SUI CONTRATTI - IL VOLANTINO DIFFUSO ALLA FCA-SATA DI
MELFI - Costruire insieme in fabbrica la lotta e una rete sindacale di classe
tra le fabbriche
Contratto
metalmeccanici – una battaglia sindacale e politica
I padroni,
forti del governo Renzi, il governo più padronale del dopoguerra, si sentono
sufficientemente forti per un'ulteriore offensiva antioperaia, antisindacale.
Per questo i
toni del presidente della Confindustria, Squinzi, negli ultimi tempi sono
sempre più simili a quelli di Marchionne.
In materia
di rinnovi dei contratti si vuole dare un colpo finale al contratto nazionale.
Da un lato dietro l'affermazione di rito “il contratto collettivo nazionale di
lavoro mantiene la sua centralità e la sua funzione”, si procede invece con una
sua sostanziale cancellazione, rimandando le materie della trattativa su
salario, condizioni di lavoro, mansioni alla cosiddetta “contrattazione
aziendale” che è stata da sempre la fregatura per imporre, azienda per azienda
e poi in generale, taglio dei salari, più sfruttamento, con allungamento orario
di lavoro, ecc. Sugli aumenti salariali si vuole sostanzialmente cancellare
ogni riferimento all'inflazione programmata e lasciare in campo solo il legame
tra salario e produttività, dove però la stessa produttività è ormai intesa
come mercato.
Ma questo
sarebbe ancora nell'ordine delle cose, queste richieste padronali non sono
nuove e sono una costante negli ultimi decenni, prima della crisi, durante la
crisi, con il sostegno di tutti i governi che si sono succeduti.
Il salto di
qualità della richieste della Confindustria è contenuto nella prima regola
delle linee guida che la Confindustria ha appena diffuso alle categorie
impegnate nella prossima tornata contrattuale: “Non si deve assolutamente
rinunciare ad applicare le novità del jobs act”.
Questo pone
la Confindustria tutta sulle linee contenute sostenute da Marchionne per il
gruppo Fiat, oggi Fca che era stato uno dei motivi dell'uscita della Fiat dalla
Confindustria. E' il punto che sancisce il legame ferreo tra padroni e governo
Renzi che si pone a diktat nel rinnovo dei contratti nazionali e inserisce i
nuovi contratti nella cornice dell'assetto neocorporativo di stampo moderno
fascista.
Mettere a
premessa dei contratti il jobs act, vuol dire mettere a premessa la libertà di
licenziamento, la flessibilità e precarietà selvaggia e l'azzeramento dei
diritti dei lavoratori nel loro complesso, sia pure sotto la veste “valido per
i nuovi assunti”.
Se non si
comprende questo è evidente che non si coglie il nodo politico che è al centro
del rinnovo contrattuale, che non è tanto le piattaforme, su cui si assiste al
solito gioco delle parti.
Gioco delle
parti, tanto per cominciare, che non esiste nella maggiorparte delle categorie
che rinnovano i contratti. I chimici, ad esempio, hanno presentato pressoché
sempre piattaforme unitarie e hanno firmato accordi spesso senza scioperi,
sempre non rispondenti alle esigenze dei lavoratori e peggiorativi nelle
normative sulle condizioni di lavoro, secondo una linea collaborazionista
neocorporativa che è storica di questi sindacati di categoria dal finire degli
anni '70 in poi.
Quindi
prendiamo in considerazione i metalmeccanici che sono il cuore, come sempre,
del rinnovo dei contratti nazionali. Qui il gioco delle parti vede Fim e Uilm
che hanno già presentato la loro piattaforma, i cui dettagli analizzeremo in
seguito, e la Fiom che ne presenta un'altra tutta di bandiera, ben sapendo che
non conterà nulla ai tavoli della trattativa reale e serve solo al gruppo
dirigente per animare il falso movimento che non ha portato alcun risultato
agli operai, almeno nelle ultime tre tornate contrattuali.
Ma il punto
vero su cui occorre battersi perchè ci sia comprensione tra gli operai, è che
le piattaforme non contano davvero nulla. Lo scontro sui contratti è uno
scontro sindacale nella forma, tutto politico nella sostanza. La classe operaia
e i lavoratori hanno necessità di contestare la gabbia neocorporativa padroni e
governo, trasformando la vicenda contrattuale in guerra di classe, il che
significa agire dentro le fabbriche e le assemblee operaie, fuori e contro
tutte le direzioni sindacali, imponendo rivendicazioni salariali, tutele del
lavoro e delle condizioni di lavoro sulla base di nuove forme di lotta che non
riconoscano nessuna legittimità alle normative vigenti e alla ritualità che
sono solo una camicia di forza per imporre la cancellazione del contratto
nazionale e non la sua ripresa, le norme della subordinazione assoluta agli
interessi dei padroni e la riduzione della classe operaia a senza diritti e in
regime di schiavismo.
