SICUREZZA SUL
LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS!
NEWSLETTER N. 224
DEL 28/08/15
NEWSLETTER PER LA TUTELA DELLA SALUTE
E DELLA
SICUREZZA DEI LAVORATORI
INDICE
I PARERI DELLA
COMMISSIONE INTERPELLI - N.1
L’articolo
12 del D.Lgs.81/08 (Testo Unico sulla sicurezza) ha previsto la costituzione
della Commissione degli Interpelli, composta da rappresentanti del Ministero
del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero della salute, della
Conferenza delle Regioni e delle Provincie autonome con lo scopo di rispondere
a “quesiti di ordine generale sull’applicazione
della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro” posti da Organismi
associativi, Enti pubblici, Organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei
lavoratori, Consigli nazionali degli ordini.
La Commissione degli Interpelli
è stata effettivamente costituita con decreto del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali con Decreto del 28 settembre 2011.
Secondo il comma 3 dell’articolo 12 del D.Lgs.81/08 “Le indicazioni fornite
nelle risposte ai quesiti di cui al comma 1
[quelli posti alla Commissione] costituiscono
criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio delle attività di vigilanza”.
Riporto
pertanto in una nuova rubrica della mia newsletter tali pareri con il link per
scaricare il testo completo del quesito e del parere della Commissione.
Marco
Spezia
AZIENDE CON PIU’ UNITA’ PRODUTTIVE –
UNICO SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
Interpello in materia di sicurezza n.1
del 22 novembre 2012
RICHIEDENTE
Consiglio Nazionale degli Architetti
Pianificatori Paesaggisti e Pianificatori
QUESITO
Il
quesito è relativo alle questioni applicative poste dalla Circolare n.1273 del
26/07/10 dell’Assessorato Regionale alla Salute della Regione Sicilia “Linee
guida sull’assetto organizzativo e funzionale dei Servizi di Prevenzione e
Protezione delle strutture sanitarie della Regione siciliana”, nonché in
generale in ordine al modello organizzativo ottimale dei Servizi di Prevenzione
e Protezione nell’ambito delle strutture del Sistema Sanitario Nazionale e del
Sistema Sanitario Regionale Siciliano.
In
particolare il quesito fa riferimento all’interpretazione dell’articolo 31,
comma 8 del D.Lgs.81/08, relativo alla possibilità per aziende costituite da
più Unita produttive, di avere un unico Servizio di Prevenzione e Protezione
dai rischi interno, anche nel caso di aziende con rischi particolari e
rilevanti.
CHIARIMENTO
L’istituzione e l’organizzazione del
Servizio di Prevenzione e Protezione rientra, come è noto, tra gli obblighi del
datore di lavoro, anche delegabili, mentre la designazione del Responsabile del
Servizio di Prevenzione e Protezione dai rischi (di seguito RSPP) è un obbligo
indelegabile del datore di lavoro così come previsto dall’articolo 17, comma 1,
lettera b).
Il legislatore nel disciplinare l’istituzione
del Servizio di Prevenzione e Protezione ha previsto nell’articolo 31, comma 6
del D.Lgs.81/08 che:
“L’istituzione
del Servizio di Prevenzione e Protezione all’interno dell’azienda, ovvero
dell’unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi:
a) nelle aziende industriali di cui all’articolo 2 del D.Lgs.334/99, e
successive modificazioni, soggette all’obbligo di notifica o rapporto, ai sensi
degli articoli 6 e 8 del medesimo Decreto [aziende a rischio di incidente rilevante];
b) nelle centrali termoelettriche;
c) negli impianti ed installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del
D.Lgs.230/95, e successive modificazioni [impianti nucleari e di trattamento dei rifiuti
radioattivi];
d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi,
polveri e munizioni;
e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori;
f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;
g) nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50
lavoratori”.
Tale previsione è ovviamente motivata
dalla necessità di assicurare una presenza costante e continuativa del Servizio
di Prevenzione all’interno dell’azienda e di dedicare adeguati spazi e
strumenti, nonché personale aziendale, in relazione alle dimensioni ed alle specificità
della struttura.
Il successivo comma 8 prevede poi che: “Nei casi di aziende con più Unità produttive
nonché nei casi di gruppi di imprese, può essere istituito un unico Servizio di
Prevenzione e Protezione. I datori di lavoro possono rivolgersi a tale
struttura per l’istituzione del Servizio e per la designazione degli Addetti e
del Responsabile”.
L’istituzione dell’unico Servizio di
Prevenzione e Protezione può avvenire “all’interno
dell’azienda” o “dell’unità
produttiva” e pertanto nei casi individuati nel comma 6, il Servizio di
Prevenzione e Protezione può essere istituito anche internamente all’azienda e
non necessariamente internamente alla singola Unità produttiva.
Tale interpretazione è ulteriormente
suffragata dal fatto che, in tutti i casi non ricompresi nel comma 6, è
possibile istituire un unico Servizio di Prevenzione e Protezione.
Resta inteso che il Servizio di
Prevenzione e Protezione dovrà essere adeguato per garantire l’effettività
dello svolgimento dei compiti previsti dall’articolo 33 per tutte le Unità
produttive.
Pertanto il datore di lavoro, pur
potendo rivolgersi alla struttura interna come sopra prefigurata, rimane
l’unico soggetto titolare della scelta e della designazione del RSPP in quanto
obbligo indelegabile.
Il testo completo dell’Interpello in materia di sicurezza n.1
del 22 novembre 2012 è scaricabile al link:
FORMAZIONE DEGLI ADDETTI AL PRIMO
SOCCORSO
Interpello in materia di sicurezza n.2
del 22 novembre 2012
RICHIEDENTE
Confederazione italiana della piccola e
media impresa
QUESITO
Si chiede un parere sulla possibilità di
ritenere assolto l’obbligo di formazione per i lavoratori incaricati
dell’attuazione delle misure di primo soccorso, nel caso di incaricati che
siano soccorritori “attivi”, intendendo con questo termine volontari che
abbiano frequentato i corsi per la qualifica di Volontari del Soccorso (VdS)
organizzati dalla Croce Rossa o altro Ente e/o Associazione collegati al
Sistema Sanitario Nazionale 118 e che frequentino gli aggiornamenti annuali
previsti dai regolamenti di detti organismi.
CHIARIMENTO
L’obbligo di formazione per i lavoratori
incaricati dell’attuazione delle misure di primo soccorso può ritenersi assolto
solo nel caso in cui le modalità (anche con riguardo ai requisiti dei
formatori) la durata e il contenuto teorico-pratico di detti corsi siano pari o
di livello superiore a quello previsto dal Decreto Ministeriale 15 Luglio 2003,
n. 388, sia come numero di ore che come argomenti trattati.
