massimo
massenzio
«All’inizio
ci pagavano 3,5 euro all’ora, adesso siamo arrivati a 4 euro e 50 centesimi.
Qui però le spese non sono alte e riuscivamo a farci bastare quello che ci
davano. Ma adesso in quei campi non ci torno più». Il suo italiano è incerto,
ma si fa capire Dragos Vacareanu, 40 anni. È il cognato di Ioan Puscasu, il
bracciante romeno stroncato da un malore mentre piantava fagiolini sotto una
serra alle porte di Carmagnola. A Botosani, la loro città, non c’era lavoro e qui speravano di costruirsi una vita migliore. Le
cose non sono andate come si aspettavano.
La terra
degli sfruttati
La morte di
Ioan alza un velo sulla diffusione del lavoro nero nelle campagne della
provincia torinese. Non solo in
Puglia si muore di caldo e fatica. A centinaia, contadini improvvisati, si
fanno sfruttare nei campi a due passi da Torino per una paga da fame. Senza
contratto e senza tutele. Turni di lavoro massacranti, temperature
insopportabili sotto tubi di nylon lunghi anche 200 metri.
Dragos si è
ritrovato a spaccarsi la schiena per pochi euro all’ora, lavorando dalle 7 a
mezzogiorno e poi dalle 17 fino al tramonto. Come Ioan, non ha mai preso la
patente ed è arrivato a Torino dopo un viaggio in pullman di 36 ore. Scaricato
all’imbocco dell’autostrada Torino-Milano, ha raggiunto il cognato a
Carmagnola: «Qui aveva lavorato sua sorella, ci aveva detto che c’erano
possibilità. In Romania l’unica alternativa era continuare a guardare mucche e
cavalli e fare la fame. Io ho una moglie e un figlio di 13 anni». Ogni anno, a
novembre, Ioan e suo cognato tornavano in patria: «In inverno non c’era lavoro
per noi, tanto valeva stare con le nostre famiglie. Poi si ricominciava a
febbraio con le prime semine. Quest’anno il lavoro era diminuito e Ioan per un
periodo non aveva guadagnato nemmeno un centesimo. Preferiva lasciare i turni a
me, perché io ho una famiglia».
Il ritorno a
casa
Domani
mattina Dragos, assieme alla sorella di Ioan, tornerà in Romania, forse per
sempre: «Dopo la morte di Ioan non potrei più lavorare per quelle persone, ma
mi piacerebbe restare in Italia. Sono disposto a continuare a lavorare come
bracciante, ma questa volta voglio un contratto regolare».
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