giovedì 23 luglio 2015

23 luglio - Si chiamava Mohamed ed è morto di sfruttamento



Si chiamava Mohamed, e sognava una vita migliore
(22 Luglio 2015) 


Omicidio colposo. Questo è il reato ipotizzato dalla Procura di Lecce nei confronti della titolare dell’azienda per cui Mohamed lavorava, nelle campagne di Nardò, dove è morto sotto un sole cocente due giorni fa (ne abbiamo parlato qui). Altri due sono i nomi iscritti nel registro degli indagati dal pubblico ministero: il marito della donna (già coinvolto in un’altra inchiesta sullo sfruttamento della manodopera straniera nella raccolta delle angurie) e il presunto intermediario, un cittadino sudanese, a cui gli investigatori hanno sequestrato un quaderno con i nomi e i compensi dei lavoratori impiegati come braccianti. Venerdì prossimo il pubblico ministero conferirà al medico legale l’incarico di eseguire l’autopsia sul corpo di Mohamed. Sarà, infatti, l’esame autoptico a stabilire se a causare la morte sia stata qualche patologia pregressa o “semplicemente” le condizioni disumane cui i braccianti stranieri sono quotidianamente sottoposti, con turni massacranti fino a dodici ore, senza pause e senza il rispetto delle norme sulla sicurezza sul lavoro.
Altre contestazioni potrebbero aggiungersi, quindi, con lo sviluppo delle indagini, al reato di omicidio colposo: dalla violazione delle norme previste nella legge sul caporalato, allo sfruttamento dei lavoratori. Secondo i primi accertamenti eseguiti, ancora al vaglio della magistratura, la vittima era impiegata nella raccolta nei campi con un compenso di 6 o 7 euro all’ora.
Intanto, tutti i lavoratori provenienti dal Sudan, impegnati nelle campagne neretine, che si raggruppano presso la cosiddetta “falegnameria”, dopo la tragedia, si sono rifiutati di andare a lavorare, con un gesto fermo ma calmo, e tanta dignità. In queste ore, si stanno organizzando per raccogliere soldi e provvedere alle spese di rientro della salma di Mohamed, che non si sa ancora se avverrà in Sudan o a Caltanissetta, qualora non ci fossero soldi sufficienti. Oggi, sono in arrivo a Nardò, dalla Sicilia, la moglie e la figlia dell’uomo. Incontreranno i volontari dell’associazione “Diritti a sud”, che hanno messo a disposizione della donna due avvocati per assisterla gratuitamente. Nei prossimi giorni, è previsto anche un momento di raccoglimento. Per il resto, numerosi sono ancora gli interrogativi su cui fare luce. Per Mohamed, che voleva lavorare pochi giorni, raggranellare qualche soldo e poi partire per la Francia, era stato il suo primo giorno di lavoro a Nardó. E gli è costato caro. Troppo.
cronachediordinariorazzismo.org


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