(Da Sole24ore) - "C'è stato un drastico calo degli accordi che
hanno contrattato salario ed un parallelo vertiginoso aumento di quelli che si
sono incaricati di gestire le crisi. Questo vuol dire aver discusso temi come la riduzione
degli organici, la mobilità, i contratti di solidarietà, la cassa integrazione,
la terziarizzazione, la riconversione, la ristrutturazione. Nel 2009 la contrattazione del salario ricorreva nel 53%
degli accordi ed è scesa progressivamente per arrivare ad un 13% nel 2014,
mentre negli stessi anni la contrattazione delle crisi è passata dal 20 al
68%".
«La
contrattazione è linfa vitale per la democrazia del nostro paese – dice Gigi
Petteni segretario confederale Cisl – e come lo sviluppo delle relazioni
industriali è una delle strade migliori per rilanciare la competitività delle imprese
e promuovere l’occupazione».
In questi dati - valutati di fatto positivamente dalle dichiarazioni della
Cisl - c'è tutto l'attacco al salario e alla condizione, diritti dei lavoratori
già avvenuto in questi anni: il salario è fortemente diminuito; le
contrattazioni e gli accordi sindacali sono praticamente da temere per i
lavoratori perchè le uniche cose che contrattano sono per le aziende, mentre i
lavoratori "ottengono" tagli ai posti di lavoro e ai salari,
peggioramento delle condizioni di lavoro.
In autunno il governo Renzi, dopo aver dato tanto ai padroni con il Jobs
act, andrà avanti su questa strada. Eliminando di fatto la contrattazione
nazionale e stabilendo definitivamente come unico tavolo di contrattazione
quello aziendale, dove ancora di più si parlerà di produttività, di crisi
aziendale, di flessibilità, di piegare i diritti alle esigenze dei padroni, e
quando si parlerà di aumenti salariali sarà solo lì dove e se questi potranno
essere legati a premi di
risultato, per i quali, tra l'altro, sono state fortemente utilizzate le
agevolazioni derivanti dalla decontribuzione e dalla detassazione.
D'altra
parte il messaggio che arriva dalle aziende è chiaro: non c’è ricchezza da
dividere. Quindi anche la contrattazione aziendale si fa per affrontare
difficoltà (dei padroni) o "per cogliere opportunità".
Il contratto
collettivo nazionale stabilirà al massimo minimi salariali uguali per tutti,
mentre gli aumenti saranno solo legati ai risultati dell'azienda (che dirà
sempre che non ci sono...).
"Secondo
Ichino «si dovrebbe arrivare a un sistema in cui il contratto aziendale può
sostituire completamente il contratto nazionale, come in Germania». Si
tratteranno così in fabbrica non solo i salari ma anche orari di lavoro e
livelli di inquadramento"
Certo non
può il governo stesso non vedere che così si apre la strada alle vecchie gabbie
salariali con divisione tra lavoratori di un'azienda e lavoratori di un'altra,
o tra zone economicamente più deboli che hanno contratti più poveri e zone più
forti. Ma questo non provoca nessuna perplessità: «Del resto - sostiene Ichino - avere
una busta paga da 800 euro a Reggio Calabria significa vivere abbastanza bene
mentre con quei soldi a Milano si fa la fame."
E' chiaro
però che per attuare la riforma reazionaria della contrattazione che taglia
conquiste storiche dei lavoratori, bisogna mettere mano subito al diritto di
sciopero.
E' questo è
il secondo impegno del governo Renzi per l'autunno.
"sarà
quasi inevitabile, per comune ammissione delle diverse anime della maggioranza
di governo, mettere una soglia di sbarramento per il diritto di sciopero:
"E' immaginabile - dice Damiano - che si possa stabilire una soglia di
approvazione tra il 30 e il 40 per cento dei lavoratori coinvolti". Un
referendum per decidere se scioperare o no".
Un'azione
antisciopero che ora si dice dovrà valere per servizi e pubblico impiego, ma
che inevitabilmente si estenderà subito nelle fabbriche e posti di lavoro
privati, perchè è soprattutto qui che c'è da difendere il profitto dei capitalisti.
Ma per far
passare l'attacco alla contrattazione e al diritto di sciopero, inevitabilmente
ci vogliono solo quei sindacati che stanno nelle regole decise da padroni e
governo.
Da qui, la
terza riforma che il governo farà: la legge della rappresentanza.
"Il
nodo principale da sciogliere è quello della rappresentanza: chi e quando ha il
diritto di trattare con le controparti e firmare accordi che poi riguardano
tutti i dipendenti, che siano o no iscritti ai sindacati? Sull'argomento le
proposte del presidente della Commissione lavoro della Camera, Cesare Damiano e
quella del senatore Pietro Ichino, prevedono sostanzialmente una soglia di
sbarramento del 5 per cento di rappresentanza per potersi sedere al tavolo
delle trattative.
Come si misura? Soprattutto in base ai risultati delle elezioni dei delegati perché molto più difficile è conoscere dalle aziende, attraverso l'Inps, il numero di dipendenti che sono iscritti a questo o quel sindacato. Soglia di sbarramento anche per poter firmare un accordo: dovrà essere approvato dal 50 per cento più uno dei lavoratori o dei delegati sindacali".
Come si misura? Soprattutto in base ai risultati delle elezioni dei delegati perché molto più difficile è conoscere dalle aziende, attraverso l'Inps, il numero di dipendenti che sono iscritti a questo o quel sindacato. Soglia di sbarramento anche per poter firmare un accordo: dovrà essere approvato dal 50 per cento più uno dei lavoratori o dei delegati sindacali".
Su questo
nella maggioranza qualcuno propone anche di "tagliare la testa al
toro" e di realizzare la contrattazione con un solo sindacato, in
rappresentanza degli altri, così ci saranno meno rogne; unica perplessità è che
se conta il numero degli iscritti c'è la possibilità che questo sindacato unico
sia la Cgil, e questo non va certo bene nè ai padroni, nè al governo, nè
soprattutto a Cisl e Uil.
Sulla legge
sulla rappresentanza che vuole fare il governo si è alzata sì qualche voce,
disturbata dai metodi del dittatorello Renzi, da parte dei sindacati
confederali. Ma la dichiarazione fatta dalla Camusso è la più logica
risposta: "Abbiamo già stabilito nel patto con la Confindustria le
nuove regole sulla rappresentanza", quindi il governo deve ricalcare quel
patto.
EFFETTIVAMENTE
QUESTA VOLTA CAMUSSO HA RAGIONE, QUELLE REGOLE SONO GIA' AMPIAMENTE FASCISTE,
CHE BISOGNO C'E' DI FARNE ALTRE?!
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