Tale obbligo è sancito dall’articolo 45,
comma 2 del D.Lgs.81/08 che stabilisce che:
“Le caratteristiche minime delle attrezzature
di primo soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione,
individuati in relazione alla natura dell’attività, al numero dei lavoratori
occupati ed ai fattori di rischio sono individuati dal Decreto Ministeriale 15
luglio 2003, n. 388 e dai successivi decreti ministeriali di adeguamento
acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano”.
Qualora dalla comparazione dei programmi
si verifichi in concreto, fermo restando il rispetto delle modalità di cui al
D.M.388/03, che sono stati trattati solo alcuni degli argomenti previsti, il
corso dovrà essere integrato nel numero di ore e negli argomenti mancanti.
Il testo completo dell’Interpello in materia di sicurezza n.2
del 22 novembre 2012 è scaricabile al link:
REQUISITI DEL PERSONALE DESTINATO AD
ESEGUIRE LAVORI SOTTO TENSIONE
Interpello in materia di sicurezza n.3
del 22 novembre 2012
RICHIEDENTE
Consiglio Nazionale degli Ingegneri
QUESITO
Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri
richiede quali siano i requisiti che deve possedere il personale destinato a
eseguire lavori sotto tensione. In particolare il Consiglio chiede se la “pertinente
normativa tecnica” richiamata nell’articolo 82 del D.Lgs.81/08 sia la norma CEI
11-27 e, se si, se essa è pertanto obbligatoria.
CHIARIMENTO
L’articolo 82 del D.Lgs.81/08 pone un
generale divieto a eseguire lavori sotto tensione, tuttavia ne consente
l’esecuzione quandi i lavori sono nel rrispetto di alcune condizioni.
Per i sistemi di categoria 0 e 1 [con tensione nominale inferiore a 1.000 V in corrente alternata oppure a
1.500 V in corrente continua] la condizione prevista dal comma 1, lettera b) del citato articolo 82, ai
fini del riconoscimento dell’idoneità dei lavoratori addetti è che
“l’esecuzione di lavori su parti in tensione sia affidata a lavoratori
riconosciuti dal datore di lavoro come idonei per tale attività secondo le
indicazioni della pertinente normativa tecnica”.
Premesso che è sempre legittimo il
riferimento ad altra normativa tecnica pertinente, esistente in ambito
comunitario o internazionale, la normativa tecnica nazionale di riferimento,
per il riconoscimento dell’idoneità all’esecuzione di lavori su parti in
tensione, è la norma CEI 11-27 la cui applicazione costituisce corretta
attuazione degli obblighi di legge.
Tale norma [nella sua ultima edizione
del 2015] definisce come abilitato all’esecuzione di lavoro in tensione su
sistemi di categoria 0 e 1 la “Persona Esperta” (PES), cioè “persona con conoscenze tecniche teoriche e
con un’esperienza tale da permetterle di analizzare i rischi derivanti
dall’elettricità e di svolgere i lavori elettrici in piena sicurezza”.
Il testo completo dell’Interpello in materia di sicurezza n.3
del 22 novembre 2012 è scaricabile al link:
OBBLIGO DI DESIGNAZIONE DEI LAVORATORI
ADDETTI AL SERVIZIO ANTINCENDIO NELLE AZIENDE FINO A 10 LAVORATORI
Interpello in materia di sicurezza n.4
del 22 novembre 2012
RICHIEDENTE
Consiglio Nazionale degli Ingegneri
QUESITO
Si richiede un parere sulla
obbligatorietà o meno, per le aziende che occupano sino a dieci lavoratori,
della designazione degli Addetti al Servizio antincendio, tenuto presente che
l’articolo 5 del Decreto Ministeriale 10 marzo 1998, al secondo comma, afferma
che “[...] per i luoghi di lavoro ove
sono occupati meno di dieci dipendenti, il datore di lavoro non è tenuto alla
redazione del piano di emergenza, ferma restando l’adozione delle necessarie
misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio”.
CHIARIMENTO
L’articolo 18, comma 1, lettera b) del
D.Lgs.81/08 obbliga il datore di lavoro a:
“designare
preventivamente i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di
prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in
caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e,
comunque, di gestione dell’emergenza”.
L’articolo 5, comma 2, del Decreto
Ministeriale 10 marzo 1998, contempla l’esonero, per il datore di lavoro, solo
dalla redazione del piano di emergenza, ma non dalla individuazione delle
misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio, anche per le
aziende di piccole dimensioni e/o classificate a rischio di incendio basso.
Pertanto la previsione di cui
all’articolo 18, comma 1 lettera b) citato trova applicazione anche nel caso in
esame. Tale disposizione è ulteriormente confermata dall’articolo 34, comma 1-bis,
del D.Lgs.81/08 che prevede la possibilità per i datori di lavoro delle aziende
che occupano fino a cinque lavoratori, di “svolgere
direttamente i compiti di primo soccorso, nonché di prevenzione degli incendi e
di evacuazione”.
La designazione dei lavoratori
incaricati di attuare le misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e
gestione delle emergenze deve avvenire sulla base degli esiti della valutazione
dei rischi e del piano di emergenza, qualora tale ultimo documento sia previsto
(articolo 6 del Decreto Ministeriale 10 marzo 1998).
Il testo completo dell’Interpello in materia di sicurezza n.4
del 22 novembre 2012 è scaricabile al link:
CANTIERI TEMPORANEI
O MOBILI, MODIFICHE EUROPEE PER IL D.LGS.81/08
Da:
Progetto Albatros
7
agosto 2015
A
cura di Gabriele Bivona
Nuove
modifiche al Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (Testo Unico sulla
Sicurezza sul Lavoro).
Questa
volta le modifiche arrivano direttamente dalla Legge 29 luglio 2015, n. 115
recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti
dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2014” pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale n. 178 del 3 agosto 2015.
L’articolo
16 della Legge n.115/15, titolato “Disposizioni in materia di salute e
sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili. Caso EU Pilot
6155/14/EMPL” sostituisce, infatti, la lettera g-bis) del comma 2 dell’articolo
88 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, con la seguente:
“g-bis)
ai lavori relativi a impianti elettrici, reti informatiche, gas, acqua,
condizionamento e riscaldamento che non comportino lavori edili o di ingegneria
civile di cui all’allegato X”.
Dunque,
non si applicano le disposizioni di cui al Titolo IV (Cantieri temporanei o
mobili), Capo I (Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o
mobili) del D.Lgs.81/08 a tutti i lavori relativi a impianti elettrici, reti
informatiche, gas, acqua, condizionamento e riscaldamento che non comportano
lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione,
risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento, trasformazione, rinnovamento o
smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento
armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le parti
strutturali delle linee elettriche e le parti strutturali degli impianti
elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime,
idroelettriche e, solo per la parte che comporta lavori edili o di ingegneria
civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale e di sterro.
Si
considerano lavori di costruzione edile o di ingegneria civile anche gli scavi,
ed il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la
realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile.
la Legge 29 luglio 2015, n.