Dal giornale
proletari comunisti pcro.red@gmail.com
lo trovi
integrale sul blog
5.11.15
Alcuni
operai Fiom dicono no alla piattaforma Fiom all'assemblea nazionale
Sono
critiche condivisibili, ma bisogna costruire insieme in fabbrica la lotta e
una rete sindacale di classe tra le fabbriche in grado di contestare nelle
assemblee conquistando il consenso dei lavoratori alla lotta autonoma e alle
rivendicazioni autonome dei lavoratori
info slai
cobas per il sindacato di classe taranto slaicobasta@gmail,com 347-5301704
NO alla
piattaforma FIOM
perchè: –
Acconsente alla richiesta dei padroni di prevedere nel CCNL il rinvio di intere
materie alla contrattazione territoriale, di filiera, aziendale. – Prevede la
attivazione, nelle relazioni con le aziende, di procedure di confronto che
includono il blocco preventivo degli scioperi, senza neppure chiarezza su chi e
con quali modalità abbia titolo a stabilirle. – Sui contratti atipici si chiede
solo la riduzione a 24 mesi per la stabilizzazione e una indennità alla fine
del rapporto di lavoro, pari a tre volte il TFR.– Le richieste salariali, 206
euro lordi in tre anni (pari a 68 lordi l’anno, cioè 45 netti) non superano
l’inflazione attuale; al Governo verrà richiesto, in concerto con i padroni, di
ridurre le tasse sugli aumenti salariali ma anche i relativi contributi a
carico delle aziende, con la diminuzione perciò delle entrate INPS che
incideranno sulle pensioni. – Si prevede il Referendum per l’approvazione degli
accordi, nazionali e aziendali, ma solo su richiesta di una OS o su raccolta
delle firme del 5 per cento dei lavoratori interessati (quota ben difficile da
raggiungere per i contratti nazionali). – Si prevede il rinnovo generalizzato
delle RSU, finalizzato però anche a definire rappresentatività e certificazione
degli iscritti, previsti dall’intesa del 28 Giugno per dare legittimità ad
accordi separati. – Si chiede alle Aziende un aumento del loro contributo per
la previdenza integrativa, che non spetterà ai lavoratori che non hanno
aderito.
Infine non
contiene: – Nessun elenco di materie NON RINVIABILI alla contrattazione
territoriale e aziendale. – Nessun limite alle QUOTE DI LAVORO ATIPICO. –
Nessun vincolo su FLESSIBILITA’ E STRAORDINARI. – Nessuna iniziativa seria
sulla sicurezza, solo il rinvio alla legge, ignorando che la sua applicazione
richiede precisi diritti di intervento delle RLS e adeguate sanzioni. – Nessun
riferimento al recupero salariale rispetto all’accordo separato del 2009.
Sono
soprattutto preoccupanti per: L’ASSENZA DI IMPEGNI ESPLICITI CONTRO
L’INSERIMENTO NEL CONTRATTO DEI CONTENUTI DELL’ACCORDO DEL 28 GIUGNO E, AL
CONTRARIO, L’ACCETTAZIONE DEI RINVII AI CONTRATTI AZIENDALI; L’ACCETTAZIONE
DELLA POSSIBILITA’ DI PORRE VINCOLI ALLO SCIOPERO E L’AMBIGUITA’ SU CHI LI
DECIDE, CHE RAPPRESENTA UN VERO CEDIMENTO AI PADRONI SUL DIRITTO DI SCIOPERO;
L’ACCETTAZIONE DELLA VALIDITA’ TRIENNALE DEL CCNL E DEI LIVELLI SALARIALI
PREVISTI DALL’ULTIMO CONTRATTO SEPARATO.
Per questo
motivi riteniamo questa piattaforma insoddisfacente negli obiettivi, del tutto
inadeguata rispetto alla offensiva padronale in corso e alla pratica ricorrente
degli accordi separati, e inaccettabile nella sua apertura al compromesso sui
diritti fondamentali dei lavoratori.
ALCUNI
OPERAI FIOM.
Nessun commento:
Posta un commento