martedì 18 agosto 2015

16 agosto - schiavismo, turni massacranti e temperature insopportabili in serre di nylon lunghe 200 metri dalla Puglia a Torino



massimo massenzio
«All’inizio ci pagavano 3,5 euro all’ora, adesso siamo arrivati a 4 euro e 50 centesimi. Qui però le spese non sono alte e riuscivamo a farci bastare quello che ci davano. Ma adesso in quei campi non ci torno più». Il suo italiano è incerto, ma si fa capire Dragos Vacareanu, 40 anni. È il cognato di Ioan Puscasu, il bracciante romeno stroncato da un malore mentre piantava fagiolini sotto una serra alle porte di Carmagnola. A Botosani, la loro città, non c’era lavoro e qui speravano di costruirsi una vita migliore. Le cose non sono andate come si aspettavano.
La terra degli sfruttati
La morte di Ioan alza un velo sulla diffusione del lavoro nero nelle campagne della provincia torinese. Non solo in Puglia si muore di caldo e fatica. A centinaia, contadini improvvisati, si fanno sfruttare nei campi a due passi da Torino per una paga da fame. Senza contratto e senza tutele. Turni di lavoro massacranti, temperature insopportabili sotto tubi di nylon lunghi anche 200 metri.
Dragos si è ritrovato a spaccarsi la schiena per pochi euro all’ora, lavorando dalle 7 a mezzogiorno e poi dalle 17 fino al tramonto. Come Ioan, non ha mai preso la patente ed è arrivato a Torino dopo un viaggio in pullman di 36 ore. Scaricato all’imbocco dell’autostrada Torino-Milano, ha raggiunto il cognato a Carmagnola: «Qui aveva lavorato sua sorella, ci aveva detto che c’erano possibilità. In Romania l’unica alternativa era continuare a guardare mucche e cavalli e fare la fame. Io ho una moglie e un figlio di 13 anni». Ogni anno, a novembre, Ioan e suo cognato tornavano in patria: «In inverno non c’era lavoro per noi, tanto valeva stare con le nostre famiglie. Poi si ricominciava a febbraio con le prime semine. Quest’anno il lavoro era diminuito e Ioan per un periodo non aveva guadagnato nemmeno un centesimo. Preferiva lasciare i turni a me, perché io ho una famiglia».
Il ritorno a casa
Domani mattina Dragos, assieme alla sorella di Ioan, tornerà in Romania, forse per sempre: «Dopo la morte di Ioan non potrei più lavorare per quelle persone, ma mi piacerebbe restare in Italia. Sono disposto a continuare a lavorare come bracciante, ma questa volta voglio un contratto regolare».

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