115 è scaricabile all’indirizzo:
DOMANDE E RISPOSTE
SULLA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO
Da
Portale Consulenti
5
agosto 2015
L’area
tematica “Sicurezza sul lavoro” del sito della regione Piemonte
si
rivolge ai cittadini per sviluppare una maggiore consapevolezza sulla sicurezza
negli ambienti di lavoro, ma anche agli operatori ai quali mette a disposizione
informazioni, documenti e atti di programmazione regionali.
L’area
tematica è una sezione tematica curata dalla Regione Piemonte, Assessorato alla
Tutela della Salute e Sanità, Direzione Sanità, Settore Prevenzione e
veterinaria.
Info.Sicuri
è un servizio della Regione Piemonte che si pone l’obiettivo di fornire a tutti
i soggetti portatori di obblighi e responsabilità: datori di lavoro,
responsabili e addetti dei servizi di prevenzione e protezione, dirigenti,
preposti, professionisti, lavoratori e loro rappresentanti, informazioni utili
sulla normativa a tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
La
pubblicazione è a cura della Regione Piemonte Assessorato alla Sanità, Livelli
essenziali di assistenza, Edilizia sanitaria, Direzione Sanità Settore
Prevenzione e veterinaria di via Lagrange 24 a Torino.
Le
Frequently Asked Questions sono relative ai seguenti argomenti:
-
applicazione
generale del D.Lgs.81/08 (Titolo I);
-
luoghi
di lavoro, macchine e DPI (Titoli II e III);
-
cantieri
(Titolo IV);
-
segnaletica
di sicurezza, movimentazione manuale dei carichi, videoterminali (Titoli V, VI,
VII);
-
agenti
fisici, sostanze pericolose, agenti biologici, protezione da atmosfere
esplosive (Titoli VIII, IX, X, XI).
Le
informazioni contenute nelle pubblicazioni sono aggiornate al mese di luglio
2015 e sono consultabili al link:
PIATTAFORME DI
LAVORO ELEVABILI: UN QUADERNO TECNICO PER LA SICUREZZA
Da:
PuntoSicuro
04
agosto 2015
Prodotto
dall’ASL Milano un quaderno tecnico sulle piattaforme elevabili per la
prevenzione degli incidenti nel lavoro temporaneo in quota.
La
documentazione, i rischi e le misure di sicurezza.
Nel
lavoro temporaneo in quota è importante che il datore di lavoro scelga
correttamente l’attrezzatura in funzione delle caratteristiche del luogo,
dell’ambiente, della tipologia di attività da svolgere, della durata, della
frequenza di accesso, del livello di rischio, ecc. affinché i lavoratori siano
in posizione stabile, protetti dai rischi di caduta e in condizione ergonomica
adeguata per tutta la durata dei lavori.
Ed
è proprio con questi obiettivi di prevenzione che nasce il “Quaderno Tecnico
Piattaforme di Lavoro Elevabili”, rivolto a quanti si occupano della
valutazione e gestione dei rischi, qualora sia necessario l’utilizzo di una
Piattaforma di Lavoro Elevabile (PLE) per garantire e mantenere condizioni di
lavoro sicure. Ricordando, in considerazione dell’elevata varietà di macchine
presenti oggi sul mercato, di valutare innanzitutto tutti gli elementi e i
limiti prestazionali legati al tipo e alle caratteristiche della attrezzatura.
Nel
quaderno tecnico, elaborato dall’ASL di Milano, si richiamano gli obblighi
normativi, la documentazione, i rischi e le misure di sicurezza per l’uso delle
PLE. Riportiamo per i nostri lettori le parti relative alla documentazione, ai
rischi lavorativi e alle misure di sicurezza.
La
documentazione obbligatoria che deve essere a a corredo della PLE è la
seguente:
-
manuale
d’uso e manutenzione;
-
dichiarazione
di conformità CE;
-
registro
di controllo;
-
esito
dei controlli e delle manutenzioni (ultimi 3 anni);
-
prima
verifica INAIL;
-
verbali
di verifica periodica (ASL, ARPA o Soggetto Abilitato);
-
attestato
di formazione e addestramento per la conduzione dell’attrezzatura;
-
attestato
di formazione e addestramento per l’uso dei DPI di terza categoria (trattenuta
e anticaduta);
-
dichiarazione
del datore di lavoro con indicazione dei lavoratori incaricati all’uso e della
loro formazione e addestramento per il nolo a freddo (senza operatore);
-
copia
della lettera di incarico del conduttore con l’indicazione dei compiti e
responsabilità.
Il
datore di lavoro deve procedere alla valutazione del rischio e alla redazione
del Piano Operativo di Sicurezza (POS) con specifico riferimento alla
lavorazione nella quale la PLE
verrà impiegata.
Il
lavoratore incaricato dal datore di lavoro all’ utilizzo della PLE deve essere
stato valutato idoneo alla mansione, incaricato all’impiego e adeguatamente
formato e addestrato all’uso della specifica attrezzatura fornita.
L’utilizzo
della PLE deve rientrare nei limiti di impiego illustrati nel manuale della
macchina. Può essere usata in ambienti esterni o limitatamente per interni.
Prima
di posizionare la PLE
bisogna verificare che il terreno sia stabile e in grado di sostenere il peso
della macchina e, dove presenti, resistere alla pressione degli stabilizzatori.
La macchina, se necessario, deve essere correttamente stabilizzata.
Il
sito dove viene posizionata la PLE
deve essere sgombro e delimitato così come l’area sottostante la piattaforma di
lavoro.
Prima
di accedere in piattaforma di lavoro deve essere verificata la portata massima
e il numero di persone consentite (pittogramma e manuale). Deve essere valutato
il carico anche in relazione dello sbraccio o dell’estensione della piattaforma
e al carico aggiuntivo di lavorazioni in quota.
L’operatore
deve essere dotato dei DPI necessari per il lavoro da eseguire e di elmetto,
scarpe antinfortunistiche, imbragatura e di un sistema di trattenuta
all’interno della piattaforma.
Durante
le operazioni in quota necessita garantire la presenza a terra di una persona
in grado di gestire le emergenze e/o interferenze, che sia a conoscenza delle
procedure di recupero da terra del cestello in caso di malore dell’operatore e
del recupero della piattaforma di lavoro in mancanza di energia o di anomalia o
di guasto dell’attrezzatura.
E’
vietato scendere dalla piattaforma di lavoro in quota come pure l’utilizzo del
braccio o della struttura di sollevamento per la discesa a terra. Non si deve
utilizzare la macchina come ascensore per trasferire persone da un piano
all’altro.
Occorre
verificare quanto previsto dal costruttore nel manuale d’uso ai fini dello
sbarco in quota dalla piattaforma. Normalmente lo sbarco non è previsto salvo
che il costruttore abbia predisposto una specifica procedura all’interno del
manuale. E’ vietato utilizzare la piattaforma o elementi della macchina come
punto di ancoraggio di un sistema anticaduta di lavoratori che operano in quota
all’esterno della piattaforma di lavoro. Non si deve utilizzare la macchina per
sollevare carichi sospesi; è vietato l’utilizzo come gru.
