Cesena: facchini protestano
per le condizioni lavoro e l’azienda rinuncia all’appalto. Cobas:
“Rappresaglia”
Sono impiegati all’Artoni di Pievesestina e ora
rischiano di perdere il lavoro. La questione approderà anche sul tavolo della
prefettura. Obiettivo dei sindacati: ottenere dal colosso logistico un accordo
per il ricollocamento
Prima gli scioperi e i presidi davanti
ai cancelli per chiedere turni di lavoro meno pesanti e più sicurezza per
gli operai. Poi l’annuncio che la cooperativa ha
rinunciato all’appalto, col rischio, per i 28 facchini impiegati
all’Artoni di Pievesestina di perdere il
lavoro. Approderà sul tavolo della prefettura di Cesena il 10
agosto la trattativa relativa alla situazione in Stemi Logistica,
azienda che dal 2014 gestisce il cantiere dell’Artoni Trasporti, “e
che – secondo Adl Cobas – da tempo si comporta in
modo irregolare nei confronti dei propri dipendenti”.
L’obiettivo del sindacato sarà quello di ottenere dal colosso
logistico un accordo che implichi il ricollocamento dei 28 operai di Pievesestina,
che ora si trovano in ferie forzate, ma che poi, dopo due mesi di cassa
integrazione a zero ore, rischiano il posto di lavoro. “I problemi all’Artoni risalgono
già al 2013, quando l’appalto per la gestione del magazzino di Cesena
era affidato all’Eurologis”, spiega Sandra Polini, delegata Adl
Cobas. “La cooperativa, infatti, applicava un contratto non regolare, che
non riconosceva, ad esempio, le tariffe orarie standard ai facchini,
la malattia o gli infortuni”.
Dopo una lunga trattativa
sindacale, tuttavia, un nuovo accordo era stato siglato con Eurologis
poi divenuta Futurlog, che prevedeva ad esempio, il rispetto dei livelli
di inquadramento specifici in base alle mansioni svolte, l’anzianità di
servizio nel cambio d’appalto, e la pausa retribuita nel turno della
notte. Quando, poi, l’appalto se lo aggiudicò la cooperativa Stemi,
succeduta a Futurlog, Adl Cobas e Artoni s’incontrarono
davanti al prefetto, concordando la riconferma degli operai già
impiegati in azienda senza che questi dovessero passare per un periodo di
prova. “Ma già all’epoca – continua Polini – c’erano le premesse per la
situazione che si è creata oggi. Fin dall’inizio, infatti, nel magazzino
dell’Artoni si è parlato di esuberi, e l’orario di lavoro
era stato ridotto, nonostante i ritmi produttivi alti. Quindi chiedemmo
il ricorso agli ammortizzatori sociali, che vennero attivati a
partire da luglio dell’anno scorso e per due mesi”. Finché l’azienda non ha
siglato un contratto con la Cdp di Forlì, che si occupa di
distribuzione pneumatici. “Lì sono iniziati i problemi, perché la
lavorazione dei copertoni mancava di sicurezza. Gli operai dovevano
sollevare e movimentare per ore quintali di pneumatici da 20 chili
l’uno, un compito massacrante, che metteva a rischio la loro salute.
Così ci rivolgemmo alla medicina del lavoro, che suggerì ad Artoni
tre soluzioni: aumentare l’organico per quella lavorazione, implementare
le pause per gli operai così che potessero riposare, o fare i turni.
L’azienda, però, scelse solo di comprare un nastro trasportatore, ignorando le
altre richieste”. A luglio di quest’anno, quindi, sono partiti gli scioperi
e i blocchi dei cancelli di Pievesestina, organizzati da Adl Cobas
e dai facchini dell’Artoni. “L’azienda ha deciso di rispondere, però, con
la rappresaglia – attacca Polini – prima ha spostato a Bologna
la lavorazione dei pneumatici, poi quando Cdp, il cliente, si è lamentato del
servizio e ha annullato il contratto con Artoni, Bologna non era
attrezzata come Cesena per quel particolare incarico, secondo la
cooperativa era venuto a mancare il ritorno economico necessario a
mandare avanti il magazzino, e Stemi, dalla mezzanotte del 5 agosto, ha
deciso di rinunciare all’appalto”. Lasciando a casa i 28 lavoratori. “Nel
frattempo Artoni, il committente che versa in una grave crisi economica
con enormi ritardi nei pagamenti (a 120 giorni dalla fatturazione) –
precisa il sindacato – ha prima formato e poi assunto direttamente 8
nuovi facchini che dal 6 agosto hanno iniziato a lavorare presso il cantiere,
in sostituzione dei 28 lavoratori occupati precedentemente presso il magazzino”.
Da qui, spiega Adl Cobas, la richiesta di un tavolo in prefettura a
Cesena. “Noi crediamo che Artoni, appoggiata da Stemi,
abbia adottato l’escamotage dell’interruzione dell’appalto per liberarsi dei
lavoratori ‘ribelli’ – sottolinea Polini – Stemi dice che si
adopererà per collocare i 28 facchini in altri appalti, però al momento
la cooperativa non ne ha, quindi finita la cassa integrazione subentrerà
il licenziamento”. L’obiettivo di Adl Cobas è fare sì che
quell’impegno, invece, se lo assuma Artoni. “L’azienda si è
comportata in modo irregolare, oltre che antisindacale, ma noi siamo
pronti a continuare con le proteste se al tavolo in prefettura
non si parlerà di salvaguardia occupazionale”.
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