalla perdita di oggetti che sono spinti fuori della
macchina a causa di qualche guasto;
-
dal cattivo funzionamento della macchina.
Gli addetti alle macchine operatrici devono fare un
corretto uso ed avere la massima cura dei DPI avuti in dotazione (ad esempio
caschi, tappi auricolari, occhiali protettivi, visiere, guanti, scarpe
antinfortunistiche, ecc.).
Dall’ASL CN2 vengono poi presentate particolari indicazioni
sulla sicurezza nei processi di saldatura (con riferimento ai problemi creati
da gas e vapori, fumi e polveri, radiazioni ultraviolette e infrarosse).
Ci soffermiamo sull’uso degli automezzi.
L’ASL ricorda non solo che i mezzi ospedalieri possono
essere utilizzati solo per esigenze di servizio dal personale autorizzato e
munito di patente di guida adeguata, ma che prima di iniziare la guida di un
mezzo è necessario controllare che:
-
la pressione dei pneumatici sia quella indicata dal
costruttore;
-
i pneumatici non presentino tagli o screpolature
profonde;
-
lo spessore del battistrada sia almeno di 1 mm;
-
i freni siano efficienti;
-
i segnali luminosi siano efficienti e puliti;
-
i segnali acustici funzionino;
-
i tergicristalli funzionino a dovere e le relative
spazzole non siano usurate;
-
a bordo vi siano, nel periodo invernale, le catene
antineve complete di tutti gli accessori e il giubbotto ad alta visibilità.
Inoltre durante la guida dell’automezzo il
conduttore deve:
-
rispettare le norme sulla circolazione stradale
(segnaletica, ecc.);
-
mantenere un assetto di guida corretto;
-
non compiere movimenti o azioni che distolgano la
sua attenzione, pregiudicando la sicurezza;
-
effettuare il rifornimento di carburante a motore
spento;
-
utilizzare sistematicamente le cinture di sicurezza;
-
segnalare al responsabile ogni anomalia riscontrata;
-
porre particolare attenzione al carico dei veicoli
in modo che non sia superata la portata indicata nel documento di circolazione,
non sia dimenticata la visibilità del conducente, il carico sia stabile, ecc;
-
trasportare in sicurezza i materiali infettivi e i
campioni diagnostici;
Senza dimenticare che il conduttore non deve:
-
far uso di bevande alcoliche;
-
usare i cellulari senza dispositivo
vivavoce/auricolare;
-
fumare a bordo degli automezzi aziendali.
E’ infine compito di ogni Responsabile di Servizio
far effettuare la manutenzione ordinaria ogni 5.000 km o 6 mesi.
Concludiamo invece con un breve riferimento alla
sicurezza nell’uso dei carrelli elevatori.
L’operatore alla guida del carrello elevatore è
tenuto:
-
a inizio lavoro a controllare il regolare
funzionamento del freno, dei comandi, dell’avvisatore acustico e delle luci;
-
a fine lavoro a parcheggiare il carrello nel luogo
designato, appoggiare le forcole sul pavimento (questo anche quando il carrello
è abbandonato momentaneamente), spegnere il motore, asportare la chiave e
azionare il freno di stazionamento.
Il documento “Principali rischi in ambiente
ospedaliero”, spazio online a cura del Servizio di Prevenzione e Protezione
dell’Azienda Sanitaria Locale CN2 Alba-Bra.
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