E’
vietato utilizzare una macchina danneggiata o guasta. In caso di
malfunzionamento dei comandi o dei dispositivi di sicurezza, impedirne
l’utilizzo.
E’
necessario garantire sempre uno spazio minimo per il passaggio di 600 mm intorno alla
macchina. La PLE
non deve mai poggiare su altre macchine o strutture.
Non
si possono posizionare o fissare carichi sporgenti su qualsiasi parte della
macchina e esercitare trazione o spinta su qualsiasi oggetto che si trovi
all’esterno della piattaforma.
Non
si possono ancorare alla piattaforma di lavoro fili metallici, cavi, ganci o
oggetti simili: potrebbero intrappolarsi o agganciarsi ad un oggetto fisso
esterno.
E’
vietato sedersi o salire sul parapetto della piattaforma di lavoro o usare
scale, ponteggi o tavole all’interno della piattaforma di lavoro.
E’
necessario verificare che il cancello di accesso alla piattaforma di lavoro sia
correttamente chiuso e mantenuto in stato di efficienza, nonché attenersi a
tutte le procedure di caricamento o di traino, descritte nel manuale di uso e
manutenzione del veicolo, prima di caricare o rimorchiare la macchina.
Durante
il trasporto della piattaforma su un camion o rimorchio, occorre conoscere
l’esatta altezza massima onde evitare impatti con costruzioni basse, ponti o
linee elettriche.
E’
opportuno verificare la capacità di carico della rampa e del camion sul quale
andrà la macchina ed è necessario assicurarsi che tutti i dispositivi di
fissaggio siano efficienti e sistemati correttamente
Le
macchine, per le quali è espressamente previsto l’uso in esterno, possono
essere utilizzate solo con idonee condizioni ambientali (temperatura, umidità,
ecc.).
In
particolare le PLE non devono essere utilizzate nelle seguenti condizioni
atmosferiche sfavorevoli che pregiudicano la stabilità del mezzo:
-
condizioni
di scarsa visibilità (pioggia, neve, nebbia ecc.);
-
in
caso di temporali e/o scariche atmosferiche;
-
in
condizioni di vento con velocità superiore a 12,5 m/s, con possibile formazione
di atmosfera esplosiva, fatto salvo l’utilizzo di macchine certificate ATEX
(antideflagranti).
In
luoghi chiusi o scarsamente arieggiati o ventilati è necessario usare solo
macchine ad alimentazione elettrica, evitando quelle con motore a combustione
per prevenire il rischio di avvelenamento da ossido di carbonio.
Inoltre
le PLE non devono essere utilizzate in caso di scarsa o insufficiente
illuminazione, con conseguente difficoltà di lettura dei pittogrammi e degli
strumenti, nonché di utilizzo di tutti i comandi e dispositivi di emergenza.
Nell’esecuzione
dei lavori in PLE devono essere mantenute le distanze di sicurezza da parti
elettriche attive indicate nell’Allegato IX del D.Lgs.81/08. Qualora sia
necessario operare a una distanza dalle parti attive in tensione accessibili di
impianti o linee elettriche inferiore a quella di sicurezza di cui sopra, il
lavoro potrà essere svolto solo da una persona esperta (PES) oppure da una
persona avvertita (PAV), ma sotto la sorveglianza di una persona esperta (per
la definizione di persona avvertita e di persona esperta occorre fare
riferimento alla norma CEI 11-27).
Prima
di utilizzare le PLE occorre accertarsi che il terreno sia in grado di
sostenere il peso della macchina e resistere alla pressione degli
stabilizzatori dove presenti.
Il
carico massimo è indicato sui pittogrammi situati su ogni stabilizzatore e/o
nelle specifiche tecniche del manuale.
Occorre
delimitare o segregare l’area degli stabilizzatori al fine di evitare urti o
contusioni e valutare il rischio di schiacciamento del piede durante la manovra
di stabilizzazione e il rischio di schiacciamento degli arti per contatto con
le articolazioni del braccio durante la fase di apertura/chiusura.
Per
le macchine con elemento di estensione a pantografo bisogna valutare il rischio
di schiacciamento delle mani
E’
inoltre vietato superare l’inclinazione massima ammessa del telaio; tale valore
è indicato nelle specifiche tecniche e nella targhetta a bordo macchina.
Dove
non sia possibile compensare la pendenza con gli stabilizzatori, non bisogna
operare se la pendenza del terreno o la sua inclinazione è superiore ai 3° o
comunque occorre operare nel rispetto dei limiti imposti dal costruttore.
Ove
presente occorre utilizzare la bolla di livello e non manomettere limitatori,
inclinometri ecc..
E’
infine vietato stabilizzare la macchina su terreni cedevoli, fangosi,
ghiacciati, sdrucciolevoli o nelle immediate vicinanze di buche, fossati,
aperture verso il vuoto o tombini. Verificare la presenza di cisterne interrate
o passaggio di sottoservizi nell’area di posizionamento.
Il
documento “Piattaforme di lavoro elevabili. Quaderno tecnico datori di lavoro”
redatto dalla ASL Milano è scaricabile all’indirizzo:
RISCHIO
MICROCLIMATICO: STRATEGIE PER VALUTARE L’AMBIENTE DI LAVORO
Da:
PuntoSicuro
05
agosto 2015
di
Tiziano Menduto
Indicazioni
sul microclima con riferimento agli ambienti moderati, ambienti caldi e
ambienti freddi. La valutazione globale dell’ambiente microclimatico e le
strategie di misura. Quando la temperatura supera i 30° all’ombra.
Nei
mesi estivi negli uffici, nei luoghi di lavoro esposti alla canicola dei mesi
stagionali più caldi, si parla spesso di benessere o malessere microclimatico.
Dove il microclima è inteso come il complesso dei parametri fisici
(temperatura, aerazione, umidità, ecc.) che caratterizzano l’ambiente di lavoro
e che assieme ad altri parametri individuali (ad esempio attività metabolica e
abbigliamento indossato) determinano gli scambi termici tra l’ambiente e i lavoratori
che vi operano. Ogni lavoratore, ogni organismo si può definire come un sistema
termico interessato da flussi di energia entrante e uscente: e si è in
equilibrio termico quando l’energia termica generata all’interno del corpo è
uguale all’energia termica dispersa nell’ambiente.
Per
parlare di microclima, con particolare riferimento alla valutazione e agli
ambienti moderati e caldi, facciamo riferimento a un intervento che si è tenuto
al seminario tecnico dal titolo “Criteri e strumenti per l’individuazione e
l’analisi dei rischi. Rumore, vibrazioni e microclima”, organizzato dall’Ordine
degli Ingegneri della Provincia di Roma, in collaborazione con l’Università
degli Studi Roma Tre, il 22 Maggio 2015 a Roma. Un seminario che ha voluto fornire
strumenti utili alla valutazione dei rischi per i lavoratori con riferimento
alle problematiche del rumore e delle vibrazioni nonché del microclima.
