(Da Il
Manifesto) - Dopo Mohamed
e Paola, martedì un tunisino ancora senza nome. Il bracciante di 52
anni e padre di quattro figli, è deceduto in un’azienda agricola
di Polignano a Mare. Secondo le testimonianze di alcuni compagni di
lavoro si sarebbe accasciato davanti alle macchinette automatiche mentre
era intento a prendere il caffè, dopo aver raccolto l’uva per
8 ore. Sin da subito si è provato a rianimarlo, ma nonostante
sul posto siano intervenuti il personale del 118, dello Spesal e i
carabinieri, non c’è stato nulla da fare. L’uomo risiedeva a Fasano, in
provincia di Brindisi.
...l’assessore regionale al Lavoro Leo: "...Abbiamo una convenzione del 2013 per la lotta al lavoro nero e occorre capire come e quanto sia stata applicata, visto pochissime aziende sembrano aver aderito alle liste di prenotazione, utilizzando pochissimo dei fondi a disposizione»...
La condizione dei braccianti ogni anno d’estate ritorna sulle prime pagine dei giornali soltanto in presenza della morte dei braccianti. Poi, tutto torna nel dimenticatoio, come se nulla fosse successo.
...Sono circa 400.000 i lavoratori che trovano un impiego tramite i caporali, di cui 100.000 presentano forme di grave assoggettamento dovute a condizioni abitative e ambientali considerate paraschiavistiche.
Ottanta gli epicentri dello sfruttamento: in 55 di questi sono state riscontrate condizioni di lavoro indecente o gravemente sfruttato. Più del 60% dei lavoratori e delle lavoratrici sotto caporale non ha accesso ai servizi igienici e all’acqua corrente. Più del 70% presenta malattie non riscontrate prima dell’inserimento nel ciclo del lavoro agricolo stagionale. I lavoratori impiegati dai caporali percepiscono un salario giornaliero inferiore del 50% rispetto a quello previsto dai contratti nazionali e provinciali di lavoro, cioè circa 25/30 euro per una giornata di lavoro che dura fino a 12–14 ore continuative.
A questo, poi,
bisogna aggiungere le “tasse” da corrispondere ai caporali dovute al trasporto
(5–10 euro), all’acquisto di acqua (1,5 euro a bottiglia) di cibo (3,5
euro per un panino) e commissioni varie dovute all’impossibilità di accedere
a beni di prima necessità come i medicinali o come la ricarica
elettrica del telefono cellulare (circa 3 euro a ricarica). In
molti casi, i lavoratori sono costretti anche a pagare l’affitto
(circa 200 euro mese a testa) degli alloggi fatiscenti nei tantissimi
ghetti lontani dai centri urbani e da occhi indiscreti. Tristemente
famosi in Puglia quelli in provincia di Foggia: il cosiddetto «Gran Ghetto
di Rignano», il «Ghetto Ghana House» a dieci chilometri da Cerignola;
il «Ghetto dei bulgari», nei pressi di Borgo Mezzanone, l’insediamento
presso la pista dell’ex aeroporto militare attiguo al Cara (Centro di Accoglienza
per Richiedenti Asilo) di Borgo Mezzanone. La quantità di denaro che gira
intorno al caporalato nel solo periodo della raccolta del pomodoro
(giugno-luglio) in Puglia va dai 21 ai 30 milioni di euro....l’assessore regionale al Lavoro Leo: "...Abbiamo una convenzione del 2013 per la lotta al lavoro nero e occorre capire come e quanto sia stata applicata, visto pochissime aziende sembrano aver aderito alle liste di prenotazione, utilizzando pochissimo dei fondi a disposizione»...
La condizione dei braccianti ogni anno d’estate ritorna sulle prime pagine dei giornali soltanto in presenza della morte dei braccianti. Poi, tutto torna nel dimenticatoio, come se nulla fosse successo.
...Sono circa 400.000 i lavoratori che trovano un impiego tramite i caporali, di cui 100.000 presentano forme di grave assoggettamento dovute a condizioni abitative e ambientali considerate paraschiavistiche.
Ottanta gli epicentri dello sfruttamento: in 55 di questi sono state riscontrate condizioni di lavoro indecente o gravemente sfruttato. Più del 60% dei lavoratori e delle lavoratrici sotto caporale non ha accesso ai servizi igienici e all’acqua corrente. Più del 70% presenta malattie non riscontrate prima dell’inserimento nel ciclo del lavoro agricolo stagionale. I lavoratori impiegati dai caporali percepiscono un salario giornaliero inferiore del 50% rispetto a quello previsto dai contratti nazionali e provinciali di lavoro, cioè circa 25/30 euro per una giornata di lavoro che dura fino a 12–14 ore continuative.
A fronte di questa cifra i braccianti in 2 mesi di lavoro forse arrivano a guadagnare circa 400–500 euro: tutto il resto va nelle tasche del sistema del caporalato.
Che istituzioni e cittadini conoscono fin troppo bene".
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