…….che
bloccheranno la marcia moderno fascista del governo dei padroni contro il
diritto di sciopero
Lettera aperta a Deputati e Senatori della Repubblica
Italiana sul Diritto di Sciopero nei Servizi Pubblici Essenziali
Usb - Unione
Sindacale di Base
In queste ultime settimane stiamo assistendo ad una
vera e propria crociata lanciata dal Governo che ha come obiettivo un pesante
inasprimento della legge che già regolamenta e limita fortemente gli scioperi
nel settore dei servizi pubblici essenziali. Questa iniziativa è sostenuta e
accompagnata in questi ultimi giorni da un insopportabile linciaggio mediatico
che riguarda scioperi nei trasporti regolarmente indetti, assemblee di
lavoratori convocate sulla base dello Statuto dei Lavoratori, nonché il caos che
sta investendo l’Atac di Roma. Una costruzione mediatica fortemente ideologica
dentro la quale convivono in modo impressionante palesi falsità,
strumentalizzazioni e criminalizzazioni assemblate ad arte sulla pelle dei
lavoratori, utilizzati come pedine in scontri politici che nascondono diversi
obiettivi. Sappiamo che si sta lavorando ad una legge in questo senso, ma come
per le altre questioni riguardanti il lavoro si tratterà di una Legge Delega su
proposte già preconfezionate da esponenti assai vicini all’attuale Esecutivo,
sicuri che l’assise parlamentare non ostacolerà i lavori. Per questo motivo USB
ritiene utile e importante rivolgersi direttamente a Deputati e Senatori della
Repubblica per fornire alcuni spunti di riflessione sulla reale situazione e
sulle attuali leggi che regolamento il diritto di sciopero nel nostro Paese per
evitare l’eliminazione di fatto del diritto allo sciopero, diritto riconosciuto
dalla nostra Carta Costituzionale, al pari – e non subordinato – a quello della
fruizione dei servizi pubblici da parte dei cittadini.
Il primo elemento di riflessione che vorremmo offrire parte
dall’attuale legge che regolamenta il diritto di sciopero nei servizi pubblici
essenziali in Italia: la legge 146/90 modificata dalla legge 83/2000 integrata
dalle regolamentazioni vigenti in ogni specifico settore dei servizi pubblici. Essa
sancisce, con estrema precisione e rigore, procedure di raffreddamento sui
conflitti, rarefazioni oggettive e soggettive, durata minima e massima degli
scioperi, divieto di concomitanza degli scioperi in più settori, prestazioni
minime garantite durante le astensioni dal lavoro che in molti casi sfiorano il
60% dell'intera attività, prevedendo anche sanzioni amministrative elevate in
caso di violazione di dette norme. Di fatto l’Italia dispone già di una delle
regolamentazioni più restrittive in vigore in Europa, severamente e
pedissequamente controllata e spesso “liberamente” interpretata dalla
Commissione di Garanzia, il cui intervento produce quasi sempre il deleterio
effetto di distanziare di molti mesi le cause scatenanti il conflitto dal
conflitto stesso, prolungando di fatto le vertenze e svuotandolo di effetti, a
tutto ed esclusivo vantaggio delle parti datoriali. Vista anche la situazione
di generale decadimento in cui si trovano i servizi essenziali nel nostro
paese, la forte compressione e limitazione del conflitto ha in effetti
contribuito a provocare danni ai cittadini stessi, alle prese con servizi
sempre più costosi e qualitativamente peggiori. Cittadini che si sono
sobbarcati i costi di fallimenti e pesanti ristrutturazioni societarie, insieme
ai lavoratori che hanno visto tagliare l'occupazione e i salari mentre è
aumentata in modo esorbitante la precarietà in tutti i settori coinvolti.
Alla luce di quanto sopra, il secondo spunto di
riflessione riguarda l’oggetto del contendere, ovvero gli “scioperi
selvaggi” che avrebbero messo in ginocchio l'immagine del nostro paese. Nell’ultimo
episodio ANPAC/Alitalia siamo di fronte a uno sciopero regolarmente indetto
all’interno della stringente regolamentazione in vigore in Italia, già
ulteriormente appesantita da un intervento applicativo della Commissione di
Garanzia solo alcuni mesi fa. Inoltre, dati gli effetti della liberalizzazione
nel settore del Trasporto Aereo, quella che una volta era la Compagnia
monopolistica adesso non copre nemmeno il 35% del traffico aereo, quindi gli
effetti reali sulla mobilità di questo sciopero, scontati i voli previsti nelle
6 ore di fascia protetta (dalle 7.00 alle 10.00 e dalle 18.00 alle 21.00) e la
lista di ulteriori voli garantiti da Enac, sono stati di meno del 5% dei voli.
Questo sarebbe uno sciopero definito dal Presidente del Consiglio come
“selvaggio”.