Nell’intervento
“Microclima”, a cura dell’ingegner Maurizio Tancioni, si ricorda innanzitutto
quanto riportato sul microclima nell’Allegato IV del D.Lgs.81/08. Allegato che
tuttavia non fornisce i valori limite per i parametri microclimatici. Per
questi è bene fare riferimento a linee guida, buone prassi e agli standard
prodotti dagli enti di normazione.
In
particolare la normativa tecnica propone una metodologia per la valutazione del
confort microclimatico basata su quantità dette indicatori (o indici) sintetici
di qualità (o di rischio), che condensano in un numero minimo di valori
numerici tutta l’informazione necessaria alla formulazione di un giudizio di
accettabilità o inaccettabilità di un ambiente termico. E gli ambienti termici
vengono poi convenzionalmente distinti in: ambienti moderati, ambienti caldi e
ambienti freddi.
La
valutazione di questi ambienti viene realizzata con riferimento al livello di
benessere termico provato dagli occupanti. Il benessere (o comfort) termico è
definito come “quella condizione mentale in cui viene espressa soddisfazione
per l’ambiente termico”.
Il
documento agli atti, relativo all’intervento, riporta un elenco di norme
tecniche utilizzate per gli ambienti moderati, caldi freddi e per tutti i tipi
di ambiente.
Veniamo
ad alcune definizioni relative ai rischi microclimatici:
-
benessere
termico: condizione microclimatica in cui la persona non è costretta ad
attivare meccanismi di termoregolazione e non percepisce né sensazione di caldo
né di freddo (condizione di soddisfazione della situazione termica);
-
discomfort
termico: condizione microclimatica che da luogo alla sensazione di caldo o di
freddo (richiede l’intervento di meccanismi di termoregolazione);
-
stress
termico: condizione microclimatica nella quale l’organismo non riesce più a
mantenere costante la propria temperatura interna; può causare effetti negativi
per la salute (colpo di calore, congelamento, assideramento).
L’intervento
si sofferma poi sul bilancio energetico del corpo umano e sui parametri degli
ambienti termici moderati.
Riguardo
agli ambienti moderati nel caso della valutazione gli indici utilizzati sono il
PMV, il PPD, il CT (secondo la norma UNI EN ISO 7730:2006):
-
PMV:
livello di gradimento del soggetto rispetto all’ambiente (valore medio su un
campione);
-
PPD:
percentuale dei lavoratori che, nelle condizioni rilevate, si dichiarano
insoddisfatti rispetto all’ambiente esaminato;
-
CT:
carico termico (differenza tra la potenza termica ceduta da un individuo
all’ambiente e quella scambiata dallo stesso in condizioni omeoterme).
Il
PMV e il PPD rappresentano una valutazione globale dell’ambiente microclimatico.
Tuttavia si possono verificare delle situazioni di discomfort localizzato che
vanno riferite a porzioni specifiche del corpo umano. Per una valutazione più
dettagliata del benessere sarà pertanto opportuno determinare ulteriori indici
di benessere legati alla presenza di: correnti d’aria; gradienti verticali di
temperatura; pavimenti con temperatura eccessivamente alta o bassa; asimmetria
radiante.
Per
una valutazione relativa agli ambienti moderati, dopo aver presentato i vari
strumenti di misura, viene presentata una strategia di misura dei parametri
fisici.
Ne
riprendiamo alcuni aspetti.
Occorre
preliminarmente effettuare un sopralluogo al fine di individuare i parametri
che possono avere influenza sul comfort degli occupanti. Pertanto è necessario verificare:
esposizione degli ambienti rispetto al sole; eventuale presenza di sorgenti
radianti (stufe, fonti di riscaldamento localizzato ecc.); tipologia
dell’attività lavorativa effettivamente svolta; tipologia degli impianti di
termoventilazione e loro stato di manutenzione; presenza di eventuali
disomogeneità temporali che possano influire sulle condizioni microclimatiche
(diverso utilizzo degli impianti nei giorni della settimana, peculiarità
stagionali ecc.).
Prima
di effettuare ogni singola misura è necessario attendere un periodo di tempo
adeguato, onde tenere conto del tempo di risposta del globotermometro;
E’
necessario impostare la frequenza di registrazione del dato rilevato dalle
singole sonde in base al tipo di ambiente oggetto del monitoraggio, secondo il
Manuale d’uso della stazione microclimatica.
La
scelta della postazione in cui effettuare i rilievi microclimatici deve essere
effettuata in base all’osservazione dell’ambiente di lavoro e alle postazioni
occupate dai lavoratori. Vediamo alcuni criteri generali:
-
ambiente
piccolo e uniforme: effettuare un solo rilievo al centro del locale;
-
fonti
di calore o di basse temperature localizzate: effettuare un rilievo a centro
ambiente e uno nei pressi della fonte di calore, tenendo nota se si tratta di
una postazione occupata stabilmente o saltuariamente dai lavoratori;
-
correnti
d’aria o fonti di turbolenza dell’aria: effettuare un campionamento in
prossimità del punto di ingresso della turbolenza nell’ambiente di lavoro, uno
in una postazione che non risente di tale corrente d’aria, e uno a
centro-ambiente;
-
presenza
di un sistema di condizionamento dell’aria: effettuare un rilievo a
centro-ambiente e uno in prossimità delle bocchette di mandata dell’aria.
La
durata delle misurazioni deve essere tale che i valori ricavati abbiamo una
significatività dal punto di vista statistico e siano quindi rappresentativi
delle condizioni dell’ambiente monitorato.
Bisogna
inoltre tenere conto della variabilità giornaliera e stagionale delle
condizioni microclimatiche; in prima approssimazione è consigliabile verificare
le condizioni estreme (estate e inverno).
Per
concludere diamo qualche informazione sul microclima negli ambienti severi
caldi, ambienti nei quali è richiesto un notevole intervento del sistema di
termoregolazione umano per diminuire il potenziale accumulo di calore nel
corpo.
Il
relatore ricorda che quando nelle attività lavorative si prevede caldo intenso
occorre innanzitutto verificare le previsioni e le condizioni meteorologiche.
Devono sempre essere considerate a rischio quelle giornate in cui si prevede
che la temperatura all’ombra superi i 30° e/o l’umidità relativa sia superiore
al 70%.
Questi
alcuni indici di valutazione:
-
WBGT
(temperatura del bulbo umido e del lobotermometro) secondo norma UNI EN
27243:1996;
-
PHS
(stress da calore previsto) secondo norma UNI EN ISO 7933:2005.
