domenica 9 agosto 2015

9 agosto - Puglia terra di schiavitù e morte per i migranti - organizzare lotta e rivolta



(Da Il Manifesto) - Dopo Moha­med e Paola, mar­tedì un tuni­sino ancora senza nome. Il brac­ciante di 52 anni e padre di quat­tro figli, è dece­duto in un’azienda agri­cola di Poli­gnano a Mare. Secondo le testi­mo­nianze di alcuni com­pa­gni di lavoro si sarebbe acca­sciato davanti alle mac­chi­nette auto­ma­ti­che men­tre era intento a pren­dere il caffè, dopo aver rac­colto l’uva per 8 ore. Sin da subito si è pro­vato a ria­ni­marlo, ma nono­stante sul posto siano inter­ve­nuti il per­so­nale del 118, dello Spe­sal e i cara­bi­nieri, non c’è stato nulla da fare. L’uomo risie­deva a Fasano, in pro­vin­cia di Brindisi.
...l’assessore regionale al Lavoro Leo: "...Abbiamo una con­ven­zione del 2013 per la lotta al lavoro nero e occorre capire come e quanto sia stata appli­cata, visto pochis­sime aziende sem­brano aver ade­rito alle liste di pre­no­ta­zione, uti­liz­zando pochis­simo dei fondi a disposizione»...
La condizione dei braccianti ogni anno d’estate ritorna sulle prime pagine dei gior­nali sol­tanto in pre­senza della morte dei brac­cianti. Poi, tutto torna nel dimen­ti­ca­toio, come se nulla fosse suc­cesso.
...Sono circa 400.000 i lavo­ra­tori che tro­vano un impiego tra­mite i capo­rali, di cui 100.000 pre­sen­tano forme di grave assog­get­ta­mento dovute a con­di­zioni abi­ta­tive e ambien­tali con­si­de­rate paraschiavistiche.
Ottanta gli epi­cen­tri dello sfrut­ta­mento: in 55 di que­sti sono state riscon­trate con­di­zioni di lavoro inde­cente o gra­ve­mente sfrut­tato. Più del 60% dei lavo­ra­tori e delle lavo­ra­trici sotto capo­rale non ha accesso ai ser­vizi igie­nici e all’acqua cor­rente. Più del 70% pre­senta malat­tie non riscon­trate prima dell’inserimento nel ciclo del lavoro agri­colo sta­gio­nale. I lavo­ra­tori impie­gati dai capo­rali per­ce­pi­scono un sala­rio gior­na­liero infe­riore del 50% rispetto a quello pre­vi­sto dai con­tratti nazio­nali e pro­vin­ciali di lavoro, cioè circa 25/30 euro per una gior­nata di lavoro che dura fino a 12–14 ore con­ti­nua­tive.
A que­sto, poi, biso­gna aggiun­gere le “tasse” da cor­ri­spon­dere ai capo­rali dovute al tra­sporto (5–10 euro), all’acquisto di acqua (1,5 euro a bot­ti­glia) di cibo (3,5 euro per un panino) e com­mis­sioni varie dovute all’impossibilità di acce­dere a beni di prima neces­sità come i medi­ci­nali o come la rica­rica elet­trica del tele­fono cel­lu­lare (circa 3 euro a ricarica). In molti casi, i lavo­ra­tori sono costretti anche a pagare l’affitto (circa 200 euro mese a testa) degli alloggi fati­scenti nei tan­tis­simi ghetti lon­tani dai cen­tri urbani e da occhi indi­screti. Tri­ste­mente famosi in Puglia quelli in pro­vin­cia di Fog­gia: il cosid­detto «Gran Ghetto di Rignano», il «Ghetto Ghana House» a dieci chi­lo­me­tri da Ceri­gnola; il «Ghetto dei bul­gari», nei pressi di Borgo Mez­za­none, l’insediamento presso la pista dell’ex aero­porto mili­tare atti­guo al Cara (Cen­tro di Acco­glienza per Richie­denti Asilo) di Borgo Mezzanone. La quan­tità di denaro che gira intorno al capo­ra­lato nel solo periodo della rac­colta del pomo­doro (giugno-luglio) in Puglia va dai 21 ai 30 milioni di euro.
A fronte di que­sta cifra i brac­cianti in 2 mesi di lavoro forse arri­vano a gua­da­gnare circa 400–500 euro: tutto il resto va nelle tasche del sistema del caporalato.
Che isti­tu­zioni e cit­ta­dini cono­scono fin troppo bene".

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