Coordinamento
dei lavoratori livornesi
Quello che non doveva più succedere è accaduto
nuovamente.
Il “Coordinamento lavoratori e lavoratrici livornesi” esprime
tutta la sua vicinanza e solidarietà ai familiari della vittima e a tutti i
lavoratori coinvolti nell’incidente avvenuto all’interno del Cantiere Benetti
Azimut di Livorno. Ricordiamo anche Dasonor, albanese, anch’esso tragicamente
deceduto per un incidente sul lavoro nel 2010 nello stesso luogo di lavoro, e
Priscillano, filippino, schiacciato in porto a Livorno solamente nel marzo di
quest’anno. Ma non solo: in questi mesi abbiamo assistito ad uno stillicidio
di braccianti morti, italiani e migranti, nei campi del meridione
vittime della barbarie del caporalato e di un supersfruttamento al limite della
schiavitù, nel silenzio di molti. Di nuovo l’attenzione sulla sicurezza nei
posti di lavoro è tornata tragicamente al centro del dibattito nella nostra
città, ma non possiamo non sottolineare come spesso sia stato affrontato in
modo inadeguato e strumentale, al limite della ritualità. Riteniamo infatti che
non si possa ridurre la questione ad una semplice carenza di “cultura della
sicurezza”, un approccio che sottilmente tende a scaricare anche sui
lavoratori/trici le responsabilità di eventuali incidenti, o a spiegare tutto
ricorrendo alla categoria dell’errore umano. L’ammalarsi e morire durante il
lavoro non può essere mai fatto ricadere sulle vittime o su di un eventuale
“capro espiatorio”. Se un errore umano può mettere a rischio la vita di
decine di lavoratori vuol dire che il “sistema sicurezza” di quella
azienda non ha funzionato o si è dimostrato colpevolmente carente o,
peggio, non è stato fatto rispettare.
E questo porta sempre a delle
precise responsabilità: i vertici aziendali e padronali ed eventuali complicità
istituzionali. E’ bene inoltre sottolineare come la sequenza di incidenti nei
luoghi di lavoro non sia un caso. Da molti anni i governi hanno cambiato in
peggio le leggi sulla sicurezza del lavoro in tutti i settori, in un momento in
cui, al contrario, sotto il ricatto della crisi per cui per lavorare si è
disposti a concedere in sicurezza e salute, si dovrebbe rafforzare l’attenzione
verso il diritto alla salute e all’ambiente nei luoghi di lavoro. Invece ci
troviamo di fronte a politiche che, in nome della produttività a tutti i costi,
accentuano la precarietà, permettono subappalti incontrollati, riducono il
potere di controllo e di opposizione da parte dei lavoratori/trici sottoposti
ad intimidazioni e pressioni (oggi anche grazie alla libertà di licenziamento
data dal Jobs Act!), tagliano in nome dell’austerità proprio i bilanci dei
servizi pubblici predisposti al controllo e alla prevenzione, lasciando così
mano libera ai padroni che nella sicurezza vedono solo un costo. Noi sosteniamo
invece che sulla salute e la sicurezza nei posti di lavoro non deve esserci
alcun compromesse: la vita e la salute dei lavoratori e delle lavoratrici come
quelle dei cittadini devono venire prima di tutto. Anche per questo deve essere
contrastata la guerra tra poveri che in molti casi i padroni fomentano negli
stessi luoghi di lavoro tra lavoratori “stabili” e quelli esterni, spesso
obbligati quest’ultimi a ritmi e condizioni di lavoro ancor più inaccettabili.
Bisogna quindi ricreare tra tutti i lavoratori/trici, soprattutto tra quelli
più “garantiti”, quella solidarietà volta a vincolare a tutti/e le stesse
condizioni di lavoro e gli stessi diritti all’interno di uno stesso
stabilimento, a prescindere dal tipo di contratto, dall’azienda di
appartenenza, dalla nazionalità o provenienza territoriale. I responsabili di
qualsiasi crimine riguardante la sicurezza e la salute nei luoghi di
lavoro devono quindi essere pesantemente puniti e deve essere garantiti
maggiori poteri e finanziamenti alle RLS in tutti i luoghi di lavoro, anche a
scapito degli inutili carrozzoni clientelari degli Enti bilaterali tra imprese
e sindacati. Tutto questo in una ottica di abolizione della precarietà,
principale causa di infortuni, di lotta al degrado delle condizioni di lavoro e
di una politica capace di garantire a tutti/e un lavoro e un salario/reddito
dignitoso.
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