Il
PHS consente di valutare il rischio da stress calorico in modo dettagliato e
affidabile tenendo conto del ruolo importante, in ambienti severi caldi, della
sudorazione e che la valutazione dell’accettabilità o inaccettabilità
dell’ambiente termico in esame viene effettuata confrontando alcuni indici
sintetici con i rispettivi “valori limite”.
Nel
documento sono presenti diverse tabelle esplicative relative ai diversi valori
e sono riportate anche alcune misure di prevenzione (isolamento termico,
installazione impianti, segregazione ambienti severi caldi, coibentazione,
riduzione remissività, schermature sorgenti, sistemi di aspirazione aria,
cabine climatizzate, rotazione degli operatori, abbigliamento idoneo, ecc.).
Il
documento “Microclima”, a cura dell’ingegner Maurizio Tancioni, intervento al
seminario “Criteri e strumenti per l’individuazione e l’analisi dei rischi.
Rumore, vibrazioni e microclima” è scaricabile all’indirizzo:
DAL 18 NOVEMBRE
2015 ENTRA IN VIGORE IL NUOVO CODICE DI PREVENZIONE INCENDI
Da:
PuntoSicuro
27
agosto 2015
di
Tiziano Menduto
E’
stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Ministeriale del 3 agosto
2015 contenente il nuovo Codice di prevenzione incendi: entrerà in vigore il 18
novembre. I principi ispiratori, gli articoli, il campo di applicazione e la
struttura delle norme tecniche.
Dopo
più di un anno di continue modifiche, di incontri con i rappresentanti delle
categorie produttive e professionali, di confronti con l’Unione Europea, di
presentazioni di bozze intermedie, di sottolineatura dei principi guida del
provvedimento, è finalmente arrivato al traguardo il cosiddetto nuovo “Codice
di prevenzione Incendi”.
Dopo
le diverse anticipazioni di questa sorta di Testo Unico, il 20 agosto è stato
infatti pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto del Ministero dell’Interno
del 3 agosto 2015 recante “Approvazione di norme tecniche di prevenzione
incendi, ai sensi dell’articolo 15 del Decreto Legislativo 8 marzo 2006,
n.139”. Il Codice di prevenzione entrerà in vigore il novantesimo giorno
successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica
italiana, cioè il 18 novembre 2015.
Come
abbiamo più volte ricordato il nuovo Testo Unico della prevenzione incendi
nasce dalla necessità di semplificare e razionalizzare l’attuale corpo
normativo relativo alla prevenzione degli incendi attraverso l’introduzione di
un unico testo organico e sistematico di disposizioni di prevenzione incendi
applicabili ad attività soggette ai controlli di prevenzione incendi e mediante
l’utilizzo di un nuovo approccio metodologico più aderente al progresso
tecnologico e agli standard internazionali.
E
se, come ribadito anche dal Comandante dei Vigili del Fuoco di Milano,
l’ingegner Silvano Barberi, al di là delle varie modifiche che hanno
contrassegnato le varie bozze, è rimasta salda l’impostazione generale di
partenza, possiamo riprendere i principi sui cui le Norme tecniche si basano,
come dichiarati nella presentazione ufficiale di una bozza del Codice
nell’aprile del 2014:
-
generalità:
le medesime metodologie di progettazione della sicurezza antincendio descritte
possono essere applicate a tutte le attività;
-
semplicità:
laddove esistano diverse possibilità per raggiungere il medesimo risultato si
prediligono soluzioni più semplici, realizzabili, comprensibili, per le quali è
più facile operare la revisione;
-
modularità:
l’intera materia è strutturata in moduli di agevole accessibilità, che guidano
il progettista antincendio alla individuazione di soluzioni progettuali
appropriate per la specifica attività;
-
flessibilità:
per ogni livello di prestazione di sicurezza antincendio richiesto all’attività
sono indicate diverse soluzioni progettuali prescrittive o prestazionali; sono,
inoltre, definiti metodi riconosciuti che valorizzano l’ingegneria antincendio,
che consentono al progettista antincendio di individuare, autonomamente,
specifiche soluzioni progettuali alternative e dimostrarne la validità, nel
rispetto degli obiettivi di sicurezza antincendio;
-
standardizzazione
e integrazione: il linguaggio in materia di prevenzione incendi è conforme agli
standard internazionali e sono unificate le diverse disposizioni previste nei
documenti esistenti della prevenzione incendi in ambito nazionale;
-
inclusione:
le persone che frequentano le attività sono considerate un fattore sensibile
nella progettazione della sicurezza antincendio, in relazione anche alle
diverse abilità (ad esempio motorie, sensoriali, cognitive, ecc.), temporanee o
permanenti;
-
contenuti
basati sull’evidenza: il documento è basato su ricerca, valutazione e uso
sistematico dei risultati della ricerca scientifica nazionale e internazionale
nel campo della sicurezza antincendio;
-
aggiornabilità:
il documento è redatto in modo da poter essere facilmente aggiornato al
continuo avanzamento tecnologico e delle conoscenze.
Torniamo
tuttavia al testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale che è costituito da cinque
articoli ed un allegato.
Il
primo articolo (Approvazione e modalità applicative delle norme tecniche di
prevenzione incendi) indica che le norme tecniche di prevenzione incendi
approvate si possono applicare alle attività di cui all’articolo 2 in alternativa alle
specifiche disposizioni di prevenzione incendi di cui ai Decreti del Ministro
dell’interno di seguito indicati, ovvero ai vigenti criteri tecnici di
prevenzione incendi di cui all’articolo 15, comma 3, del Decreto Legislativo 8
marzo 2006, n.139:
-
Decreto
del 30 novembre 1983 “Termini, definizioni generali e simboli grafici di
prevenzione incendi e successive modificazioni”;
-
Decreto
del 31 marzo 2003 “Requisiti di reazione al fuoco dei materiali costituenti le
condotte di distribuzione e ripresa dell’aria degli impianti di condizionamento
e ventilazione”;
-
Decreto
del 3 novembre 2004 “Disposizioni relative all’installazione ed alla
manutenzione dei dispositivi per l’apertura delle porte installate lungo le vie
di esodo, relativamente alla sicurezza in caso di incendio”;
-
Decreto
del 15 marzo 2005 “Requisiti di reazione al fuoco dei prodotti da costruzione
installati in attività disciplinate da specifiche disposizioni tecniche di
prevenzione incendi in base al sistema di classificazione europeo”;
-
Decreto
del 15 settembre 2005 “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi
per i vani degli impianti di sollevamento ubicati nelle attività soggette ai
controlli di prevenzione incendi”;
-
Decreto
del 16 febbraio 2007 “Classificazione di resistenza al fuoco di prodotti ed
elementi costruttivi di opere da costruzione”;
-
Decreto
del 9 marzo 2007 “Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle
attività soggette al controllo del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco”;
-
Decreto
del 20 dicembre 2012 “Regola tecnica di prevenzione incendi per gli impianti di
protezione attiva contro l’incendio installati nelle attività soggette ai
controlli di prevenzione incendi”.