Nel caso di Pompei, invece siamo di fronte a un'Assemblea di Lavoratori
convocata in base allo Statuto dei Lavoratori, regolarmente comunicata e
autorizzata dal Sovrintendente nei tempi previsti. Se si andasse alle cause si
scoprirebbero strutturali mancanze di personale, derivanti dal blocco del
turn-over e soprattutto dalla privatizzazione di servizi che precedentemente
erano svolti dal personale interno.
Per quanto riguarda invece i problemi legati all'Atac, essi toccano situazioni relative
alla sicurezza di esercizio e alla responsabilità legale di macchinisti e
autisti che operano all’interno di un’Azienda in preda al caos e che ogni
giorno si trovano ad operare in una situazione di estrema difficoltà. Anche qui
la ricetta che si propone è l'ulteriore privatizzazione del servizio, come se
le linee e le aziende private che già operano a Roma nel producessero servizi
ottimi e a basso costo per l'utenza! Senza voler scendere poi nell’evidente e
vergognoso utilizzo politico che si è fatto della vicenda Atac nell'ambito
delle questioni legate alla vita dell'amministrazione capitolina. Una vicenda
complessiva che difficilmente potrà mai essere oggetto o motivo di una legge:
al limite di indagini giudiziarie nel caso fossero evidenziati reati.
A chiusura di questa breve esposizione sui più recenti fatti, occorre
ricordare come l’attuale Ministro dei Trasporti Graziano Delrio, non meno di 20
giorni fa, abbia differito d’imperio una serie di scioperi nel trasporto aereo,
alcuni dei quali in “attesa” di essere effettuati da mesi, con la incredibile
motivazione dell'eccessiva sovrapposizione degli stessi, che altro non è che
l’effetto delle norme sulle rarefazioni oggettive volute e imposte dalla stessa
Commissione di Garanzia. In pratica si vietano e ritardano scioperi che poi si
sommano ad altre agitazioni e alla fine si afferma che si tratta di “scioperi
selvaggi”, senza spiegare che il motivo di tali accavallamenti è da ricercare
proprio negli interventi del governo e della Commissione di Garanzia. Questa è
purtroppo la situazione di un Paese che si descrive strumentalmente come
ostaggio di torme di lavoratori intenti solo a scioperare e danneggiarne
l'immagine.
USB esprime il timore che tutto ciò nasconda in modo
neanche tanto velato il tentativo di consegnare un “nemico” all'opinione
pubblica per lanciare l'affondo finale alla legislazione sociale e del lavoro
in Italia, a partire dallo Statuto dei Lavoratori, insieme all'unico reale
strumento in mano ai lavoratori per difenderla: lo sciopero. Ma questo attacco
cela anche la volontà di estendere e rilanciare il processo complessivo di
privatizzazione dei servizi pubblici, in modo da garantire nuovi margini di
guadagno ad imprese e finanza che non si preoccupano certo della qualità e
della quantità dei servizi offerti ai cittadini, ma esclusivamente di ricavare
profitti riducendo i costi, a cominciare da quello del lavoro, e comprimere
pericolosamente la qualità, la sicurezza e la fruibilità dei servizi.
Infine un'ultima considerazione. Lo sciopero è un diritto
individuale che si esercita collettivamente, ossia un diritto che può essere
esercitato per tutelare interessi collettivi. La titolarità del diritto di
sciopero non spetta quindi ai sindacati, maggioritari o meno che siano, bensì
ai lavoratori. Ciò che invece emerge da alcune proposte che saranno poste alla
Vostra attenzione in Parlamento è che si vorrebbe trasferire l'esercizio del
diritto di sciopero dal singolo lavoratore al sindacato: sarebbe come
trasferire il diritto di voto dal cittadino al partito. In un sistema nel quale
il ruolo del cittadino/elettore è sempre più emarginato, al pari di quello del
cittadino/lavoratore che poca voce ha in capitolo nei rapporti economici tra
aziende e sindacati, la indebita trasformazione costituzionale del diritto di
sciopero produrrebbe, e già in parte produce, un estremo squilibrio nei
rapporti sociali di questo paese. Tra l'altro si tratta di proposte che
assegnano un ruolo preminente al sindacato e che, in assenza di una legge sulla
rappresentanza sindacale e sulla democrazia sui posti di lavoro, prefigura un
mondo del lavoro senza pluralismo sindacale e dove tutto viene affidato al
monopolio di Cgil, Cisl e Uil.
Vi chiediamo quindi di riflettere con attenzione su questo tema delicato,
un diritto costituzionale che coinvolge in modo pregnante aspetti sociali,
politici, economici, giuridici e culturali, e conseguentemente a respingere la
logica che vorrebbe convincerVi invece che un lavoratore ridotto all'impotenza
possa rappresentare un bene per il futuro di questo paese.
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