Dal fisco al lavoro alla giustizia, ecco le leggi di Renzi a misura di
Confindustria
Confindustria
chiede, l'esecutivo esegue: dal fisco alla riforma della Pubblica
amministrazione, passando per il Jobs act, le norme che accontentano gli
imprenditori. I prossimi traguardi riguardano la sanità privata: ossia
costringere i cittadini a sottoscrivere assicurazioni per avere ciò che lo
Stato non passerà più
Si potrebbe
rispolverare il noto slogan di Silvio Berlusconi: “Fatto”. Oppure
ricorrere alle parole di Lucio Dalla: “Sarà tre volte Natale e festa
tutto il giorno”. Per la Confindustria il governo Renzi è una festa: mai
come oggi gli imprenditori vedono esauditi i loro desideri. Alcuni di vecchia
data, come la depenalizzazione dell’abuso di diritto; altri legati a emergenze
quotidiane, come il decreto “salva Ilva”, detto anche “scavalca procure”;
altri da completare, come la futura privatizzazione della sanità. Definirli
regali, però, non è giusto: tutto ciò che Confindustria ha ottenuto se lo è
guadagnato sul campo, con un duro lavoro di lobby. Gli obiettivi e i risultati
di questa attività sono stati messi nero su bianco in un documento prodotto un
anno fa e passato sotto silenzio, forse per via del titolo asettico: “Relazione
sull’attività confederale’’. I contenuti però sono interessanti: in 189 pagine
si dà conto dell’incessante attività di lobby portata avanti nei
confronti di tre diversi governi – Monti, Letta e Renzi – con
puntuale elenco dei successi ottenuti e di quelli da conquistare. Dal fisco al
lavoro, dalla riforma della Pubblica amministrazione alla giustizia,
dall’ambiente alle riforme istituzionali (con largo anticipo rispetto alla
bozza Boschi, già un anno fa Confindustria bocciava il “bicameralismo perfetto”
e chiedeva un “Senato espressione delle autonomie territoriali”), dal sistema
aeroportuale agli appalti, alla sicurezza sul lavoro, la sanità, il trasporto
pubblico locale, l’università. Per ogni argomento Confindustria ha una
richiesta, e quasi sempre l’obiettivo è raggiunto. Per esempio, nel documento
si rivendica esplicitamente il successo ottenuto nell’affossare la Web Tax, introdotta dal governo
Letta, contestata da Confindustria e poi abrogata dal governo Renzi con uno dei suoi primissimi atti.
O nel
modificare la criticata legge Fornero grazie al decreto
firmato dal ministro Giuliano Poletti: “In materia di politiche del lavoro, il decreto
Poletti rappresenta un risultato importante dell’azione di Confindustria per
correggere gli aspetti negativi della legge Fornero, in particolare per le
restrizioni introdotte sull’utilizzo dei contratti a termine”. Argomento
per argomento, pagina dopo pagina, Viale dell’Astronomia sottolinea il
proprio apporto diretto alla legislazione, ottenuto operando in stretto
collegamento con i diversi dicasteri, ma anche con l’Agenzia delle Entrate
e con le varie Authority Privacy, Tlc, Anticorruzione, ecc. A proposito della molto discussa delega
fiscale, nel documento
si legge: “Confindustria ha seguito strettamente l’iter di approvazione del
nuovo provvedimento, mantenendo una comunicazione diretta con i soggetti
deputati alla stesura del testo di delega” e fornendo “le proprie osservazioni
sugli aspetti più delicati per le imprese”. Un testo scritto quasi sotto
dettatura, insomma, come si evince confrontando le richieste del documento
confindustriale di un anno fa con i contenuti della riforma appena varata dal
governo: “Regolamentazione del principio di abuso del diritto,
revisione del sistema sanzionatorio amministrativo e penale in materia fiscale,
razionalizzazione della disciplina del raddoppio dei termini di accertamento”.
Quando la legge arriva in porto, è infatti debitamente festeggiata
dall’associazione degli industriali: “Finalmente l’Italia si dota di una norma
che garantisce la libertà delle imprese di scegliere tra diversi schemi messi a
disposizione dalla legge e chiarisce che all’abuso non può essere attribuita
rilevanza penale”. Detto, fatto. Stesso discorso per la riforma della Pubblica
amministrazione, approvata ai primi di agosto. Altro tasto battuto dagli industriali,
in particolare per quanto riguarda “il silenzio-assenso che riduce le
incertezze’’, e altro tappo di champagne che salta: “Confindustria esprime
soddisfazione per l’approvazione del Ddl di riforma della Pubblica
amministrazione. Si tratta di obiettivi che il sistema imprenditoriale indica
da tempo come prioritari e che il Ddl persegue in modo efficace”. E che
dire dei vari decreti Ilva? Squinzi tuona contro il blocco degli
impianti e il governo provvede a sbloccarli. E ancora: la legge sul rientro dei
capitali è troppo severa? No problem: la si può ammorbidire fino a renderla
praticamente gratuita, e addirittura rinviarne la conclusione da settembre a
fine anno, o forse anche più in là, finché non risulti davvero conveniente
aderirvi. Fin qui i successi ottenuti. I prossimi traguardi? Anche quelli
elencati nel documento del 2014, a partire dalla sostanziale privatizzazione
della sanità. Ed ecco l’ultima richiesta di Squinzi: “Organizzare un
secondo pilastro privato e integrativo”, per “bilanciare la composizione della
spesa e rendere più efficiente il sistema sanitario nel suo complesso”.
Tradotto: costringere i cittadini a sottoscrivere assicurazioni sanitarie per
avere a pagamento dai privati quel che il pubblico non passerà più. Anche in
questo caso, trovando sponda nell’esecutivo, che ha appena annunciato il taglio
delle prestazioni del servizio sanitario nazionale. E quindi, perché
stupirsi se a maggio, nella sua ultima relazione da presidente, Giorgio
Squinzi ha onestamente riconosciuto: “Oggi non ho richieste, né intendo
lamentarmi con il governo di alcunché”. Un simile ringraziamento non si era mai
sentito, nemmeno ai tempi di Berlusconi. Ma del resto, nemmeno B. aveva mai
fatto tanto per la Confindustria.
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