Veniamo
all’articolo 2 e al campo di applicazione.
Il
comma 1 indica che le norme tecniche citate all’articolo 1 si possono applicare
alla progettazione, alla realizzazione e all’esercizio delle attività di cui
all’allegato I del Decreto del Presidente della Repubblica 1 agosto 2011,
n.151, individuate con i numeri:
-
9
- Officine e laboratori con saldatura e taglio dei
metalli utilizzanti gas infiammabili e/o comburenti, con oltre 5 addetti alla
mansione specifica di saldatura o taglio;
-
14
- Officine o laboratori per la verniciatura con
vernici infiammabili e/o combustibili con oltre 5 addetti;
-
27 - Mulini per cereali ed altre macinazioni con potenzialità giornaliera
superiore a 20.000 kg
e depositi di cereali e di altre macinazioni con quantitativi in massa
superiori a 50.000 kg;
-
28 - Impianti per l’essiccazione di cereali e di vegetali in genere con
depositi di prodotto essiccato con quantitativi in massa superiori a 50.000 kg;
-
29
- Stabilimenti ove si producono surrogati del caffé;
-
30
- Zuccherifici e raffinerie dello zucchero;
-
31
- Pastifici e/o riserie con produzione giornaliera
superiore a 50.000 kg;
-
32
- Stabilimenti e impianti ove si lavora e/o si
detiene foglia di tabacco con processi di essiccazione con oltre 100 addetti o
con quantitativi globali in ciclo e/o in deposito superiori a 50.000 kg;
-
33
- Stabilimenti ed impianti per la produzione della
carta e dei cartoni e di allestimento di prodotti cartotecnici in genere con
oltre 25 addetti o con materiale in lavorazione e/o in deposito superiore a 50.000 kg;
-
34
- Depositi di carta, cartoni e prodotti cartotecnici,
archivi di materiale cartaceo, biblioteche, depositi per la cernita della carta
usata, di stracci di cascami e di fibre tessili per l’industria della carta,
con quantitativi in massa superiori a 5.000 kg;
-
35
- Stabilimenti, impianti, depositi ove si producono,
impiegano e/o detengono carte fotografiche, calcografiche, eliografiche e
cianografiche, pellicole cinematografiche, radiografiche e fotografiche con
materiale in lavorazione e/o in deposito superiore a 5.000 kg;
-
36
- Depositi di legnami da costruzione e da
lavorazione, di legna da ardere, di paglia, di fieno, di canne, di fascine, di
carbone vegetale e minerale, di carbonella, di sughero e di altri prodotti
affini con quantitativi in massa superiori a 50.000 kg con esclusione
dei depositi all’aperto con distanze di sicurezza esterne superiori a 100 m;
-
37
- Stabilimenti e laboratori per la lavorazione del
legno con materiale in lavorazione e/o in deposito superiore a 5.000 kg;
-
38
- Stabilimenti e impianti ove si producono, lavorano
e/o detengono fibre tessili e tessuti naturali e artificiali, tele cerate,
linoleum e altri prodotti affini, con quantitativi in massa superiori a 5.000 kg;
-
39
- Stabilimenti per la produzione di arredi, di
abbigliamento, della lavorazione della pelle e calzaturifici, con oltre 25
addetti;
-
40
- Stabilimenti e impianti per la preparazione del
crine vegetale, della trebbia e simili, lavorazione della paglia, dello sparto
e simili, lavorazione del sughero, con quantitativi in massa in lavorazione o
in deposito superiori a 5.000
kg;
-
42
- Laboratori per la realizzazione di attrezzerie e
scenografie, compresi i relativi depositi, di superficie complessiva superiore
a 200 metri
quadri;
-
-
Stabilimenti e impianti per la produzione,
lavorazione e rigenerazione della gomma e/o laboratori di vulcanizzazione di
oggetti di gomma, con quantitativi in massa superiori a 5.000 kg e depositi di
prodotti della gomma, pneumatici e simili, con quantitativi in massa superiori
a 10.000 kg;
-
-
Stabilimenti, impianti, depositi ove si producono,
lavorano e/o detengono materie plastiche, con quantitativi in massa superiori a
5.000 kg;
-
-
Stabilimenti e impianti ove si producono e lavorano
resine sintetiche e naturali, fitofarmaci, coloranti organici e intermedi e
prodotti farmaceutici con l’impiego di solventi ed altri prodotti infiammabili;
-
-
Depositi di fitofarmaci e/o di concimi chimici a
base di nitrati e/o fosfati con quantitativi in massa superiori a 50.000 kg;
-
-
Stabilimenti ed impianti per la fabbricazione di
cavi e conduttori elettrici isolati, con quantitativi in massa in lavorazione
e/o in deposito superiori a 10.000
kg e depositi e/o rivendite di cavi elettrici isolati
con quantitativi in massa superiori a 10.000 kg;
-
50
- Stabilimenti ed impianti ove si producono lampade
elettriche e simili, pile ed accumulatori elettrici e simili, con oltre 5
addetti;
-
51
- Stabilimenti siderurgici e per la produzione di
altri metalli con oltre 5 addetti e attività comportanti lavorazioni a caldo di
metalli, con oltre 5 addetti, a esclusione dei laboratori artigiani di
oreficeria ed argenteria fino a 25 addetti;
-
52
- Stabilimenti, con oltre 5 addetti, per la
costruzione di aeromobili, veicoli a motore, materiale rotabile ferroviario e
tramviario, carrozzerie e rimorchi per autoveicoli e cantieri navali con oltre
5 addetti;
-
53
- Officine per la riparazione di: veicoli a motore,
rimorchi per autoveicoli e carrozzerie, con superficie coperta superiore a 300 metri quadri; di
materiale rotabile ferroviario, tramviario e di aeromobili, con superficie
coperta superiore a 1.000
metri quadri;
-
54
- Officine meccaniche per lavorazioni a freddo con
oltre 25 addetti;
-
56
- Stabilimenti e impianti ove si producono laterizi,
maioliche, porcellane e simili con oltre 25 addetti;
-
57
- Cementifici con oltre 25 addetti;
-
63
- Stabilimenti per la produzione, depositi di sapone,
di candele e di altri oggetti di cera e di paraffina, di acidi grassi, di
glicerina grezza quando non sia prodotta per idrolisi, di glicerina raffinata e
distillata ed altri prodotti affini, con oltre 500 kg di prodotto in
lavorazione e/o deposito;
-
64
- Centri informatici di elaborazione e/o
archiviazione dati con oltre 25 addetti;
-
70
- Locali adibiti a depositi di superficie lorda
superiore a 1000 metri
quadri con quantitativi di merci e materiali combustibili superiori
complessivamente a 5.000 kg;
-
75
- Autorimesse pubbliche e private, parcheggi
pluripiano e meccanizzati di superficie complessiva coperta superiore a 300 metri quadri e locali
adibiti al ricovero di natanti ed aeromobili di superficie superiore a 500 metri quadri e
depositi di mezzi rotabili (treni, tram ecc.) di superficie coperta superiore a
1.000 metri
quadri (limitatamente
ai depositi di mezzi rotabili e ai locali adibiti al ricovero di natanti e
aeromobili);
-
76
- Tipografie, litografie, stampa in offset ed
attività similari con oltre cinque addetti.
