Bologna. SEL sposa il
controllo a distanza dei lavoratori
Lunedì, 24
Agosto 2015 16:35
Redazione
Bologna
«Un servizio che ci fa comodo», l’assessore bolognese
approva la clausola di controllo da remoto in un appalto già non proprio
splendente. «Un servizio che ci fa comodo». Così l’assessore SEL ai Lavori
Pubblici nella malmessa giunta bolognese di Merola, Riccardo Malagoli,
commenta la clausola di controllo a distanza tramite I-pad per i
lavoratori del nuovo appalto «global edifici». Dopo qualche mese di
imbarazzante opposizione al Jobs Act, SEL volta la carta e non solo si
allinea all’orrido articolo che consente il controllo perenne dei
lavoratori sul luogo di lavoro tramite videocamere e altre apparecchiature
elettroniche, approvato lʼ11 giugno scorso, ma addirittura corre a
metterlo in pratica. «Vogliamo pagare solo i lavori
effettivamente fatti e il Comune oggi non ha abbastanza personale da
inviare gni volta sul posto per verificare. Per questo un sistema
“da remoto”, con interventi geolocalizzati grazie ai mezzi oggi a
disposizione, ci fa molto comodo ed è tra le offerte migliorative che
hanno portato all’assegnazione del bando». Questo è
l’argomento dell’assessore nel giustificare una misura che ha ancora una
volta il primario obiettivo la restrizione dei diritti dei
lavoratori, oltre che la implicita denuncia che siano sempre i
«lavoratori fannulloni» il grave problema dell’economia italiana, e non
le operazioni speculative (e collusive) portate avanti dalle
grandi imprese appaltatrici. Il controllo ricade così sulla parte
più debole del processo produttivo, il lavoratore appunto, mentre
si deregolamentarizzano le gare d’appalto, e spesso e
volentieri ricorrendo alle «deroghe» per le grandi opere o per motivi
di urgenza che permettono in larga misura di evitare i bandi
pubblici.
La stessa assegnazione dell’appalto non è esente da ombre:
nel consorzio di imprese vincitore del bando da 157 milioni, guidato dal
Consorzio Cooperative Costruttori, rientrava anche la CPL Concordia, i cui
vertici furono arrestati a marzo con le gravi accuse di concorso esterno
in associazione mafiosa. L’esclusione della Concordia (e il suo
commissariamento) non ha fermato le perplessità della Procura che ha fatto
acquisire la documentazione relativa all’appalti, mentre il 4 agosto
Raffaele Cantone dell’Autorità Anticorruzione ha depositato un parere
in cui parla di operato «non conforme alla normativa di settore»
a causa della mancanza di adeguate motivazioni riguardo la
convenienza economica dell’appalto. Insomma, come da copione, gli appalti
vengono assegnati in una zona grigia tra legalità e illegalità in cui
si sposa il matrimonio fra politica e grandi imprese (nel caso
bolognese fra PD-SEL e cooperative) ma sotto torchio rimangono i
lavoratori. Già ci immaginiamo le reazioni a questa nuova aberrante misura
da parte dei sinceri democratici e della sinistra legalista che
si giustificheranno dietro la necessità del controllo della legalità
e degli sprechi, soprattutto quando ci sono di mezzo i soldi pubblici. Un
altro piccolo passo contro i diritti dei lavoratori, un altro grande
passo della «sinistra» istituzionale a destra.
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