E
tali norme tecniche si possono applicare alle attività di cui al comma 1 di
nuova realizzazione ovvero a quelle esistenti alla data di entrata in vigore
del Decreto.
In
caso di interventi di ristrutturazione parziale ovvero di ampliamento ad
attività esistenti alla data di entrata in vigore del Decreto, le medesime
norme tecniche si possono applicare a condizione che le misure di sicurezza
antincendio esistenti nella restante parte di attività, non interessata
dall’intervento, siano compatibili con gli interventi di ristrutturazione
parziale o di ampliamento da realizzare. Inoltre per gli interventi di
ristrutturazione parziale ovvero di ampliamento su parti di attività esistenti
alla data di entrata in vigore del Decreto non rientranti nei casi di cui al
comma 2, le norme tecniche di cui all’articolo 1 si applicano all’intera
attività.
Non
va dimenticato poi che comunque le norme tecniche possono essere di riferimento
anche per la progettazione, la realizzazione e l’esercizio delle attività
indicate al comma 1 che non rientrano nei limiti di assoggettabilità previsti
nell’allegato I del Decreto del Presidente della Repubblica 1 agosto 2011,
n.151.
L’articolo
3 si sofferma invece sull’impiego dei prodotti per uso antincendio.
In
particolare i prodotti per uso antincendio, impiegati nel campo di applicazione
del decreto, devono essere:
-
identificati
univocamente sotto la responsabilità del produttore, secondo le procedure
applicabili;
-
qualificati
in relazione alle prestazioni richieste e all’uso previsto;
-
accettati
dal responsabile dell’attività, ovvero dal responsabile dell’esecuzione dei
lavori mediante acquisizione e verifica della documentazione di identificazione
e qualificazione.
E
l’impiego dei prodotti per uso antincendio è consentito se gli stessi sono
utilizzati conformemente all’uso previsto, sono rispondenti alle prestazioni
richieste dal Decreto e se:
-
sono
conformi alle disposizioni comunitarie applicabili;
-
sono
conformi, qualora non ricadenti nel campo di applicazione di disposizioni
comunitarie, alle apposite disposizioni nazionali applicabili, già sottoposte
con esito positivo alla procedura di informazione di cui alla Direttiva
98/34/CE, che prevedono apposita omologazione per la commercializzazione sul
territorio italiano e a tal fine il mutuo riconoscimento;
-
qualora
non contemplati nelle lettere a) e b), sono comunque legittimamente
commercializzati in uno degli Stati della Unione europea o in Turchia in virtù
di specifici accordi internazionali stipulati con l’Unione europea, ovvero
legalmente fabbricati in uno degli Stati firmatari dell’Associazione europea di
libero scambio (EFTA), parte contraente dell’accordo sullo spazio economico
europeo (SEE), per l’impiego nelle stesse condizioni che permettono di
garantire un livello di protezione, ai fini della sicurezza dall’incendio,
equivalente a quello previsto nelle norme tecniche allegate al Decreto.
Dopo
l’articolo 4, relativo al monitoraggio, le disposizioni finali, contenute
nell’articolo 5, ricordano che ai fini dell’applicazione delle norme tecniche
di cui all’articolo 1, restano valide:
-
le
disposizioni di cui al Decreto del Ministro dell’interno 7 agosto 2012
relativamente alla documentazione tecnica da allegare alle istanze di cui
Decreto del Presidente della Repubblica 1 agosto 2011, n.151; la medesima
documentazione tecnica deve includere le informazioni indicate nelle norme
tecniche di cui al Decreto;
-
le
disposizioni di cui all’articolo 11, comma 3, del Decreto del Ministro
dell’interno 7 agosto 2012 e quelle degli articoli 3, comma 3, 4, comma 2, e 6,
comma 4, del Decreto del Ministro dell’interno 9 maggio 2007, relative alla
determinazione degli importi dei corrispettivi dovuti per i servizi resi dai
Comandi provinciali dei Vigili del Fuoco.
Si
indica poi che, per le attività di cui all’articolo 2 in possesso del Certificato
di Prevenzione Incendi ovvero in regola con gli obblighi previsti agli articoli
3, 4 e 7 del Decreto del Presidente della Repubblica 1 agosto 2011, n. 151, il
Decreto non comporta adempimenti.
Concludiamo
riportando la struttura dell’allegato, relativo alle “Norme tecniche di
prevenzione incendi”, segnalando che è leggermente variata rispetto a quella
presentata nell’aprile del 2014 (ad esempio per il momento nelle regole
tecniche verticali sono scomparsi alcuni capitoli relativi a: edifici di civile
abitazione, edilizia scolastica, attività ricettive turistico-alberghiere, strutture
sanitarie, edifici adibiti ad uffici, attività commerciali, ...).
Questa
è dunque la struttura definitiva.
Sezione
G - Generalità (contiene i principi fondamentali per la progettazione della
sicurezza antincendio, applicabili indistintamente alle diverse attività):
-
G.1
Termini, definizioni e simboli grafici;
-
G.2
Progettazione per la sicurezza antincendio;
-
G.3
Determinazione dei profili di rischio delle attività.
Sezione
S - Strategia antincendio (contiene le misure antincendio di prevenzione,
protezione e gestionali applicabili alle diverse attività, per comporre la
strategia antincendio al fine di ridurre il rischio di incendio):
-
S.1
Reazione al fuoco
-
S.2
Resistenza al fuoco
-
S.3
Compartimentazione
-
S.4
Esodo
-
S.5
Gestione della sicurezza antincendio
-
S.6
Controllo dell’incendio
-
S.7
Rivelazione ed allarme
-
S.8
Controllo di fumi e calore
-
S.9
Operatività antincendio
Sezione
V - Regole tecniche verticali (contiene le regole tecniche di prevenzione
incendi, applicabili a specifiche attività o ad ambiti di esse, che saranno
implementate nel tempo):
-
V.1
Aree a rischio specifico;
-
V.2
Aree a rischio per atmosfere esplosive;
-
V.3
Vani degli ascensori.
Sezione
M - Metodi (descrizione delle metodologie progettuali):
-
M.1
Metodologia per l’ingegneria della sicurezza antincendio;
-
M.2
Scenari di incendio per la progettazione prestazionale;
-
M.3
Salvaguardia della vita con la progettazione prestazionale.
Il
Decreto del Ministero dell’Interno 3 agosto 2015 “Approvazione di norme
tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del Decreto
Legislativo 8 marzo 2006, n. 139”
è scaricabile al link:
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